Ritratti Viola: Claudio Merlo - Gli Eroi del Calcio
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La Penna degli Altri

Ritratti Viola: Claudio Merlo

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75 anni, portati benissimo per il nostro Claudio: il Secco, il numero 8, le mezz’ala per antonomasia, il cervello e la classe: tante cose tutte insieme, ma soprattutto uno dei magnifici campioni che fecero l’impresa (la più inaspettata di sempre) e uno dei centrocampisti più forti in assoluto a livello europeo tra la fine degli anni Sessanta e la metà dei Settanta.

[…] arrivò sull’Arno dalla Tevere Roma, dove si era formato, giovanissimo, a 17 anni, per andare a far parte di una nidiata di futuri grandi giocatori e campioni probabilmente irripetibile: con lui giocavano Ciccillo Esposito, Luciano Chiarugi, Mario Brugnera: e proprio questi ultimi due – il ragazzo estroso ed esplosivo di Ponsacco e il talentuoso giovane attaccante che cominciavano a chiamare il piccolo Di Stefano – affiancarono Merlo, alla fine dell’inverno 1966, entrando in squadra, divenendo titolari e dando vita ufficialmente, grazie al grande lavoro di Beppe Chiappella, alla “Fiorentina ye ye”. In quella squadra c’erano già giovani divenuti fortissimi e con diversa esperienza: Mario Bertini e Picchio De Sisti […] il 12 dicembre del 1965, contro l’Inter più forte della storia, a San Siro, esordisce in serie A, a fianco di Picchio De Sisti, contribuendo a portare a casa un pareggio incredibile per la Fiorentina.

Quell’anno giocherà da lì in poi quasi sempre (altre 18 volte), andando a segnare una doppietta proprio a San Siro nella vittoria contro il Milan di Rivera, contribuendo alla splendida vittoria contro il Napoli di Altafini e Sivori al San Paolo per 4 a 0 e vincendo poi a giugno la Coppa Mitropa , ma soprattutto la terza Coppa Italia della storia della Fiorentina, proprio nella sua Roma (come avverrà poi nove anni dopo), contro il Catanzaro; ormai in quella squadra i gol dell’eterno e immenso Uccellino Hamrin sono supportati dalle fughe  e la corsa di Bertini, dall’estro e le magie di Chiarugi, dalle giocate di Brugnera e dalla coppia di mezze ali che segnerà la storia della Fiorentina come forse in nessun altro caso: entrambe romani, classe assoluta, Picchio col 10, Claudio con l’8.

Se Picchio è il cervello, è colui che cuce, che pensa, che rimette insieme, che organizza, che tiene insieme gli altri dieci campioni, Claudio è invece la mezzala che parte e conclude, che accelera, che strappa, che ti porta in superiorità numerica, che trova sempre il compagno libero per mandarlo in porta. Dotato di grandi fondamentali, intelligente tatticamente, bravo nel dribbling, si fa conoscere e si afferma per la capacità di alzare la testa dopo aver saltato un paio di uomini e di servire l’assist decisivo. Per Hamrin e Brugnera prima, per Amarildo e soprattutto Maraschi dopo, divenendo un centrocampista moderno, quasi immarcabile, che grazie all’intesa con Picchio occupa grandi spazi di campo e si fa trovare sempre nella posizione giusta per andare a chiudere l’azione offensiva, ma anche a dare mano agli altri compagni nel possesso palla e ne far rifiatare la squadra.

Ha già bruciato le tappe, come del resto gli altri suoi giovani compagni, quando va a vincere lo scudetto nel maggio 1969 a Torino contro la Juve, ormai centrale e fondamentale nel gioco di Pesaola e nella consueta intesa con Picchio; continua a crescere giocando una grande Coppa Campioni (memorabili i match con la Dinamo Kiev eliminata negli ottavi) e fermandosi nei primissimi anni Settanta solo per una fragilità muscolare che lo lascia spesso ai box. Ma negli anni di Liedholm mostra ancora nuove capacità di adattamento a un calcio che sta divenendo pian piano sempre più atletico, costruendo tra l’altro nuove intese con bomber Clerici (al quale fornisce un numero notevole di assist) e soprattutto col nuovo arrivato, il giovane biondo che gioca guardando le stelle e che si chiama Giancarlo Antognoni. E’ proprio anche grazie a Claudio Merlo, ormai nel pieno della maturità, che la giovane mezzala umbra di cui si dice un gran bene, impara molte cose sullo star in campo, sui tempi di gioco, sulla capacità di essere utile per la squadra […]

da MuseoFiorentina.it

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