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Libri: “Il rosso di Ponsacco…”, l’Avellino è in serie A”

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GLIEROIDELCALCIO.COM – Pubblichiamo, come preannunciato (vedi intervista con l’autore qui), il primo estratto del libro “Il rosso di Ponsacco. La storia di Adriano Lombardi, dalla Valdera a San Siro”, di Fabio Roberto Tognetti edito da Eclettica Edizioni. L’estratto, scelto di concerto con l’autore, è il racconto della giornata dell’11 giugno 1978, giorno in cui l’Avellino conquista per la prima volta la massima serie.

Ringraziamo ancora l’autore e la casa editrice per averci dato questa possibilità.

Buona lettura.

Il Team de Gli Eroi del Calcio.com

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È la sera del dieci giugno 1978, è sabato, fa piacevolmente caldo e nell’aria si respira il profumo delle vacanze alle porte. Alla radio passano i Bee Gees con Stayin’ Alive e Night Fever o Follow Me della conturbante Amanda Lear. La gente sente il bisogno di evadere dalla realtà, di distogliere l’attenzione da una cronaca che si fa sempre più nera, sempre più tragica, sempre più pesante. È trascorso appena un mese dal tragico ritrovamento all’interno del bagagliaio di una Renault Quattro di colore rosso parcheggiata in Via Caetani a Roma del corpo dell’onorevole Aldo Moro, impietosamente crivellato da undici colpi esplosi da una mitraglietta Skorpion. La sensazione è che l’escalation di sangue e terrore sia inarrestabile, che qualcosa nel Belpaese si sia irrimediabilmente rotto e le cose non possano far altro che peggiorare. E l’impegno che la mattina successiva attende il popolo italiano sta lì a ricordarlo, come un ospite sgradito che fa di tutto per rovinare l’atmosfera di una bella festa. Infatti, domenica 11 giugno gli elettori sono chiamati ad esprimersi nel merito di due requisiti referendari, uno dei quali, quello che chiede l’abrogazione della Legge Reale, testimonia il grave stato di agitazione che traumatizza, trasversalmente, politica e opinione pubblica.

Non tutti gli italiani si recano puntuali alle urne. Dopo lunghi mesi di inverno, una giornata di bel tempo è una tentazione troppo forte per non approfittarne e così in tanti decidono di trascorrere la domenica con la classica gita fuori porta o, meglio ancora, al mare, per cominciare a dorare la propria pelle e non farsi trovare impreparati a luglio davanti allo sguardo competitivo dei vicini di ombrellone. C’è per anche una minoranza, piccola ma assai rumorosa, che ritiene di avere un altro dovere più urgente da ottemperare, tanto che urne e spiagge possono tranquillamente aspettare. Sono le migliaia di tifosi che già alle prime luci dell’alba si spostano in lungo e in largo attraverso lo Stivale per andare a sostenere in trasferta la propria squadra del cuore. Se è vero che è già passato un mese dalla chiusura del campionato di Serie A, lo stesso non si può dire, ad esempio, della Serie cadetta, alle prese con gli ultimi, determinanti, novanta giri di cronometro che definiranno il destino di diverse compagini.

In testa alla classifica, già promosso con ben sei giornate di anticipo, si trova l’Ascoli di Mimmo Renna. I marchigiani, nelle cui fila si mettono in luce i talenti della fantasiosa ala destra Roccotelli e della prolifica punta Ambu, hanno imposto un dominio pressoché assoluto al torneo, testimoniato da quello straordinario +43 finale scritto sotto la voce “differenza reti” e da un record di punti ancora oggi imbattuto. Un ritmo forsennato che nessun altro club è riuscito a sostenere e che dunque ha creato un vuoto alle spalle dei bianconeri, accorciando la classifica e rendendo così imprevedibile e piena di colpi di scena l’ultima fase del campionato. Cinque formazioni si ritrovano a contendersi i rimanenti due posti a disposizione per la promozione in A. A quota quarantuno punti si trovano il Palermo, la Ternana e il Monza. A queste squadre serve una vittoria, ma se per umbri e siciliani un eventuale fallimento pur dispiacendo non toglierebbe niente a una stagione comunque importante, sulle spalle dei biancorossi pesa invece come un macigno la consapevolezza di aver sciaguratamente mancato il match point, con la sconfitta rimediata nell’ultima giornata contro la non irresistibile Pistoiese, formazione invischiata nella bagarre per la non retrocessione. Davanti alle tre, moderatamente più serene grazie al punto in classifica in più – ma non per questo meno agitate – vi sono il Catanzaro e il sorprendente Avellino di mister Carosi . (…)

Domenica ottomila tifosi raggiungono il capoluogo ligure. È un’orda rumorosa e festosa quella che invade Marassi con due ore di anticipo, trasformando il Ferraris in una succursale al nord del Partenio.

Sugli spalti primeggiano il bianco e il verde e la squadra, al suo arrivo, viene accolta da un colpo d’occhio unico, da un calore che li sostiene e li esalta. Mario Piga ricorda: “L’immagine che non potrò mai dimenticare è il nostro arrivo allo stadio. Mi commuovo ancora a pensarci. Vedevamo solo bandiere bianco-verdi e un pubblico meraviglioso. Quando stavo entrando negli spogliatoi una donna anziana che avrà avuto settant’anni o anche forse di più, piangendo, mi si è buttata al collo e mi disse: “Mario Piga, regalateci questo sogno, cerca di dare il massimo”. Mi trasmise un’adrenalina incredibile.”

