La Penna degli Altri

La partita che fermò la guerra

Published

on

REPUBBLICA VENERDI’ (Fulvio Paglialunga) – […] una favola di Natale per appassionati di pallone. Comincia così: ci fu un giorno, durante il primo conflitto mondiale, in cui il calcio fermò le armi. È un grande racconto collettivo costruito con le lettere spedite dal fronte e le poche testimonianze dirette arrivate fino a noi. “Uno degli inglesi ha portato un pallone dalla sua trincea e ha dato il via a una vivace partita di calcio. Era tutto così meraviglioso, così strano”, scrive Kurt Zehmisch, soldato appartenente al 134° Reggimento Reale Sassone.

Era il giorno di Natale del 1914 […] “Quella partita è una specie di mito” mi dice John Foot, storico inglese, scrittore e cultore del calcio: “Soldati che parlano lingue diverse e usano il calcio come linguaggio comune. È la vera forza del calcio: la sua semplicità. Basta una striscia di terra per giocare”. L’hanno chiamata la Tregua di Natale: nella notte tra il 24 e il 25 dicembre i soldati tedeschi accesero delle lucine, intonarono canti natalizi, uscirono dalla trincea dicendo “voi non sparate, noi non spariamo”, le truppe si vennero incontro, si strinsero la mano, tirarono fuori le foto dei familiari, si scambiarono sigarette, cioccolata, regali improvvisati. Poi all’alba comparve un pallone. A Ploegsteert, tra Lille e Ypres, furono gli inglesi a lanciare il segnale per una sfida nel gioco di cui loro sono inventori. Lo dice Zehmisch in quella lettera così piena di stupore, e lo raccontano tutti quelli che poi si sono fatti strumenti di un passaparola durato oltre cento anni. La prima lettera fu pubblicata dal New York Times il primo gennaio del 1915, scritta da un medico anonimo della Rifle Brigade […]

Le porte furono delimitate dai cappotti e dagli elmetti, i bordi del campo dai soldati che guardavano la partita. Da una parte le divise grigie dei sassoni, dall’altra le uniformi kaki dei britannici. […] Tra i documenti menzionati anche un reportage della Nazione, pubblicato il 3 gennaio del 1915, più tramandato che conservato: «All’alba potemmo anzi combinare una partita di football. Mai più squisita cortesia regnò giuocatori di due teams. Però intanto, all’intorno, vari compagni nostri erano caduti per lo scoppio di qualche shrapnel venuto da lontano e sospendemmo la partita per seppellire i morti, a cui da entrambe le parti furono resi gli estremi onori».

[…] Su ogni appunto giunto dal fronte, che ricostruisce la Tregua di Natale, si sono confrontati storici entusiasti e colleghi scettici, ma il calcio è sempre presente e semmai cambiano i particolari: il pallone forse era una scatola di manzo, forse un insieme di stracci, forse un pallone vero e proprio. “Non è nemmeno più importante se è accaduto davvero e come – aggiunge Foot – quella partita è un sentimento. Morirono in milioni, in guerra, ma si parla di questo episodio perché fu potente il messaggio. Quelle persone due ore dopo tornarono a spararsi addosso, ma per un attimo si erano fermati. E potevano fare qualsiasi cosa, ma invece scelsero di giocare a calcio, il mezzo più bello e immediato […]” .

[…] Sempre Kurt Zehmish, nei suoi diari scrive che finì 3-2 per i tedeschi. Lo dice anche Robert Graves, poeta e scrittore – in forza alla Royal Welch Fusiliers durante la prima guerra mondiale – che pubblicò un racconto nel 1962 condito anche di fantasiosi dettagli: «Il reverendo Jolly, nostro padre, ha fatto l’arbitro, ci hanno battuto per 3-2. Ma il padre aveva mostrato troppa carità cristiana – il loro esterno sinistro ha segnato il gol decisivo, ma era a miglia di fuorigioco e lo ha ammesso». E comunque i tedeschi continuano a difendere il risultato. […]

 

più letti

Exit mobile version