HANNO DETTO

Adriano Galliani: “Non arrivò Vialli ma acquistammo Van Basten”

Le parole di Adriano Galliani

Adriano Galliani, ex amministratore delegato del Milan, è stato intervistato dal Corriere della Sera. Un viaggio tra aneddoti legati alla sua vita e al mondo del calcio. Ecco alcuni estratti:

[…]“No. Una vita segnata da una passione: il calcio. Idolo: Alfredo Di Stefano. Nel 1954 ero in vacanza ad Arenzano, scappai di casa per andare in un bar di Genova dove davano la finale dei Mondiali; non mi trovavano più, pensavano fossi annegato. Siccome non sapevo giocare, con i primi soldi divenni comproprietario e dirigente del Monza”

[…]“Era il Capodanno 1986. Sono in vacanza nella villa del presidente a St. Moritz, con Confalonieri e Dell’Utri. Fa un freddo tremendo, usciamo imbacuccati per andare a prendere l’aperitivo al Palace e incrociamo il clan Agnelli: l’Avvocato con la camicia aperta, Montezemolo con il ciuffo, Jas Gawronski elegantissimo, forse Malagò. Al confronto noi sembravamo Totò e Peppino. Condividiamo il tavolo. Alla fine Berlusconi ci dice: “Potremo fare anche noi grandi cose, ma non saremo mai come loro. Ci mancano venti centimetri di statura e il coraggio di esporre il petto villoso sottozero”. Qualche giorno dopo ci propose di prendere il Milan.”

Quando prendeste il Milan salutaste Nils Liedholm
“Avevamo molto rispetto per il Barone. Ma si doveva cambiare passo. Liedholm era la flemma: in ogni albergo voleva la camera 5 o la 113 o quella il cui numero in totale facesse 5. Sacchi urlava nel sonno, stringeva i pugni, lanciava grida disumane. In campo allenava con il megafono. Alla fine gli olandesi non lo sopportavano più.”

Nel libro lei racconta che Sacchi stava per andare alla Fiorentina.
“Lo intercettammo per strada. Quasi impossibile, nell’era pre-telefonini. Accettò di firmare in bianco. Io scrissi 300 milioni, meno di quello che prendeva in B al Parma. Lui pose una condizione: a ogni trofeo me li raddoppiate. L’anno dopo vinse lo scudetto, l’anno dopo ancora la Coppa dei Campioni. Faceva un miliardo e 200 milioni. Che fui felice di pagargli.” 

I rapporti con la Juventus

Il primo grande acquisto fu Donadoni, sottratto ad Agnelli.
“Berlusconi se ne innamorò durante una partita dell’Under 21. Ma stava all’Atalanta, e da sempre l’Atalanta vendeva i giovani migliori alla Juve. Il presidente invitò a cena per la sera dopo i Bortolotti, padre e figlio. Quando uscirono da Arcore, Donadoni era del Milan.”

Lei però rivela a Garlando che Agnelli intervenne per non farvi comprare Baggio.
“Quella volta a Torino andammo in elicottero. Pensavo che ci avrebbero abbattuto. Invece arriviamo a corso Marconi, c’è anche Romiti, e Agnelli ci chiede di rinunciare a Baggio, introduce anche discorsi extracalcistici…”

Quali?
“La fusione tra Rinascente e Standa. Io capisco che Berlusconi ci sta ripensando e intervengo, alzo la voce. Agnelli mi richiama all’ordine: “Si calmi, non faccia così…”. Finì che Baggio andò alla Juve.”

Vialli vi disse di no.
“Avevamo l’accordo con Mantovani, andammo a casa sua convinti di chiudere. Invece ci chiese, quasi beffardo: a Milano c’è il mare? Pensai: sei nato a Cremona, mi stai prendendo in giro? Invece sorrisi: a Milano abbiamo un laghetto bello come il mare. E lui: peccato, senza mare non riesco a vivere. Credo che in realtà Mantovani ci avesse ripensato. Così prendemmo Marco Van Basten. Il calciatore più forte che abbia mai visto.”

[…]Van Basten smise a 28 anni.

“I greci dicevano che gli eroi muoiono giovani. L’avevamo scongiurato di non farsi operare, di convivere con il dolore. Purtroppo l’intervento non riuscì. Agnelli mi chiese il permesso di visitarlo in clinica. All’uscita mi chiamò: non credo che questo ragazzo giocherà ancora a calcio. Purtroppo aveva ragione.”

Prendeste un grande 10, Boban.
“Andammo al ristorante con il padre, un colonnello croato, Marinko, uomo d’ordine. Avevamo davanti una bottiglia di San Pellegrino, e ogni volta lui la ruotava. Gli chiesi perché. “Perché non sopporto di vedere una stella rossa” rispose.”

[…]Com’erano i suoi rapporti con Moggi?

“Buoni, anche se ne avevo di più con il mio omologo, Giraudo. Ma con la Juve non c’era alleanza. C’era convergenza di interessi. Poi sul campo ci si affrontava a viso aperto. Eravamo due squadre fortissime, nel 2003 ci giocammo la Champions.”

Vinse il Milan, rigore decisivo di Shevchenko
“A volte ancora sogno che lo sbaglia.”

L’acquisto dei grandi campioni

[…]Lei nel libro racconta di quando andò a vedere Sheva a Kiev, con un freddo terribile e le prostitute che tentavano di entrarle in camera.

“Dormii con il cappotto e con una cassapanca contro la porta”

Prima di Sheva aveva preso Rui Costa
“Costava uno sproposito, 85 miliardi, e Berlusconi disse no. Io però ho sempre capito quando Berlusconi dice no e pensa no, quando dice sì e pensa sì, quando dice sì e pensa no, quando dice no e pensa sì. Quello era un no che voleva dire sì. Allora presi Rui Costa. Marina lo chiamò alle 7 del mattino: papà, avevamo detto di non comprarlo!”

Poi venne Kakà
“E Rui Costa fece una cosa che non avevo mai visto e non ho mai più visto fare a nessun calciatore. Mi telefonò: “Kakà è molto più forte di me. Mi faccio da parte”

Prendeste anche star in fase calante, come Beckham
“Il contrario della star: mai visto un ragazzo più umile. Restituiva al magazziniere la tuta ben piegata, diceva che nelle giovanili del Manchester gli avevano insegnato così”

E Ronaldo
“Faceva la scarpetta nel vassoio degli spaghetti al pomodoro. Ancelotti lo prendeva in giro: Fenomeno, almeno sai chi ti marca domani? E lui: io no, ma lui sa che deve marcare Ronaldo”[…]

Fonte: Corriere della Sera 

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