HANNO DETTO

Thomas N’Kono: “Sono stato il primo in Europa nel mio ruolo”

L’intervista de La Gazzetta dello Sport a Thomas N’Kono

Thomas N’Kono, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, ha raccontato alcuni aneddoti legati alla sua carriera. Dagli inizi, alla scelta di diventare portiere ed anche al suo rapporto con Gianluigi Buffon. Ecco alcuni estratti:

GLI INIZI: “Facevo l’attaccante, ero grosso e potente. Un giorno, invece, mancava il portiere e mio fratello mi disse di andare in porta. Al tempo si faceva quello che dicevano i fratelli grandi. Era una partita importante in paese, e parai tutto. Alla fine i vecchi venivano a darmi soldi per ringraziarmi”

IL RUOLO DI PORTIERE: “Solo talento. Avevo dentro qualcosa che non sapevo di avere. Qualcosa di straordinario. Così resto in porta e per farmi notare vado a giocare a Edea, a 25 chilometri. Ci andavo a piedi, giocavo, dormivo da parenti, giocavo di nuovo e tornavo a casa. Finché in un torneo estivo di rilievo mi nota il signor François, il mio primo benefattore, che mi porta all’Eclair di Douala, in seconda divisione. Subito titolare, vinciamo e siamo promossi”.

SPAGNA ’82: “Eravamo fortissimi. Ci preparammo in Germania, dove al tempo potevamo entrare senza visto. Enzo Bearzot era venuto a vederci in Libia, alla Coppa d’Africa, e disse che non eravamo gran cosa. Si sbagliava e volevamo dimostrarlo al mondo. Eravamo una generazione eccezionale, il blocco del Canon (squadra di Yaoundé, ndr) più Roger Milla, che era in Francia. Lui era un fenomeno, rapidità, intelligenza, senso del gol, carisma. Ci lasciammo comprare dall’Italia? Falso. Non si scambia l’onore con il denaro. Giocavamo per il paese e per noi stessi. Avevamo un orgoglio incredibile, è una storia assurda che non ha alcun fondamento”. 

L’AVVENTURA CON L’ESPANYOL:

“Sono stato il primo nel mio ruolo ad arrivare in Europa, e mica era facile vivere qui. Lingua, clima, abitudini. Il razzismo? Quello era parte del pacchetto: “È il prezzo che devi pagare”, mi dicevano con totale tranquillità. Come se fosse incluso nell’opportunità che l’Europa aveva dato a un portiere africano. Me ne dicevano di ogni, e io ho imparato a farmi scivolare addosso tutto. Quando tanti anni dopo ho vissuto la stessa storia con Carlos Kameni, portiere camerunese che ho avuto qui all’Espanyol, gli dicevo sempre: “Carlos non permettere agli altri di rovinare il tuo sogno e la tua vita, è ciò che vogliono, non dargli questa soddisfazione”.

ITALIA ’90 E LA VITTORIA CON I CAMPIONI DEL MONDO: “La vinciamo prima di iniziare. Visto che c’era la cerimonia inaugurale ci avevano fatto scaldare dentro, in uno stanzone. Eravamo lì e gli argentini cominciarono a cantare. Ci guardammo, stupiti. Il canto e il calcio in Africa sono una cosa sola. Attaccammo noi e tempo 5-10 minuti loro se ne andarono. Li avevamo sovrastati, distrutti”.

IL COMMENTO SULLA SEMIFINALE SFUMATA: “Inesperti. Continuavamo ad attaccare. Volavamo, stavamo facendo un Mondiale incredibile, gli inglesi erano alle corde. ma avremmo dovuto gestire i minuti finali. Invece andammo ai supplementari e perdemmo per 3-2″.

IL RUOLO DA PREPARATORE DEI PORTIERI:

“L’ho fatto per 10 anni. Mi sembrava giusto restituire alla mia Nazionale qualcosa di quanto appreso in Europa. Ora tanti africani dopo la carriera qui tornano a casa per provare a migliorare le cose”. 

SU BUFFON: “Lo conobbi a Parma quando andai a trovare Mboma. Mi disse che vedendomi al Mondiale del ’90 decise di fare il portiere. Lo invitai al mio addio al calcio e lui accettò. Pensavo lo dicesse per farmi piacere, e invece venne a giocare due partite e rimase una settimana in Camerun con sua sorella e il cognato. Un gesto straordinario di un tipo straordinario”.

Fonte: La Gazzetta dello Sport

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