Shevchenko e Lobanovskiy ... questione di cicli - Gli Eroi del Calcio
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Shevchenko e Lobanovskiy … questione di cicli

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Rivista Undici fa un paragone tra Shevchenko, soldato mancato per volere di un ostinato allenatore e Lobanovskiy, mitico condottiero dell’URSS e dell’Ucraina. Una carriera partita da Kiev nel 1986 e formatasi sulle orme del grande maestro. Ecco un estratto.

[…] La carriera da calciatore di Andriy Shevchenko comincia con una seconda opportunità. Nel 1986, l’Università per l’Educazione Fisica e lo Sport di Kiev gli nega l’accesso alla facoltà perché non è abbastanza bravo nel dribbling (…); questa bocciatura convince suo padre Nikolaj che il futuro del ragazzo è nell’esercito. Convinto del talento calcistico di Andriy a quel punto c’è solo Aleksandr Špakov, osservatore veterano della Dinamo Kiev, maestro nell’arte del convincimento: insiste con papà Nikolaj affinché conceda ad Andriy un’altra chance con il calcio, male che vada il pallone aiuterà il ragazzo a raggiungere la forma fisica necessaria a passare gli esami fisici dei militari. Nikolaj accetta, Andriy entra nelle giovanili della Dinamo Kiev, il resto lo si può leggere nelle pagine del libro di storia del calcio. Per farla breve: aveva ragione Špakov.

[…] Shevchenko è riuscito a rimettere la sua Nazionale al centro di un dibattito calcistico che va avanti dal 9 novembre del 1989: cosa viene dopo l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche? L’Ucraina è sempre sembrata il capitolo successivo nella storia del calcio dell’Est: l’ucraino Valeriy Lobanovskiy – «Il più grande allenatore della nostra storia, il primo a introdurre la scienza nel calcio»‚ ricorda Shevchenko, il cui rapporto con il Colonello è stato raccontato abbastanza altrove da poterlo omettere qui – era il commissario tecnico della fenomenale URSS del Mondiale 1986 e di quella che vinse l’Europeo del 1988; e la formazione titolare di quella Nazionale era composta quasi soltanto da ucraini, con i Palloni d’Oro Blochin e Belanov. C’è la sensazione che l’Ucraina di Shevchenko sia la fine di un cammino cominciato più di trent’anni fa, la chiusura di un cerchio che conferma che il calcio vive di cicli.

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(RIVISTAUNDICI.COM di Francesco Gerardi)

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