Il 9 e il 10 (una storia di amicizia) - Gli Eroi del Calcio
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Il 9 e il 10 (una storia di amicizia)

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GIORNALEDIBARGA.IT (Paul Moscardini) – […] l’amicizia tra il numero 9 e il numero 10 è un classico del calcio. Tra la prima punta e il centrocampista più avanzato scatta alle volte un’intesa perfetta, quasi magica, che trae origine da un rapporto privilegiato anche fuori dal campo.

Johnny Moscardini e Adolfo Baloncieri si erano conosciuti in nazionale nel maggio del 1922 in occasione di una partita Italia-Belgio finita con la vittoria degli azzurri per 4 a 2. Già in ritiro avevano fatto amicizia. Avevano la stessa età, avevano fatto tutti e due la guerra al fronte e tutti e due amavano un football raffinato, fatto di tecnica, palla a terra, smarcamenti veloci. La loro affinità fu subito evidente sul campo, dove risultarono autori di tre gol (due Baloncieri, uno Moscardini).

Moscardini non aveva il fisico del centravanti.Non era per niente alto, e aveva anche una vistosa menomazione al braccio, ricordo della vita di trincea. Ma possedeva, oltre a una quasi ottimale preparazione di base, anche un temperamento straordinariamente combattivo e una grande visione di gioco, oltre al senso del gol. […]

Moscardini era forte, ma Baloncieri era più forte. Anzi, il più forte. Secondo qualcuno, la più grande mezzala di tutti i tempi, eguagliato forse soltanto da Valentino Mazzola. Uomo da gol e da ultimo passaggio, ma capace di fare il regista a tutto campo grazie a una corsa inesauribile e a una capacità di leggere la partita del tutto fuori dal comune.

Lucca, marzo del 1923. […] In quel diciotto marzo la Lucchese di Moscardini ospita l’Alessandria di Baloncieri. Maglia rossonera con il numero nove per Johnny, maglia grigia col numero dieci per Adolfo, la stessa che indosserà molto dopo, all’inizio della sua strabiliante carriera, un certo Gianni Rivera. Adolfo Baloncieri, che nella stagione precedente aveva segnato quindici gol, è temutissimo: il mister lo affida alle cure di un difensore ruvido, che proviene da Carrara e curiosamente si chiama Ercole. Il trattamento riservato a Baloncieri è talmente violento che Moscardini, disgustato, abbandona il campo lasciando in dieci uomini la sua squadra, che alla fine perderà per due a zero subendo il secondo gol proprio da Baloncieri. Un gesto di fair-play clamoroso e forse unico nella storia del calcio, […]

Moscardini è istintivo e imprevedibile, e non soltanto sul campo. La sua mossa lascia sconcertati i compagni e il mister, ma rafforza il legame con Baloncieri. A maggio i due sono ancora insieme, sul treno per Praga. Gli azzurri vanno ad affrontare la forte compagine ceca, ma sarà una trasferta disgraziata, ricordata solo per la gigantesca rissa scatenata in un locale della capitale boema. Forse provocati, gli italiani le buscano in campo e fuori: la partita termina con la sconfitta dell’Italia per uno a cinque, e il gol della bandiera lo segna proprio Moscardini.

[…] Quella stessa estate sono chiamati dal Genoa, fresco di scudetto, per rinforzare la rosa in vista di una lunga tournée in sudamerica per incontrare i tanti emigranti. A fare il loro nome è il compagno in azzurro Renzo De Vecchi, il figlio di Dio, il piccolo grande Capitano. E’ un vero onore. E’ il Genoa dell’ottavo scudetto, il club più prestigioso della giovane storia del calcio italiano. Il viaggio verso il Mar del Plata, sul transatlantico Principessa Mafalda, è molto lungo, con scali a Barcellona, Dakar, Rio de Janeiro. Johnny e Adolfo sono insieme, e si divertono, forse conquistando anche qualche cuore. […] L’arrivo a Buenos Aires è da brividi. Allo sbarco, oltre naturalmente all’ambasciatore, ci sono migliaia di connazionali in festa. E’ un tripudio di cene, ricevimenti, serate danzanti. Tra le diverse amichevoli disputate, spicca una vittoria con la nazionale argentina, che colma d’orgoglio gli emigranti, compresa forse la famiglia dei Togneri, proprietaria a Barga della bella Villa Buenos Aires alla Fornacetta.

Al ritorno le strade di Baloncieri e Moscardini si dividono: uno torna nella sua nebbiosa Alessandria, l’altro nella sua ridente Barga, in attesa di quella che sarà la sua ultima annata nella Lucchese, che lascerà alla fine della stagione successiva dopo avervi disputato 51 partite e segnato 40 gol, per passare al Pisa. […] Quella di Pisa si rivelerà una stagione deludente e Moscardini perderà anche il giro della nazionale. Ma le preghiere da lontano della zia Fortuna, e forse anche una parola buona di Baloncieri, fanno in modo che sia di nuovo convocato nel marzo del 1925 per una partita con la Francia. Manca Della Valle, il centravanti titolare, e tocca di nuovo a Johnny indossare, per l’ultima volta, la maglia azzurra con il numero nove. Baloncieri gioca con il numero otto, ma fa lo stesso. Italia-Francia sarà una partita destinata a rimanere nella storia. Per gli azzurri in porta gioca un giovanissimo Combi, che nove anni dopo sarà capitano della nazionale mondiale di Vittorio Pozzo. In difesa il veterano De Vecchi, ultima partita anche per lui, chiude tutti gli spazi. Davanti alla difesa gioca con grande sicurezza il giovane romano Fulvio Bernardini, esordiente a 19 anni. Ma a fare la differenza, là davanti, sono ancora una volta Moscardini e Baloncieri, autori alla fine di una doppietta ciascuno per un 7-0 rifilato ai cugini d’oltralpe che ha del clamoroso e che, oltre a soddisfare il palato fine dei tifosi di Torino, è una manna dal cielo per la propaganda fascista, la cui macchina comincia ora a mettersi in moto.

[…] Italia-Francia, per Moscardini e Baloncieri, sarà l’ultima partita insieme. Lo spartiacque di due destini che non s’incroceranno mai più. Per Baloncieri è l’inizio di un’ascesa inarrestabile: il passaggio al Torino, il trio delle meraviglie, lo stadio Filadelfia nuovo di zecca e gremito in ogni ordine di posto. Tante partite e tanti gol ancora, con la maglia granata e con quella azzurra. Per Moscardini è diverso. La sua giovane compagna, Tecla, aspetta un bambino. Bernardini gli propone di seguirlo nella capitale, nella sua Lazio, ma Johnny non se la sente di affrontare un salto nel buio. Ha ventotto anni (tanti per un giocatore di allora) ma soprattutto un fisico provato da una vita non proprio comoda. Guarda le belle ville liberty costruite dagli emigranti con i soldi guadagnati all’estero e alla fine decide di tornare in Scozia, dove uno zio gli ha proposto di dargli una mano nel suo caffè. […]

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