Storie di Calcio

La legge della verticalità

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Manuel Cordero)

La verticalità è conforme alla struttura stessa del campo da calcio. Infatti, rappresenta la via sintetica e diretta per raggiungere la porta.

Sappiamo che ai primordi il calcio si sviluppava in violenti mischie e azzuffate. Prima di una normalizzazione, ben specifica, attraverso cui si riqualificò questo stato naturale. 

Sia il kick and rush che il passing game furono i mezzi che si resero utili per “rompere la mischia” (gergo rugbistico). 

Inoltre, il pallone fu inteso come l’oggetto del desiderio e da qui il bisogno di possederlo.

Dalla metà dell’ ‘800 fino ai giorni nostri (nei quali si sta creando quasi una immobilità schematica e spaziale) possiamo dire che si stia definendo la scientificità calcistica.

Abbiamo già parlato abbondantemente della Scuola Danubiana, ma è da lì che questa scienza nasce.

Basterà prendere in esame il solo movimento di Hidegkuti, il centravanti arretrato della Grande Ungheria, per far capire, in poche righe, cosa si intende nella teoria spiegata sopra.

Immaginiamo due MW. Immaginiamo le perfette coppie di marcature che si formano sul campo, ma anche l’effetto di questa uniformità, cioè la staticità, l’immobilità. Immaginiamo di dover rispondere al quesito semplice e vero che ci poniamo: “Come posso far gol?”.

Marton Bukovi rispose a tale domanda. Arretrare Hidegkuti fino a centrocampo. Così da sguarnire le difese avversarie. Così da formare feritoie, spazi. Così da “rompere la mischia”.

Le mezze ali si inserivano nello spazio libero lasciato dal centravanti. I terzini spingevano. Uno dei due mediani arretrava per non lasciare sguarnita la linea difensiva.

Comunque, come ogni funzione, lo schema MM ne disegna anche il limite. Qua bisognerebbe aprire la discussione sul fatto che il tecnico, figura che ormai ha sostituito in toto l’allenatore, dà importanza allo schema e non al principio, rischiando, cosa che sta accadendo, di fossilizzare il gioco. Poiché il principio stesso della funzione è la fluidità, ciò evidenzia una apparente contraddizione.

Questa discussione rientra all’interno dell’argomento qua trattato, ma sarà meglio approfondirla tra le righe di un altro articolo. Basti sapere, al momento, quello poco sopra scritto.

Il tema di quest’articolo, invece, è la legge della verticalità. 

Infatti, l’Aranycsapat, col movimento del centravanti, cercava di creare spazi, ma di crearli nella zona valutata come ad alto rischio: quella centrale. Tracciando la linea più sintetica e diretta per arrivare in zona gol.

Totaalvoetbal e Tiki taka

Apportare pressione significa annullare, “rompere” la stessa. C’è nella ricerca dell’aggressività, del pressing alto, del gegenpressing organizzati il desiderio dello stato di controllo, di governo del gioco: una rottura costruttiva.

Il calcio può essere riassunto in tre parti:

  • Ottenere la palla: pressing.
  • Rendere disordinate le difese: passing game.
  • Verticalizzare: “saltare” la pressione.

Il Totaalvoetbal e l’odierno Tiki taka rendono bene questa idea. Lo sviluppo della manovra, che pare aggirare l’avversario, punta, in realtà, a saltarlo, pressarlo, ma anche ad allentarne, attraverso l’abitudine al ritmo (possesso palla), lo stato d’allerta. Per far ciò servono tre principi:

  • Il principio di spazialità: cioè conoscere esclusivamente lo spazio, squalificando il rapporto di valenza negativa-positiva dell’uomo e del pallone. Per esempio, il Feyenoord di Ernst Happel usava accorciare lo spazio per sezionarlo (questo il termine giusto e non “creare spazio”). L’accorciamento e il sezionamento, che noi chiamiamo “contromovimento” e “inserimento”, erano utili per scompigliare le difese e ricevere palla. In tal modo si poteva creare un possesso e una verticalità. Inoltre, era utile anche per il pressing. Saper accorciare e sezionare lo spazio garantiva e garantisce una maggiore percentuale di recupero del pallone. In quanto consta di una conoscenza “spaziale”.
  • Il principio di convergenza: prendendo sempre a esempio il Feyenoord di Happel, gli stessi “contromovimenti” e “inserimenti”, che sezionavano lo spazio, portavano alla costruzione di una manovra che avvicinasse il più possibile gli esterni alla porta e facesse attaccare alle mezze ali la zona centrale. Questo serviva a rendere verticale lo scopo dello schema che, altrimenti, si sarebbe ampliato e avrebbe limitato la funzione. Dunque, la fluidità. Al contrario, cioè senza palla, portava all’accerchiamento dell’avversario e ad un contropressing immediato.
  • Il principio di agonismo: tutto ciò che concerne la parte fisica per il mantenimento dei ritmi (alti per questa tipologia di gioco). Dunque, ad esempio, l’aggressività nel pressing, nelle marcature preventive e nella determinazione con cui concludere l’azione.

Tutto questo per creare un controllo continuo del match. Perché da quando il calcio è nato, l’unico vero obiettivo è sempre stato la solidità.

Mettere più gol possibili tra sé e il proprio avversario rappresenta il dato che la garantisce.

Il pressing alto e il possesso palla strutturano. La verticalità conduce.

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