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Capocchiano, il panzer di cartapesta

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SSLAZIOFANS.IT (Stefano Greco) – […] Berardino Capocchiano, in Germania gioca nell’Arminia Bielefeld nella stagione 1989-1990, ma il suo score parla di 8 presenze e zero gol. La stagione successiva, veste la maglia del TSV Havelse, in Zweite Bundesliga (la serie B tedesca), dove si impone segnando 14 reti in 35 partite. Gol che attirano l’interesse del Monaco 1860, che gli fa firmare un preliminare di contratto, ma poi arriva l’offerta della Lazio e Capocchiano strappa tutto e si trasferisce a Roma, acquistato per 100 milioni di lire dal duo Calleri-Regalia. […]

Il tira e molla la Lazio lo vince, ma Zoff vedendo in ritiro sul campo di Seefeld quel gigante dai piedi di piombo, scuote la testa. Gli offre qualche chance nelle amichevoli estive. Zero gol in un tempo contro il TSV Dasing, una tripletta in meno di mezz’ora contro i dilettanti del Seefeld (11-0 il risultato), poi la grande occasione. Il 4 agosto 1991, la Lazio gioca un’amichevole di lusso ad Amburgo, contro l’ex squadra di Thomas Doll. È una partita vera, Capocchiano parte dalla panchina, ma nel secondo tempo dopo una decina di minuti Zoff decide di mandarlo in campo, al posto di Ruben Sosa. Sarà l’aria della Germania, sarà per uno di quei piccoli miracoli calcistici che a volte trasformano anche il piombo in oro, ma a due minuti dal termine Capocchiano segna il gol che regala la vittoria alla Lazio. Sembra il prologo all’ennesima scommessa vinta da Calleri e Regalia, invece quel gol estivo resta l’unico lampo della carriera biancoceleste di Berardino Capocchiano. In campionato, Zoff neanche lo considera. In Coppa Italia, dopo la sconfitta per 2-0 incassata in casa del Torino, Zoff decide di tentare il tutto per tutto e, come aveva fatto ad Amburgo, all’inizio della ripresa, con il punteggio inchiodato sullo 0-0, manda in campo Capocchiano al posto di Ruben Sosa. E pochi secondi dopo il suo ingresso in campo, Berardino ha la palla che può riaprire il discorso qualificazione e, forse, cambiare la sua storia.

“La palla più importante della sera è arrivata al 54′, come al solito da un’invenzione di Doll, ed è capitata tra le gambe di Berardino Capocchiano, al suo secondo minuto nella Lazio. Si è ritrovato davanti a Marchegiani su un assist che gli veniva dal tedesco, di poco spostato sulla sinistra. Poteva essere la svolta per la Lazio, che fino ad allora mai aveva trovato la via diretta verso la porta del Torino, un gol per poter riaprire in tempo utile il discorso della qualificazione. E poteva essere anche un modo di cominciare alla grande per il lungo attaccante di Zapponeta che Monaco e Lazio si sono così aspramente conteso. Ma Berardino non ce l’ha fatta: ha tentato di far passare la palla tra le gambe del portiere, ma un tacco ha deviato la palla verso l’out…” […]

Capocchiano non aveva nulla del giocatore di calcio: né i movimenti da centravanti né i piedi per fare l’attaccante e, probabilmente, neanche il calciatore. Dopo quell’apparizione in Coppa Italia del 4 dicembre, Zoff relega Capocchiano in un angolo della panchina, ma il 16 febbraio è costretto a spedirlo in campo. Privo di Sosa e Riedle, il tecnico friulano non ha alternative e contro l’Ascoli fa esordire in Serie A Capocchiano.

È una domenica grigia, di pioggia in campo e di insulti e contestazioni che piovono dagli spalti, perché la Lazio non ingrana. Al 36’, rigore ed espulsione a favore della Lazio, ma Soldà riesce solo a scheggiare la traversa. Capocchiano si agita per il campo ma non combina nulla, però il gol arriva lo stesso. Punizione di Stroppa con la palla che finisce sotto l’incrocio dei pali e fantasmi scacciati. Capocchiano in contropiede ha il pallone per chiudere la partita, ma Lorieri salva e, proprio allo scadere, una respinta goffa di Fiori consente a Benetti di segnare il gol dell’1-1. E l’Olimpico si infiamma. Cori contro tutti, contestazione a Calleri e a Zoff, poi sassate contro il pullman che lascia lo stadio scortato dalla Polizia.

Capocchiano finisce nuovamente nel dimenticatoio fino all’ultima partita casalinga di campionato. Lazio-Sampdoria di sabato 16 maggio del 1992. All’Olimpico, contro una squadra che ha già la testa a Wembley e alla finale di Coppa dei Campioni, la Lazio gioca solo per l’onore, perché il quinto posto (l’ultimo utile per entrare in Europa) è già saldamente nelle mani della Roma. E il clima all’Olimpico è tutt’altro che da festa per “l’ultimo giorno di scuola”. Meno di 30.000 spettatori e fischi e insulti per tutti, compreso per il mito Zoff.

“Dino, Torino ti ama… tornaci”, recita uno striscione. E poi le provocatorie invocazioni a Capocchiano, il rincalzo più scarso di questa Lazio… “ […] Capocchiano diventa quasi una barzelletta e a Bari gli affibbiano il soprannome di “Pibe de piombo”, ovvero l’antitesi di Maradona. Il Bari gli ha fatto 5 anni di contratto, quindi nelle restanti tre stagioni Capocchiano gira tra Avellino (zero reti) e Chieti (13 reti in due stagioni in C1), poi scaduto il contratto va a giocare nei Dilettanti, prima con il Latina e poi con la Rondinella, senza lasciare traccia o quasi, come dimostrano i 4 gol complessivi segnati in due stagioni.

Nel 1998, mentre la Lazio festeggia il trionfo in Coppa Italia e l’inizio di un’era di grandi successi, Berardino Capocchiano appende mestamente gli scarpini al chiodo, chiudendo una carriera che, forse, non è mai iniziata.

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