Il ricordo di Aldo Bet

Spesso si pensa e si crede che per passare alla storia del calcio occorra essere tecnicamente raffinati, sapere trattare quell’oggetto dei sogni e dei desideri che è il pallone. Fondamentalmente questo è vero, però lo sport, e soprattutto lo sport di squadra, sarebbe nulla senza l’apporto dei cosiddetti gregari. Questi sono i classici uomini di fatica, magari non baciati dalla fortuna di poter sfoggiare una eccelsa qualità tecnica, ma necessari al corpo squadra per far funzionare tutto l’insieme: se cuore e cervello sono importanti, occorrono anche i polmoni e la forza per raggiungere gli obiettivi. Uno di questi rappresentanti fu Aldo Bet, di professione stopper e, appunto, gregario.

Non aveva grande finezza tecnica né ampia visione di gioco, Bet, ma di volontà ne possedeva a vagonate e voglia di arrivare, oltre ad un carattere arcigno e indomito, che gli permise, in carriera, di costruirsi un cammino anche coronato di soddisfazioni e vittorie. Nato nella provincia veneta, Aldo iniziò nelle giovanili dell’Inter per passare poi in prima squadra, nella stagione 1967/1968, ma erano finiti i tempi della Grande Inter e la sua avventura in nerazzurro durò solo quella stagione e otto presenze, prima di passare, al seguito di Helenio Herrera, alla Roma.

Le cinque stagioni in giallorosso lo consacreranno come giocatore affidabile e portarono le prime vittorie della sua carriera, la Coppa Italia nella stagione 1968/1969 e la coppa Anglo-Italiana nel 1971/1972 e, dopo un anno al Verona passò al Milan, dove sarebbe riuscito ad arricchire il suo palmares con un’altra Coppa Italia, ma soprattutto con lo scudetto. E non uno scudetto qualsiasi, ma quello che valse ai rossoneri la stella della decima vittoria, guidati in panchina da Nils Liedholm e in campo da Gianni Rivera, con Bet che fungeva da stopper coperto da Franco Baresi, con a destra un giovane Fulvio Collovati e a sinistra Aldo Maldera.

Fu l’apice di una gioia cui fece da contrappunto la tristezza per la retrocessione a tavolino per il Totonero di due stagioni dopo, anche se il Milan risalì subito in Serie A. Dopo quell’ultima soddisfazione con i rossoneri, l’ultima stagione agonistica nelle fila del Campania Ponticelli, e proprio in Campania, lui uomo del profondo nord, visse gli anni della carriera da allenatore, priva di successi, che partì dallo stesso Campania per passare poi per Nola e Frattese e chiudendosi al Savoia di Torre Annunziata.

Una vita da onesto lavoratore del calcio che, pur con mezzi limitati, è riuscito a scrivere qualche pagina importante di storia.

GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)

 

 

Raffaele Ciccarelli

allenatore di calcio professionista, si dedica agli studi sullo sport, il calcio in particolare, dividendo tale attività con quella di dirigente e allenatore. Giornalista pubblicista, socio Ussi e Aips, è membro della Società Italiana di Storia dello Sport (Siss), dell’European Committee for Sports History (Cesh), dell’Associazione dei Cronisti e Storici dello Sport (La-CRO.S.S.). Relatore a numerosi convegni, oltre a vari saggi, ha pubblicato: 80 voglia di vincere – Storia dei Mondiali di Calcio (2010); La Vita al 90° (2011), una raccolta di racconti calcistici; Più difficile di un Mondiale – Storia degli Europei di Calcio (2012); Il Destino in un Pallone (2014), una seconda raccolta di racconti calcistici; Lasciamoli giocare-Idee per un buon calcio giovanile (Edizioni del Sud, Napoli 2016). Per GliEroidelCalcio in convenzione S.I.S.S.

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Raffaele Ciccarelli
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