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Gli uomini che segnarono la storia del derby di Milano

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Nella storia del derby di Milano tanti sono stati i personaggi emblematici. Storie di Calcio elenca i suoi 14, quelli che hanno saputo lasciare il segno più di altri. Ecco un estratto.

RIZZOLI E MORATTI

[…] Tra i tanti presidenti che hanno retto le sorti di Milan e Inter, due si sono distinti per l’oculatezza delle loro scelte: Andrea Rizzoli e Angelo Moratti. […] Nei suoi tredici anni di reggenza (1955 -1968) Moratti portò all’Inter Angelillo, Suarez, Firmani, Jair, tanto per citare i più famosi. Rizzoli rispose per le rime: Grillo, Altafini, Schiaffino, furono i colpi meglio riusciti.

HERRERA E ROCCO

[…] Due tecnici di grande spessore, due animali da spogliatoio, capaci di far rendere cento ciò che valeva dieci. Non si trovarono di fronte molto spesso, sulle due panchine di San Siro: il loro bilancio nell’epoca d’oro, quella degli anni Sessanta, parla di un’assoluta parità, una vittoria per parte e quattro pareggi. Al di là dei risultati del campo. Herrera e Rocco giocarono un loro derby strettamente personale, basato sull’originalità e la fantasia dei personaggi. E non si può dire che questo derby speciale abbia avuto un vincitore.

RIVERA E MAZZOLA

[…] Per oltre dieci anni Milan-Inter fu anche, e soprattutto, Rivera contro Mazzola. Dall’esordio di Rivera si dovettero attendere quasi tre anni per vedere i due per la prima volta in campo contemporaneamente: la «prima» di Sandrino, non ancora Baffo, è condita da un gol di ottima fattura. Da quel momento Milano e l’intera Italia calcistica si spaccano: chi è per l’uno, deve essere per forza contro l’altro: il calcio atletico contro il calcio pensato. La sfida personale fa cassetta, i dualismi fanno sempre bene allo sport, sin dai tempi di Binda e Guerra.

PAOLO ROSSI

[…] Giussy Farina nell’estate del 1985 compie il suo supremo atto d’amore portando alla corte rossonera Paolo Rossi, l’uomo che aveva trascinato il suo piccolo Vicenza sino alle vette più elevate. Pablito, che non è più quello delle campagne di Argentina e Spagna, viene da tre stagioni in bianconero non completamente esaltanti, nonostante uno scudetto e tre vittorie nei tornei europei per società. A Milano trova Nils Liedholm, che per stuzzicare la fantasia dei tifosi cava dal cilindro una delle sue invenzioni, il «Vi-Ro-Ha»: Virdis, Rossi e Hateley. L’idea è quella di ricostituire un trio che rinverdisca i fasti del «Gre-No-Li», ma sia la pronuncia che i risultati sul campo stonano un po’ troppo. A dicembre scocca l’ora del derby, svalutato e svuotato dagli interessi di classifica. E’ il giorno dell’ennesima (e ultima) resurrezione del compianto centravanti toscano, che per un pomeriggio torna se stesso: una doppietta «alla Rossi», con un gol d’anticipo e uno di rapina a uno Zenga già grande tra i pali. Per una settimana l’Italia celebra la rinascita di un simbolo, ma già dalla domenica seguente si capisce che è un fuoco di paglia. Rimangono quelli gli unici gol di Rossi della stagione e della sua parentesi milanista: il canto del cigno di un campionissimo logoro anzitempo, sfinito dagli acciacchi, mortificato dalla critica; una figura comunque unica nel panorama calcistico italiano e mondiale. Al ritorno, in casa interista, Pablito non gioca. Un derby, due gol. Come ai bei tempi.

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