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Bearzot il Vecio primo immenso erede del Paròn

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Enzo Bearzot è stato il secondo allenatore a portare l’Italia in vetta al mondo. Il secondo. Perché i due precedenti campionati iridati vinti dall’Italia, a Roma nel 1934 e a Parigi nel 1938, portarono la firma di uno stesso personaggio, il Commendator Vittorio Pozzo. Sono loro due, gli eroi di un calcio pulito, ad essere primi nella classifica delle presenze sulla panchina della Nazionale. Pozzo ha terminato il suo percorso a 97 partite, Bearzot a 104, primo assoluto.

La precedente storia di calciatore ha permesso al famoso tecnico con la Pipa di raccogliere molta stima. Per la sua serietà, per il suo impegno, per la sua tenacia. Doti canoniche, per un uomo del Friuli Venezia Giulia. Dove nasce, ad Aiello, il 26 settembre, nel 1927.

E’ stato prima atleta della squadra del suo paese poi fu bravo al punto da arrivare in Serie B a soli 19 anni, con la Pro Gorizia. Duttile, poteva essere impiegato sia come difensore, arcigno, che come mediano, capace di costruire, coi compagni di reparto, una diga che avrebbe sollecitato anche un suo futuro, grandissimo tecnico, tale Nereo Rocco, Padova, Milan e Triestina. Prima di rivedersi sotto la gloriosa bandiera del Torino.

A 21 anni Bearzot passa all’Inter perché i dirigenti lo hanno notato, nelle sue 39 presenze e 2 reti segnate nella divisione cadetta. Ma sulla sponda neroazzurra del Naviglio giocò solo 19 gare dal 1948 al ’51. Quindi passò al Catania, di nuovo in Serie B, con 5 gol all’attivo in 95 presenze.

La Serie A era nelle sue possibilità, tecniche e tattiche, per come sapeva trattare la palla, difficilmente sbagliava un passaggio, e per l’innato senso della posizione.

Così il Torino, che 5 anni dopo la sciagura di Superga mirava a tornare grande, lo chiamò nel 1954. Già, l’anno in cui la città di Trieste tornava all’Italia. 65 partite da leone, un gol segnato. Nel 1956 torna all’Inter, per un solo anno, questa volta giocando 27 partite su 30. Dal 1957 al 1964 vivrà solo per il TORO, il Vecchio Cuore Granata. Ed è ancora oggi ricordato, nella prima Capitale d’Italia della storia, da quelli coi capelli bianchi. Smetterà gli scarpini nel 1964, dopo essere stato giocatore di Mister Nereo Rocco. Il triestino di origini austriache, l’anno prima, era stato il primo allenatore italiano a vincere una Coppa dei Campioni, con il Milan, a Wembley, contro il Benfica in rimonta, con doppietta di José Altafini […]

da tag24.it

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