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La Penna degli Altri

La silenziosa tragedia dello Stadio Luzniki

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Articolo del Lunedì di Mediapolitika. Al centro, questa settimana, la tragedia dello stadio Luzniki. Ecco un estratto.

[…] All’inizio degli anni ottanta l’Unione Sovietica è in grande difficoltà, è una nazione che si sta progressivamente accartocciando su sé stessa, boicottata dagli Stati Uniti (embargo del 1980), arretrata dal punto di vista sociale e tecnologico, al punto che in molti definiscono l’U.R.S.S. come uno stato ancora fermo agli anni sessanta.

[…] E’ il 20 ottobre 1982 quando allo stadio Luzniki di Mosca (ancora denominato Stadio Lenin) scendono in campo i sovietici dello Spartak Mosca e gli olandesi dell’Haarlem per l’andata dei sedicesimi di finale della Coppa Uefa. […] La caratteristica di quella sera è la presenza allo stadio di quasi 20 mila spettatori nonostante il freddo (il termometro dice -8 all’ingresso in campo delle due squadre) e pur essendo ancora in ottobre.

[…] Gran parte dell’impianto è comunque gelato e allora la maggior parte dei tifosi viene concentrata in unico settore, prontamente pulito, asciugato e meglio organizzato prima dell’inizio della partita. La gara, onestamente, ha poco da dire, lo Spartak è molto più forte dell’Haarlem, segna già nel primo tempo con un bellissimo gol del fantasista Edgar Gess, poi bada più a gestire il risultato che ad attaccare, anche perché col passare del tempo il freddo aumenta, gli stessi calciatori (che pure hanno i muscoli già caldi e la circolazione sanguigna ben attiva) battono i denti e qualche pallonata sulla coscia o sulle mani fa più male del solito.

[…] Al minuto 88, però, proprio mentre gran parte dei tifosi sta abbandonando lo stadio a passo lento e con i piedi intorpiditi dal freddo, il difensore Sergej Svecov sigla il gol del 2-0 per lo Spartak Mosca. E’ l’inizio della fine: i tifosi rimasti sulle tribune esultano e le loro urla richiamano quelli che si stavano allontanando, i quali, eccitati e forse risvegliati dall’esultanza, provano a tornare indietro, qualcuno cerca di farlo in fretta, qualcun altro si gira solamente verso il campo, allunga il collo alla ricerca di un segnale, quasi istintivamente, come se voltarsi e rientrare sugli spalti desse vita ad un replay del gol. Nessuno però ci riesce, perché la polizia blocca l’ingresso, quindi i tifosi che stanno tornando indietro fanno di nuovo dietrofront ma si ritrovano incastrati fra quelli che stanno uscendo: urla, imprecazioni, qualche piede pestato involontariamente e il dolore acuito dal freddo, qualcuno che cade e viene accidentalmente calpestato e schiacciato da altri. In pochi si rendono conto di quanto sta per consumarsi, fatto sta che in una manciata di minuti l’uscita dello stadio è presa d’assalto, molta gente resta schiacciata, altri riescono a sfondare il cordone di polizia ma scivolano sul ghiaccio. I tifosi rimasti sugli spalti iniziano ad uscire perché nel frattempo la partita è finita, e allora si rendono conto della tragedia, assistono a scene disumane, a persone che scivolano e ad altre che ci passano sopra come fossero tappeti, altri schiacciati contro le cancellate e che disperatamente agitano le mani per farsi spazio e respirare.

[…] Quando tutti lasciano lo stadio e l’eco delle ambulanze è ormai lontano, sul Luzniki restano le anime di 67 persone, schiacciate dalla ressa come api impazzite, intrappolate in un’arnia troppo piccola per contenerle tutte. Eppure, sui giornali del giorno dopo si legge di qualche piccolo incidente a fine partita, dovuto al suolo ghiacciato e alla troppa fretta di qualche tifoso che voleva tornare in fretta a casa.

[…] La strage viene insabbiata, gli organi di governo impongono il silenzio ai poliziotti che erano presenti allo stadio, mentre i testimoni oculari che provano a parlare con forze dell’ordine o magistratura vengono messi a tacere dopo pochi secondi. L’inchiesta è una farsa, sulla vicenda cala un muro di omertà così alto che ben presto quasi nessuno ha interesse o facoltà di arrampicarsi per vedere cosa ci sia al di là dei mattoni. Per anni e fino al crollo dell’Unione Sovietica, della tragedia del Luzniki non si parla, poi il muro crolla, uno dei primi a parlare è Jurij Pancichin che all’epoca dei fatti era uno dei custodi dello stadio, assunto da neanche un anno, che aveva visto tutto e addirittura cercato di trarre in salvo qualche sventurato tifoso. Pancichin dice che gli fu imposta una verità dalle autorità.

[…] La triste vicenda dello stadio di Mosca ha visto la luce solamente alla fine degli anni ottanta, scoperchiando una verità tenuta nascosta e mettendo in dubbio anche l’esatto numero delle vittime, ad oggi ancora incerto; ufficialmente i morti sarebbero 67 e con altrettanti feriti, ma è altamente probabile che a perdere la vita quella sera di ottobre siano stati molti di più, calcolo impossibile da effettuare dopo decenni. Solamente all’inizio degli anni novanta verrà dato il permesso di erigere un monumento all’entrata dello stadio per ricordare i caduti del 20 ottobre 1982.

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(MEDIAPOLITIKA.COM di Marco Milan)

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