Storie di Calcio

26 dicembre 1973 – A Johan Cruijff il Pallone d’Oro

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Prati) – Partiamo dalla fine, cioè dalla motivazione dell’assegnazione del Pallone d’Oro a Johan Cruijff, e da come questa motivazione viene presentata su “France Football”, il giorno stesso dell’attribuzione di questo prestigioso trofeo.

È il 26 dicembre del 1973. A nome della prestigiosa rivista sportiva francese è Jean-Philippe Réthacker ad essere incaricato di celebrare l’evento. Si tratta di uno dei più grandi cronisti sportivi d’oltralpe, capo redattore di “France Football” e giornalista che nel suo curriculum vanta anche una collaborazione con “L’Équipe”. Per le due testate francesi, Jean-Philippe Réthacker aveva seguito tutte le edizioni dei Mondiali di Calcio a partire dal 1954. Inoltre, per completare la sua presentazione e il suo curriculum, va tenuto presente che questo cronista sportivo è stato anche uno storico del calcio: insieme a Jacques Thierry aveva infatti scritto un libro dall’indicativo titolo di “La Favolosa Storia del Calcio”.

Nel suo articolo dedicato all’assegnazione del Pallone d’Oro a Johan Cruijff, troviamo subito una sua associazione tra questo fuoriclasse olandese e un’altra figura leggendaria del calcio mondiale: Alfredo Di Stefano. Associazione che, come vedremo, verrà ripresa e ribadita anche nella parte finale dell’articolo stesso.

Nelle prime righe dell’intervento di Réthacker leggiamo infatti: “Ed ecco che Johan Cruijff ottiene il Pallone d’Oro per la seconda volta. Un solo calciatore, prima di lui, era riuscito in questa storica impresa: Alfredo Di Stefano. E per di più, va detto che Cruijff ha conquistato questo titolo del 1973 con un distacco impressionante, ottenendo un numero doppio di preferenze rispetto al suo inseguitore, Dino Zoff, l’invincibile portiere della Squadra Azzurra”.

Per completezza di informazione va ricordato che, nella prima metà degli anni Settanta, la squadra di Amsterdam aveva iniziato un ciclo di vittorie nazionali, internazionali e intercontinentali (1970-1973) sotto la guida di Rinus Michels e lo aveva continuato, a partire dalla stagione 1971-1972, con Ştefan Kovács.

Spesso e volentieri nei miei articoli faccio riferimento ad altri autori. Per una volta, invece, ricorrerò alla citazione di un mio testo in cui parlo del calcio olandese di quel periodo: “calcio totale: nuova concezione del portiere, marcatura a zona, tattica del fuorigioco applicata sistematicamente, pressing alto effettuato da più giocatori su un solo avversario, interscambiabilità dei ruoli, circolazione e possesso di palla, fasi di attacco e difesa portate dall’insieme del team sull’intera superficie del campo, centravanti mobile e polivalente”.

Ma, aldilà dello stile di gioco, quella che nel 1973 vinse la terza Coppa dei Campioni di seguito era una squadra fatta da calciatori di grande livello. Grandi individualità, però, che sapevano mettersi al servizio del gruppo. I primi nomi di quella stagione che mi vengono in mente, oltre allo stesso Johan Cruijff, sono: Ruud Krol, Wim Suurbier, Arie Haan, Johan Neeskens, Piet Keizer, Gerrie Mühren e Johnny Rep.

Nel 1973 la finalista di Coppa Campioni sconfitta dagli olandesi fu la Juventus. A quella finale l’Ajax era arrivato saltando il primo turno in qualità di detentore del titolo. Agli ottavi i lancieri eliminarono il CSKA Sofia, nei quarti il Bayern di Monaco (con un secco quattro a zero all’andata) e in semifinale fu la volta del Real Madrid. La Juventus, dal canto suo, aveva eliminato l’Olympique di Marsiglia al primo turno, il Magdeburgo agli ottavi, gli ungheresi dell’Újpest nei quarti e il Derby County in semifinale.

