La Penna degli Altri

Addio Agnolin il Professore

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CORRIERE DELLO SPORT (Edmondo Pinna) – Aveva iniziato giocando a basket al San Giuseppe. Perché era amicizia e aggregazione più che passione per il gioco inventato da James Naismith nel 1891. L’amore, quello vero, lo ereditò dal papà Guido, altro fior di arbitro (in serie A, 164 gare) e pure lui internazionale, come lo sarebbe diventato il figlio. Luigi Agnolin se n’è andato dopo aver combattuto (e di battaglie ne ha fatte, e vinte, tante) con una malattia. Aveva preso residenza in Portogallo dove era diventato presidente dell’Olhanense, lui sempre alla ricerca di nuove sfide e avventure (si candidò come senatore nel collegio di Bassano).

LEGGENDA

E proprio come un nuovo inizio, Agnolin aveva cominciato ad arbitrare, per libera scelta e non per imposizioni paterne. La prima partita, nel 1961, la porterà dentro più delle 266 in A, di quelle dirette in due Mondiali (1986, dove fu eletto miglior direttore di gara, e 1990, dove si consumò lo strappo con Blatter). Si giocava Bassano-Marchesane, un derby. Finì per rimanere incantato da quel ruolo, interpretandolo come forse prima di lui era riuscito solo a Lo Bello e, dopo, a Collina. Un rigore dovuto all’autorevolezza, più che all’autorità. La Storia, che spesso si mischia con la Leggenda, tramanda di una famosa frase detta ad un nervoso Bettega in slang veneto in un derby di Torino: «mi te fasso un cesto cusì» e non servono traduzioni. Le proteste a fine partita, i colloqui nello spogliatoio (anzi, fuori dallo spogliatoio), l’ammissione della frase nel referto, unita a quelle dei vari Gentile, Furino, Tardelli. Tradotto: stangati i bianconeri, lui sospeso 4 mesi ma premiato con il «Mauro» a fine anno. Dicono fosse contro la tecnologia: vero, non gli piaceva, «col VAR non mi divertirei più. Ma ben vengano quegli aiuti che servono per raggiungere la verità».

PROFESSORE

Ha guidato i primi mesi dell’Aia post Calciopoli. A chi offriva il proprio appoggio, rispondeva: «Ci sarà bisogno di tutti». In realtà, sia allora, sia quando era diventato designatore di C (con Casarin in A-B), il suo essere troppo «autonomo» risultò decisivo. Ha diretto una finale di coppa delle Coppe (1987, Ajax-Lokomotiv Lipsia 1-0), una di Coppa Campioni (PSV Benfica, 6-5 dcr), il ritorno di una supercoppa europea (Dinamo Kiev-Steaua Bucarest 0-1). Adorava Rivera, è stato dirigente di Roma (il divorzio con Sensi per quell’episodio che vide Aldair sbagliare una rimessa laterale per un contatto con un guardalinee), Venezia, Verona, Perugia, Siena. A Verona, tutti lo chiamavano Professore, lui che era “solo” un insegnate di educazione fisica. Ma nella vita aveva fatto scuola. Addio, prof…

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