Storie di Calcio

Il Barone

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A 100 anni dalla nascita un quadro del nostro Antonio Mattera a dipingere il Barone

LA LEGGENDA CHE ALIMENTA LA LEGGENDA
Solo le leggende alimentano altre leggende.
Si racconta di lui l’episodio, risalente alla sua carriera da giocatore, che vuole l’intero stadio di San Siro applaudire a scena aperta il primo passaggio sbagliato dopo un’interminabile serie di partite giocate, da anni, senza commettere neppure un errore.
Oppure quell’altra leggenda che racconta come colpì da fuori area la traversa così forte, ma così forte, che il pallone rimbalzò oltre la metà campo e il Milan rischiò di prendere gol in contropiede.
Oppure ancora che al suo allenatore al Milan, Gipo Viani, quando questi gli ordinava di cambiare la propria posizione in campo, Nils replicava serafico ma deciso:
«Lei comanda fuori dal campo, io sono il capitano e comando in campo».
O ancora che, all’arrivo di Falcao a Roma, fortissimamente voluto da Liddas (che nel brasiliano si rivedeva come calciatore e allenatore in campo) siano rimasti un quarto d’ora a parlare di tattica e posizioni in campo palleggiando con il pallone, senza farlo toccare terra.

UNO SVEDESE NAPOLETANO
Meno leggendaria è la sua passione per la scaramanzia e l’amore per lo zodiaco, e qui gli aneddoti si sprecano davvero.
Le sue tasche, hanno raccontato in molti, traboccavano di corni, polveri magiche e zampe di gallina.
Allo stesso modo la Roma sarebbe andata spesso in “pellegrinaggio” a Busto Arsizio, dove risiedeva il mago-astrologo Maggi, che pare gli abbia anche predetto la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool.
Al “Mago” Maggi avrebbe detto:
«Non dirmi più i risultati delle partite, altrimenti in panchina mi annoio e prendo sonno!»

FUORICLASSE DA SEMPRE
Ma il “Barone”, come lo chiamavano i tifosi, è stato un grandissimo sia come calciatore che come allenatore.
Lo svedese è stato un centrocampista di classe purissima.
Tanto che Il selezionatore della Svezia vincitrice alle Olimpiadi 1948, Rudolf Kock, di lui disse:
«Una squadra di undici Liedholm sarebbe imbattibile»
La carriera in campo, dopo l’arrivo in Italia nel 1949, la trascorse tutta con la maglia del Milan formando l’eccezionale terzetto scandinavo Gre-No-Li insieme ai compagni Gren e Nordahl.
Da giocatore vinse con il Milan quattro scudetti e due coppe latine, e fu uno dei protagonisti della splendida cavalcata della Svezia seconda ai Mondiali del ’58, persi contro il Brasile dell’astro nascente Pelè.
Liedholm, in quella partita, segnò anche un gol!

UN ALLENATORE “MAGICO”
I suoi successi in panchina furono sia con i rossoneri che con la Roma, frutto della sua intelligenza calcistica abbinata a una profonda voglia di rinnovare canoni oramai vecchi.
Infatti, pur non essendone il primo profeta, Liedholm da sempre viene identificato con un sistema di gioco, la “zona”.
Nella sua carriera di tecnico vanno ricordate anche le esperienze con Verona, Varese, Monza e Fiorentina.
Incomincia con il Verona di Garonzi, che nel 1967sta per retrocedere in serie C.
Nessuno crede alla salvezza degli scaligeri, invece l’impresa riesce e l’anno dopo il Verona sale addirittura in serie A.
Un’altra impresa disperata lo attende a Monza, pur esso a due passi dalla C.
E’ di nuovo salvezza, un’impresa che Liedholm ricorderà come la maggiore soddisfazione di tutta la sua carriera in panchina.
Fu, come detto sopra, uno dei primi a introdurre in Italia il gioco a zona, attirandosi all’inizio aspre critiche, poi spazzate via dalle splendide prestazioni della Roma di metà anni ’80, con la quale conquistò lo scudetto del 1982-83, il secondo della storia della società giallorossa.
Da allenatore vinse altri due titoli di campione d’Italia e tre coppe Italia.
Il primo tricolore, ancora con il Milan, nel 1979, che valse ai rossoneri la Stella.
Un miracolo.
A lui si deve la scoperta di Franco Baresi e lo fa titolare nonostante i diciotto anni.
I suoi fuoriclasse, Capello e Rivera, sono agli sgoccioli oramai.
Utilizza al meglio Novellino ed Antonelli, ha un attaccante di movimento, Bigon, ed un’unica punta, l’ex-bolognese Chiodi, che la mette dentro solo su rigore.
E un terzino, Aldo Maldera, che diventa, con 9 reti, il secondo cannoniere della squadra
Eppure crea una macchina che vola sulle crisi altrui e vince lo scudetto.
Il secondo titolo (fortissimamente voluto da Dino Viola, che lo strappò al Milan fresco campione, dopo che lo stesso Liedholm già si era seduto precedentemente sulla panchina giallorossa) lo vince con la Roma di Falcao e Bruno Conti nel1983, fallendo però l’anno successivo la finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool, nella notte maledetta dei rigori e del gran rifiuto di Paulo Roberto Falcao, l’uomo che Liddas volle al posto di un certo Zico, alla riapertura delle frontiere.
A dire il vero, un altro titolo gli viene “scippato”, a Torino, con il fantomatico gol di Turone annullato a due giornate dalla fine, che avrebbe sancito il sorpasso della Roma sull’acerrima nemica Juventus.
Tornerà al Milan poco prima dell’avvento  Berlusconi (che lo sostituirà con Capello alle ultime giornate del campionato1986-87), e poi brevi parentesi a Roma e Verona.

BARONE SI NASCE
Signorile, garbato, con un senso dell’umorismo unico e lieve, capace di sdrammatizzare con una battuta i momenti difficili, ha riempito gli annali della Serie A con aneddoti e frasi ad effetto.
Celebre al sua frase “Il calcio è uno sport semplice, non ci si può stancare. Nessuno è più veloce della palla. Allora se è così perché deve muoversi il calciatore? E’ la palla che deve camminare!”
A renderlo indimenticabile anche un accento nordico ( mitico il suo “Roma jogato bene”) mai sparito del tutto, malgrado oltre mezzo secolo trascorso in Italia, dove una volta lasciato il mondo del calcio gestiva un’azienda vinicola a Cuccaro Monferrato.
Liedholm è bravo anche ad esaltare i giocatori più improbabili con paragoni iperbolici: se a Roma il giovane Persiani ingaggiato dal San Lazzaro a peso d’oro è il «nuovo Antognoni», nel Milan l’ala Tosetto diventa «il Keegan della Brianza» e il filiforme Mandressi «il Resenbrik rossonero».
Morirà nella sua Cuccaro Monferrato il 5 novembre 2007, ad 85 anni.
Lascerà un vuoto incolmabile nel cuore dei tifosi, non solo milanisti e romanisti.
E tanti insegnamenti.
Un signore prima che un campione.
Un educatore prima che un allenatore.
Barone si nasce.

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