Intervista a Ferruccio Gard: «Tutti si fermavano per il rito di 90° minuto" - Gli Eroi del Calcio
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Intervista a Ferruccio Gard: «Tutti si fermavano per il rito di 90° minuto”

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LA NUOVA VENEZIA (Eugenio Pendolini) –

Estratto dell’ intervista di Eugenio Pendolini a Ferruccio Gard, storico inviato di 90° minuto allo stadio “Bentegodi” di Verona per seguire l’ Hellas. Nonostante i suoi ottantanni Ferruccio ha la lucidità di ripercorrere gli anni in cui ha raccontato il calcio in maniera genuina a tu per tu con i grandissimi interpreti del periodo quali potevano essere Sivori o Maradona.  Un’ epopea ricca di episodi e aneddoti con il sogno di rivedere presto il Venezia in Serie A.

«Tutti si fermavano per il rito di 90° minuto. Che emozione vedere l’esordio di Maradona».

«L’intervista più singolare? Con Sivori nudo sulla poltrona».

Quando iniziò la sua avventura nel giornalismo sportivo? «Nei primi anni ’70 con Tutto il Calcio Minuto per Minuto. Poi a 90° Minuto nel ’73- ’74 con il Real Vicenza, come veniva chiamato ai tempi di Paolo Rossi. Fui il primo a farlo conoscere al grande pubblico».

«Novantesimo è stata la trasmissione televisiva più vista in assoluto di tutta la televisione italiana, anche più di Sanremo. La media di telespettatori era di 25 milioni. Fui il primo inviato speciale. Oltre al Vicenza e al Verona, andavo a Udine, Milano, Torino, Roma e Bologna. In onda, lo confesso, le prime volte ero teso. Sapere che in quel momento c’era mezza Italia in ascolto faceva tremare i polsi. Non è esagerato dire che di domenica, alle 18, il paese si fermava: dal contadino al ministro».

«Ci chiamavano i Magnifici Sette. Il ct era Paolo Valenti, conduttore da Roma. I titolari insieme a me erano Tonino Carino da Ascoli, Marcello Giannini da Firenze, Giorgio Bubba da Genova, Gianni Vasino da Milano, Cesare Castellotti da Torino, Luigi Necco da Napoli, io da Vicenza e Verona. Siamo rimasti in tre. Anni stupendi, ma mi resta un rammarico». Quale? «Che non mi sia stato riconosciuto di aver introdotto, dopo Beppe Viola, l’ironia pepata e gli sfottò nei commenti alle partite».

«Puntavo a diventare un campione sportivo. Correvo in bici. Ero un grimpeur, come tutti mi dopavo con la simpamina, la stessa che prendeva Coppi. Me l’aveva consigliato un campione del mondo, dopo tre gare ho smesso. Mi toglieva la forza di soffrire. Volevo fare l’artista, ma non ci si campava. Così ho seguito l’altra passione, il giornalismo»

«L’Hellas dello scudetto, ’84-’85. Ma mi piace anche il Chievo. E poi il Torino, che dolore dopo Superga»

Iniziava l’era Maradona. «La sua prima in Serie A la giocò proprio contro l’ Hellas, sotto i miei occhi. Giocò bene ma non benissimo. Tutti però capimmo subito chi fosse. Era una persona alla mano, non si dava delle arie. Mi è capitato di incontrarlo quando venne a Venezia, all’Arsenale di Venezia. Avevamo un bel rapporto, ho sofferto per la sua morte»

«Tra i primi tre oltre a lui e Pelè ci metto Omar Sivori. Era strepitoso. Con lui feci una delle interviste più singolari»

 

 

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