Storie di Calcio

Ciccio Graziani: “Ho un solo rimpianto”

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Le parole di Ciccio Graziani

Ciccio Graziani nasce il 16 dicembre del 1952. Compie 70 anni l’ex attaccante di Torino e Roma che si è raccontato a La Nazione. Un’intervista dove parla della sua vita attuale e racconta anche alcuni aneddoti sulla sua carriera da calciatore.

Ecco le sue parole:

[…]E sul piano sportivo?

“La cosa che mi fa piacere è la stima, l’affetto che ricevo. Potevo fare di più? Non lo so, se mi guardo indietro devo dire che ho avuto molto, lo scudetto, il campionato del mondo. Non ho grandi rimpianti onestamente. Uno solo forse”

Quale?

“Il rigore sbagliato dal sotto­scritto e da Bruno Conti nella fi­nale di Coppa dei Campioni con­tro il Liverpool. Ma poi mi dico che un rigore in un momento co­sì molti non lo sbagliano perché non arrivano mai a tirarlo, stan­chi dopo 120 minuti e con una pressione incredibile addosso. Hanno fallito anche i grandissi­mi come Baggio, almeno una volta”

Torino, Fiorentina, Roma: si di­rebbe che abbia sempre scel­to col cuore, le sue squadre

“Vero. Sono stato otto anni a To­rino, non offendo nessuno se di­co che in maglia granata ho sen­tito un senso di appartenenza unico, oltre a vincere scudetto e titolo di capocannoniere. A Fi­renze ho vissuto un affetto in­credibile, con mia moglie aveva­mo già deciso che ci saremmo stabiliti ad Arezzo, dove c’era la prima squadra che ha creduto in me. E poi giocai in una Roma fortissima, con prospettive di vittoria, furono anni bellissimi”

Mai cercato da una big?

“La Juventus, ma avevo già da­to la parola alla Roma e per me la parola è un impegno sacro. Però Boniperti me lo disse varie volte, che gli era rimasto il rammarico di non avermi potuto in­gaggiare. Ma oltre all’impegno già preso, non avrei potuto an­dare alla Juve dopo gli anni nel Torino, anche se il calcio stava già cambiando”

Parliamo del mundial ’82. Or­mai è chiaro che lo vinse il gruppo, prima della tecnica.

“Siamo ancora in contatto con una chat nella quale ci informia­mo e ci diamo una mano quan­do serve, la verità è che quella era ed è ancora una famiglia. In tutti e due i mondiali che ho vis­suto, compreso quello del ’78, il gruppo era omogeneo. Il mio leader era Gaetano Scirea, un punto di riferimento per tutti, parlava poco, faceva tanti fatti. “[…]

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