La Penna degli Altri

I romantici “irregolari”, Zigoni: “Non ero come Best: lui era come me”

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FOXSPORTS.IT (Alberto Casella) – […]La sua storia racconta in parallelo quella di un altro calcio, un calcio che oggi non esiste più. Gianfranco Zigoni ha attraversato il pianeta del pallone con una leggerezza e un’eccentricità che ai nostri giorni non sarebbero più possibili né ipotizzabili. Certo anche di questi tempi, in Serie A come all’estero, c’è chi si fa conoscere per bizzarrie ed eccessi, ma essere fuori dagli schemi negli anni 60 e 70 era cosa del tutto diversa.

Zigo, come lo chiamavano i tifosi del Verona, era genio e sregolatezza, ma quella sregolatezza era fatta di pane, salame, vino rosso e uova sode, poi certo c’erano anche belle donne e auto veloci. Era uno dei primi capelloni e le sue scelte di libertà le ha sempre pagate salate, letteralmente – una volta si beccò 30 milioni di lire di multa, roba che allora ci compravi due begli appartamenti, nuovi e spaziosi – nulla a che vedere con certi atteggiamenti da star “viziate” dei tempi moderni.[…]

Geniale e immarcabile sul campo, disincantato e irriverente fuori, non a caso qualcuno lo paragonò a George Best, un parallelo che magari gli avrà anche fatto piacere, ma guai a chiedergli se si sentisse il Best italiano – “Al massimo era lui a essere uno Zigoni all’inglese” – anche se tanti erano i punti in comune col genio di Belfast. Gli piaceva far tardi la sera, mentre alzarsi presto al mattino non faceva per lui: un giovanissimo Francesco Guidolin, suo compagno di camera ai tempi del Verona, era addetto a svegliarlo, ma mai prima delle 10, dopo aver fatto arrivare la colazione: spremuta, latte e brioche. E quando il suo compagno di squadra Logozzo protestò col tecnico Valcareggi chiedendo parità di trattamento, si sentì rispondere che se anche lui avesse avuto i piedi di Zigoni avrebbe goduto dello stesso trattamento.[…]

Sì, questo era Zigoni, prendere o lasciare. E quando qualcuno provava a “educarlo” lo faceva a proprio rischio e pericolo. Ferruccio Valcareggi era stato il ct della Nazionale per otto anni, dal 1966 al 1974, un periodo d’oro per il calcio italiano, un periodo di grandissimi campioni, da Facchetti a Mazzola, da Riva a Rivera, e non era facile arrivare all’Azzurro. Gianfranco ci riuscì una volta – giocò a Bucarest contro la Romania, poi, rimasto in panchina in un paio di occasioni, spiegò al tecnico che tenerlo lì seduto era uno spreco di talento e che quindi evitasse pure di convocarlo. E così accadde. Ma poi i due si ritrovarono insieme al Verona, dove Zigo era un idolo assoluto. Un giorno, esasperato per le sue continue squalifiche, Valcareggi lo escluse dall’undici iniziale e lui, in segno di protesta, si presentò in panchina con una pelliccia di lupo, cappello da cowboy e, vezzo tutto suo, una pistola nei pantaloni […]

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