La Penna degli Altri

Ottavio Bianchi: “Diego era un grandissimo atleta. Gestire le pressioni che aveva era impossibile”

(HUFFINGTONPOST.IT di Stefano Baldoini)

[…] Ottavio Bianchi ci ha messo una notte a “metabolizzare il dolore” per la morte di Maradona. Lo hanno chiamato subito, dall’Argentina, e ha chiuso il telefono lasciando la figlia Camilla in balia dei giornalisti di tutta Italia, “non risponde più nemmeno a me, inizio a preoccuparmi”.

[…] “Con Diego avevamo una comunicazione strana, personalissima, che nessuno dei due per pudore ha mai fatto trapelare, perché eravamo due caratteri completamente diversi”. […] “Mi fanno sempre la stessa domanda ‘gestire Maradona deve essere stato difficile?’, e io rispondo sempre ‘gestire chi si crede Maradona è stato molto difficile. Guardi, – continua Bianchi – nessun uomo al mondo, anche culturalmente più preparato, anche con estrazione sociale diversa, sarebbe stato capace di gestire la pressione che aveva Diego”. Lungo silenzio. “Diego era solo, povero ragazzo. Aveva il mondo addosso sin da quando era piccolo. A quindici anni era già un passaparola. Tutti approfittavano della sua generosità intellettuale. Diceva sempre di sì”.

[…] “Tentavo di convincerlo a non correre così tanto. Mi rispondeva: ‘Lei ha ragione ma io voglio vivere con l’acceleratore al massimo’. Lì ho capito che non ero in grado di entrare nella sua testa. Lui aveva scelto così, e non potevo farci niente”.

[…] “Le faccio un esempio tecnico, lui raramente sbagliava, ma se lo facevano gli altri non l’ho mai sentito criticare. Non come certi mediocri… Per dire, quando facevo esordire un giovane era felicissimo, gli regalava le scarpe”. Inevitabile parlare di Napoli, dove approdò dopo l’esperienza a Barcellona. Luci e ombre. Un infortunio gravissimo, “di una cattiveria inaudita”. 

[…] “Era un grandissimo atleta. Non un grande atleta, ma un grandissimo atleta. Per prepararlo ai mondiali dell’’86, che vinse, col suo preparatore Fernando Signorini facemmo una specie di tabella, e le assicuro che aveva la flessibilità articolare di Nureyev, era una palla di gomma, aveva tutte le caratteristiche del fuoriclasse: le capacità tecniche, quelle tattiche e quelle fisiche”.

 

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Foto EUROSPORT

Redazione

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