Arte & Società

Gianfelice Facchetti: “Mio padre aveva uno sguardo di ammirazione verso Pelé”

Il rapporto tra Facchetti e Pelé

Tra le pagine della rivista Oggi, di giovedì 5 gennaio, potete leggere un’interessante racconto del figlio di Giacinto Facchetti sul rapporto tra il padre e Pelé. Ecco alcuni estratti del racconto:

[…]Siamo allo stadio di San Siro ed è il 12 maggio 1963, Italia e Brasile si affrontano in una partita amichevole che gli azzurri vinceranno per tre a zero. Nello scatto di cui parlo, in mezzo al campo mio padre e O Rei si scambiano una semplice stretta di mano a favore dei fotografi. Entrambi accennano con timidezza un sorriso. È lampante, però, lo sguardo pieno di ammirazione da parte di Facchetti verso il capitano verdeoro. All’anagrafe erano divisi da soli due anni. Il numero dieci brasiliano, però, si presentava alla Scala del calcio come la stella più luminosa del football. Lui che, a soli diciassette anni, si era preso la ribalta, vincendo la Coppa del Mondo in Svezia nel 1958.

Altre volte si sarebbero affrontati. Il punto più alto di quei duelli, resta la finale di Coppa Rimet in Messico nel 1970 vinta dai brasiliani per quattro a uno, l’Italia in lacrime e gli altri a far festa. Pelé e Facchetti decisero che fosse arrivato il momento di smettere più o meno con lo stesso scarto di tempo dell’esordio, tra 1977 e 1978.

Un’occasione speciale

Gianfelice Facchetti continua il racconto parlando dell’ultima volta in cui si sono affrontati…

Non è mancata però un’occasione speciale, un trofeo dedicato all’asso brasiliano, quando anch’io ho potuto vederlo giocare dal vivo. Era il 1987 e in Brasile venne organizzato il Campionato mondiale di calcio over 35, competizione per squadre nazionali composte da giocatori non più in attività. La partita d’esordio mise di fronte proprio Italia e Brasile, come in Messico stessi capitani al centro del campo. Sotto una pioggia torrenziale, vinse la formazione verdeoro per tre a zero e la cosa più bella fu vedere il Maracanà gremito in totale adorazione per il più caro dei suoi figli, il ragazzo che aveva riscattato la più grande tragedia sportiva nazionale, la sconfitta casalinga contro l’Uruguay nel 1950.[…]” 

Fonte: Oggi

Redazione

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