La vittoria dell’Ajax, in finale di Coppa Campioni, contro una squadra italiana, aveva avuto un precedente nell’edizione dell’anno prima. E credo che sia altamente indicativo il fatto che, nel 1972, l’Inter, con un attacco composto da Mazzola, Boninsegna e Jair, in quella partita fosse riuscita a battere il primo corner solo al 70′ e, in tutto l’incontro, non fosse riuscita fare neanche un tiro nello specchio della porta olandese.

Nel caso della finale contro la Juve, pur non essendo così schiacciante la superiorità olandese e pur non avendo i lancieri la brillantezza dell’anno prima, le cronache registrano che fu comunque l’Ajax a tenere il pallino del gioco. Di conseguenza, se è vero che la squadra di Amsterdam vinse solo uno a zero, è anche vero che l’Ajax, in quella partita, corse davvero pochi pericoli.

E così, alla fine di quella stagione l’Ajax aveva visto l’ennesima affermazione continentale. Ma Johan Cruijff, nell’estate seguente, si era trasferito al Barcellona (squadra che con lui avrebbe conquistato il nono titolo nazionale spagnolo). Così, in occasione del suo primo Natale in Catalogna, il “Profeta del Gol” ricevette la notizia ufficiale dell’assegnazione di un secondo Pallone d’Oro (il primo risaliva al 1971).

E allora, per tornare all’articolo in cui Jean-Philippe Réthacker annuncia e motiva l’attribuzione del Pallone d’Oro del 1973, credo sia interessante proporne la parte conclusiva:

“Ancora una volta, Johan Cruijff ha collezionato successi personali e vari titoli nel corso di quest’anno. Non si può certo negare l’influenza che ha avuto sul nuovo trionfo dell’Ajax nella Coppa dei Campioni, sulla qualificazione per i Mondiale dei Paesi Bassi, ormai considerati come facenti parte della élite europea e sulla ripresa, a dir poco sensazionale, del Barcellona che, con il suo arrivo, ha vissuto un vero e proprio rilancio, collocandosi al vertice del calcio spagnolo.

[…] Se consideriamo i problemi fisici che ha avuto e passiamo in rivista i match che ha potuto giocare con l’Ajax e con la Nazionale Olandese, ci accorgiamo che, ad una prima analisi, solo raramente ha avuto un’influenza diretta sul risultato finale, realizzando pochi gol e non sempre segnalandosi per azioni individuali eclatanti. Per esempio, di fronte alla Juventus in finale di Coppa Campioni, fu Rep a segnare il gol della vittoria mentre in casi precedenti era stato proprio Cruijff ad essere stato decisivo in prima persona.

Ma se approfondiamo la disamina, ci rendiamo rapidamente conto che il Cruijff del 1973 ha svolto un ruolo importante all’ombra dei suoi compagni di squadra. Marcato stretto ad ogni occasione, maltrattato dagli avversari, colpito e ferito a più riprese, non sempre è stato in condizione di fare i dribbling o il tiro decisivo. Ma questo campione possiede l’intelligenza e la lucidità del giocatore d’eccezione, che maturando, diventando famoso e quindi attirando il massimo dell’attenzione degli avversari verso sé stesso, sceglie di divenire un regista, un costruttore di gioco.

Ed è per questo motivo che oggi Cruijff può essere considerato un giocatore più completo rispetto al passato […] In questo modo, l’olandese si è avvicinato ancora di più all’ideale modello di Alfredo Di Stefano che, a partire da quest’anno, cercherà di far dimenticare al pubblico spagnolo.

Noi pensiamo che Johan Cruijff, nel corso di questi tre mesi spagnoli, ha dato prova del suo immenso talento. In effetti, il modo in cui lui, giocatore di scuola nordica, si è adattato senza difficoltà al gioco spagnolo e ai suoi ritmi, dimostra senza ombra di dubbio la sua classe e la sua versatilità.

JEAN-PHILIPPE RÉTHACKER

(France Football numero 1.447, dicembre 1973)”.

Questa è dunque la storia del secondo Pallone d’Oro a Cruijff, quello del Natale 1973. A quei tempi non sapeva ancora, “L’Olandese Volante”, che l’anno dopo ci sarebbe stato anche il tris.

 

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