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9 novembre 1960 nasce Andreas Brehme – La parabola discendente di una stella

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Eleonora D’Alessandri) – Compie oggi sessant’anni Andreas Brehme, stella della nazionale tedesca dei Mondiali italiani del 1990 e dell’Inter dei record dello stesso periodo.

La sua caratteristica principale era quella di saper calciare con entrambi i piedi, anche se la sua forza risiedeva nel piede destro che non era il suo piede naturale. Questo grazie agli insegnamenti del padre terzino dell’Amburgo che gli ripeteva spesso che, chi non nasceva con il dono naturale dei fuoriclasse, non poteva basare la sua carriera su un piede solo. Per questo motivo, quando Andreas era ancora molto giovane, passava molto tempo sui campi di allenamento a calciare per ore con il piede destro, cercando di rinforzarlo come il suo piede sinistro.

I frutti di quell’allenamento arrivano, anche se in ritardo. L’Amburgo, la squadra della sua città, lo scarta dopo un provino, ma Magath si accorge di lui e lo propone al Saarbrucken, nella serie B tedesca. Poi la prima grande occasione, nel 1981, con il Kaiserslautern, esperienza che lo porterà fino in nazionale, prima under 21, poi quella maggiore.

Fu grazie a quella costanza e a quella determinazione nel migliorarsi che, grazie al piede destro, segnò il gol più importante di tutta la sua carriera, quello nella finale del Mondiale di Italia ’90 contro l’Argentina a Roma. Tirò il calcio di rigore al posto di Matthaus dolorante e stanco ed entrò nella storia. Fu grazie alle prestazioni di quel mondiale che si classificò addirittura terzo nella classifica per il Pallone d’oro del 1990 che poi vinse il compagno di squadra Matthaus.

Il passaggio al Bayern è praticamente automatico, anche se in Baviera non brillerà mai davvero. Nonostante tutto, questa esperienza riempie la sua bacheca di trofei.

Il biondo di Amburgo arrivò in Italia all’Inter nell’estate del 1988 insieme a Matthäus, quasi come una tassa imposta dal club tedesco per la cessione del ben più ambito Lothar, ma soprattutto per via dei pessimi rapporti tra il giocatore e il tecnico Heynckes allora sulla panchina della squadra bavarese. Era un calciatore dalle mille risorse e Trapattoni ebbe la capacità di esaltare le sue caratteristiche di ambidestro perfetto, impiegandolo come terzino sinistro anche se era molto bravo a ricoprire più ruoli, giocando infatti anche sulla fascia destra e come mediano. È l’intuizione che stravolge la sua carriera, gioca un calcio essenziale, scende sulla fascia, crossa, batte le punizioni e fa gol.

Tra il 1988 e il 1992, con l’Inter, colleziona 116 presenze e 11 gol, vincendo uno scudetto (campionato 1988/89), una Supercoppa e una Coppa Uefa, diventando per i tifosi nerazzurri un vero e proprio idolo. A causa di alcuni problemi fisici, l’Inter comincia a pensare di cederlo e da quel momento i rapporti tra società e calciatore cominciano a logorarsi.

Nel 1992 lascia Milano per andare a giocare un anno in Spagna, al Real Saragozza. Tornò poi in Germania al Kaiserslautern, per poi ritirarsi dal calcio giocato nel 1998.

Una volta attaccati gli scarpini al chiodo, inizia però il periodo più buio della vita, quella da ex giocatore.

In un primo momento tenta la carriera di allenatore sedendo sulla panchina del Kaiserslautern, ma con scarsi risultati, venendo così esonerato quasi subito. In un secondo momento, ebbe una nuova opportunità dal suo ex allenatore Trapattoni, che lo nominò suo secondo allo Stoccarda nel 2005/2006, ma da quel momento ebbe solo problemi. Alcol, soldi, debiti lo perseguitarono portandolo ad un crack finanziario. Quando questa situazione venne alla luce, fu Franz Beckenbauer ad esporsi in suo favore chiedendo al calcio tedesco di aiutare Brehme restituendogli qualcosa di quello che lui aveva dato come calciatore alla nazione. Un ex giocatore, Olivier Straube, lo invitò pubblicamente a lavorare per la sua azienda di pulizie. In una dichiarazione disse: “Siamo disposti a impiegare Brehme nella nostra azienda, così saprà cosa vuol dire pulire i bagni e i servizi igienici. Potrà lavare i sanitari così si renderà conto davvero cosa significa lavorare e qual è la vera vita”. Brehme non andò mai, perché fu il Bayern a salvarlo. La sua ex squadra infatti, nel 2014 lo assume come osservatore concedendogli una possibilità di rinascita.

Andreas Brehme è un sopravvissuto, un idolo delle folle finito nella naftalina dei ricordi che oggi compie 60 anni.

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Romana e romanista di nascita, trasferita in Friuli Venezia Giulia per sbaglio. Una laurea in scienze della comunicazione, un lavoro come responsabile marketing e un figlio portiere mi riempiono la vita. La mia grande passione è il calcio, la sua storia e tutto quello che ne fa parte.

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