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#Prequel, prima del professionismo: intervista ad Amedeo Carboni

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IOGIOCOPULITO.IT – Arezzo, Fiorentina, Bari, Empoli, Parma, Sampdoria, Roma, Valencia. Sono le maglie di club indossate da Amedeo Carboni, ex terzino entrato indelebilmente nel cuore dei tifosi della Roma e soprattutto del Valencia, per l’impegno e la dedizione profuso fino all’ultimo giorno della sua carriera. Diciotto presenze in Nazionale Maggiore in un periodo in cui la concorrenza per una maglia azzurra era agguerritissima, certificano l’indiscutibile valore di un calciatore che sapeva unire costanza e lealtà sul campo da gioco.

[…] “sono l’ultimo di quattro fratelli, tre maschi e una sorella. Ho avuto due fratelli maggiori che hanno giocato a calcio e in larga parte è merito loro se ho continuato su questa strada. Entrambi erano attaccanti. Sergio è del ’49 ed è arrivato fino alla convocazione nella Nazionale Dilettanti che all’epoca era abbastanza importante, mentre Guido, dopo aver militato in molte squadre toscane di Serie C ha avuto e sta avendo una carriera molto intensa su varie panchine italiane, nel ruolo di allenatore.”

[…] “Quando non andavo a scuola Sergio mi portava con sé a vedere gli allenamenti. Era ed è ancora uno degli sport più semplici da fare, bastava un pallone per giocare ovunque. Non dovevi comprare neanche scarpe adatte per il calcio… anche se poi le rompevamo tutte!”

[…]” siamo cresciuti senza avere pressioni da parte dei nostri genitori anche perché non conoscevano questo mondo. Ci hanno lasciati liberi di inseguire il nostro sogno senza dimenticare la priorità assoluta degli studi che per loro era fondamentale” […]

“fino alle scuole medie andavo piuttosto bene, poi quando gli allenamenti e gli impegni nel calcio assunsero una rilevanza maggiore cominciai ad avvertire le prime difficoltà negli studi”.

[…] “Lasciai Arezzo la prima volta per andare a giocare nella Primavera della Fiorentina dove trovai subito Arrigo Sacchi come allenatore. Con lui il rapporto è stato molto buono, mi ha portato anche in Nazionale. Poi mi accasai a Bari, in prestito perché ero sempre di proprietà dell’Arezzo […] ho sempre vissuto alla giornata in quegli anni, pensavo all’allenamento e alla partita della domenica successiva. Penso che il nostro sia un lavoro in cui l’aspetto mentale conta più di quello fisico, bisogna sempre rimanere con i piedi per terra”

[…] “ a me piace ricordare gli allenatori dell’infanzia. Avevano un doppio ruolo, quello di istruttori di calcio e di genitori, erano dei veri e propri educatori. Si sta perdendo questo ruolo nel calcio contemporaneo, quando hai 10/11 anni non puoi pensare di instillare a un ragazzino solo i dettami del calcio, ma devi cercare di comunicargli anche altre cose come la probabilità che la sua vita professionale potrebbe materializzarsi lontano da un campo da calcio  […]

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(Foto Museo dell’Amaranto – Storia dell’Arezzo calcio – Amedeo e Guido Carboni con la maglia dell’Arezzo 1982)

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