Adrenalina che si trasforma in senso del goal. Cinquantatreesimo minuto di una partita noiosa, con una Sampdoria molliccia e disinteressata e un Avellino che controlla senza forzature: Galasso, con un elegante colpo di tacco, si libera dalla stretta marcatura di Rossi e mette una palla al centro, immediatamente catturata da Mario Piga, il quale, trovandosi completamente smarcato, ha il tempo di aggiustare la sfera, coordinarsi e mirare l’angolo alla destra del portiere blucerchiato Cacciatori che, al centro dell’area piccola, intuisce la direzione del tiro senza riuscire a deviarlo oltre lo specchio della porta. La rete si gonfia e gli spalti del Marassi sussultano sotto l’estasi della tifoseria irpina, che si accalca contro le reti di protezione. Chi è rimasto a casa, transistor e cuore in mano, all’intervento di Giorgio Bubba, l’inviato di “Tutto il calcio minuto per minuto” che interrompe la telecronaca del collega di Lecce per annunciare il goal della brevilinea ala sarda, esplode in un grido liberatorio. I restanti trentasette giri di lancetta servono solo a caricare l’impazienza dei tifosi: la Sampdoria non ha alcun interesse a spingere e ai Lupi basta controllare le svogliate ripartenze dell’avversario fino al triplice fischio finale del signor Longhi da Roma. Per l’Avellino è finalmente Serie A! L’Avellino potrà sedere per la prima volta tra le grandi.

All’apertura dei cancelli l’onda bianco-verde contenuta dentro il Ferraris tracima nei carrugi di Genova. Molti sono cittadini campani emigrati e per loro questa promozione ha il sapore del riscatto del meridione, con i tifosi di Avellino, Catanzaro e Ascoli per una volta gemellati in quella che è una comune vittoria sulle più attrezzate e facoltose squadre del nord. Una massa caotica e festante travolge pacificamente la città fino all’aeroporto Colombo, dove la squadra è letteralmente sospinta a bordo del velivolo, costretto oltretutto a rimanere fermo sulla pista per oltre tre ore a causa delle intemperanze di un tifoso troppo focoso e scatenato.

La città che attende il ritorno dei propri eroi sta vivendo letteralmente un sogno. Come detto, non si tratta soltanto di un successo sportivo. Il capoluogo irpino è una delle tante realtà provinciali sconosciute al grande pubblico e gli avellinesi sperano che la conquista della Seria A possa finalmente posizionare la loro città sulla mappa geografica dello Stivale, portare alla luce dei media la condizione di miseria in cui versa il territorio e, di conseguenza, aprire nuove opportunità di crescita e di progresso. Avere la squadra di casa in A significa quanto meno ritrovarsi ad ospitare ogni domenica decine di giornalisti e telecamere delle tv nazionali. È lo stesso primo cittadino Massimo Preziosi a dichiararlo all’inviato de Il Corriere della Sera Ettore Mo: “Il miracolo calcistico dell’Avellino (…) è maturato sullo sfondo di questo amaro paesaggio. E si capisce perché anche gli allergici ai febbroni sportivi della domenica debbano considerarlo, infine, una sorta di rivalsa verso il settentrione del benessere e delle squadre sovrane, una specie di riscatto guadagnato a fatica tra sudori e umiliazioni: «Dal momento che siamo sottosviluppati e terzo mondo in tutto – argomenta qualcuno, facendosi portavoce di un sentimento corale – dovremmo esserlo anche dal punto di vista calcistico. Ebbene no, dobbiamo finirla con la storia del parente povero in eterno. Se la rimonta verso un eguale dignità civile comincia col calcio ci sta bene.» (…) «Il nostro passaggio in A – dice (il sindaco) – non è che un momento di quell’evoluzione in corso nella nostra provincia, non solo sul terreno sportivo. Ne deriverebbero anche vantaggi economici, naturalmente. È scomoda la posizione di chi viene indicato alla patria attenzione per il reddito più basso».”

Prese in considerazione le osservazioni del sindaco Preziosi si può dunque comprendere l’euforia collettiva che si impadronisce in quei giorni di Avellino. Quelle successive all’11 giugno sono tre giornate di festeggiamenti, con gli uffici comunali chiusi, le gelaterie che offrono coni gelato crema-pistacchio al prezzo simbolico di 100 Lire e i cinema che proiettano film a ingresso libero.

Gli auspici degli avellinesi non si riveleranno del tutto strampalati.

Una città dormitorio, fino ad allora priva di grandi attrazioni, che alle 22 di sera costringeva i propri abitanti a chiudersi in casa per la mancanza di alternative, per tutti i dieci anni di permanenza della squadra in A conoscerà un nuovo, improvviso, slancio di vitalità. La ventata di ottimismo portata dalla promozione, unita a un po’ di benessere derivante dalla presenza di nuovi impianti industriali, contribuirà pure, dati alla mano, a un boom demografico senza precedenti, con il numero delle nuove nascite che nell’anno della promozione raggiungerà un incremento del 100%.  Purtroppo gli anni della A saranno anche quelli dolorosi del terremoto che il 23 novembre del 1980 devasterà questo territorio, seppellendo quasi 3000 persone e lasciando senza casa 280 mila irpini.

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