La Penna degli Altri

L’addio a Frosio …

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L’addio a Frosio …

“Se ne va una colonna portante del Perugia che nella Serie A del 1978-79 non perse una partita e contese fino all’ultimo lo scudetto al Milan di Nils Liedholm e Gianni Rivera. Pierluigi Frosio interpretava in chiave moderna il ruolo di libero. Un difensore-centrocampista, abituato a costruire e ad avanzare, a scambiarsi le posizioni con il numero 10, Franco Vannini detto il Condor. Se a febbraio di quel 1979 Vannini, vittima di un tackle “criminale”, non si fosse fratturato una gamba e la carriera, forse il Milan avrebbe ritardato l’appuntamento con la stella del decimo titolo. Frosio, in chiave Nazionale, scontò la sfortuna della concorrenza: Gaetano Scirea era il libero della Nazionale e il giovane “nascente” Franco Baresi ne avrebbe raccolto l’eredità. È il motivo per cui Frosio non ebbe mai la soddisfazione di una presenza in Nazionale”

Gazzetta dello Sport

” […] lario Castagner adesso si sente un padre condannato a seppellire i figli: «È una beffa che i miei ragazzi se ne vadano prima di me, ma nel mio cuore ci starete sempre tutti. Oggi a te vadano le mie preghiere e il mio saluto. Addio mio Capitano». Il Capitano era Frosio. In verità lo chiamavano Colonnello, dato che allora eravamo tutti meno corretti e più spudorati. Oggi chiameremmo Frosio il Comandante, che è più epico e non impegna. Quel Perugia del resto, anche se il compagno Sollier non ci giocava più, era trasversale socialmente e tecnicamente. Frosio giocava libero. Un ruolo che non aveva inventato lui, certo; però Castagner glielo aveva creato appositamente al centro e alle spalle della difesa di una squadra che fino alla stagione precedente giostrava in tutt’altro modo. Frosio là dietro era perfetto: faccia pensosa, movimenti fluidi, l’impermeabilitä alla sofferenza di chi aveva provato a fare il corridore ciclista e non essendo vincente si era abituato ben presto a segare il vento aspettando che chi poteva scattasse. Inoltre, l’energia fisica di uno che prima di scoprirsi calciatore professionista piegava le lamiere …”

Corriere dello Sport

” fu Ramaccioni a portarlo al Perugia, grazie a quel fiuto nello scoprire di talenti, che non lo ha mai abbandonato: «Quando i dirigenti del Perugia, che avevo conosciuto in occasione della cessione di Benini, al mercato autunnale, mi chiamarono per collaborare con Castagner nel fare una squadra che non rischiasse più la retrocessione, pensai subito a Frosio. Borsellini, che aveva sostituito Radice, aveva voluto Danova e per Piero non c’era più tanto spazio; avrebbe dovuto accontentarsi di fare la riserva e gli proposi di seguirmi al Perugia […] Ramaccioni pur lontano da Perugia continua ad informarsi, il fratello gemello Tommaso gli racconta tutto. Ora da Monza lancia un appello: «Perugia è stata straordinaria nel ricordare i suoi eroi, Curi continua ad essere nel cuore di tutti, ora occorre dare un ricordo perenne anche a Ceccarini e Frosio. Non voglio prevaricare nessuno, ma l’Amministrazione comunale e il Perugia calcio hanno l’obbligo di rispettare la professionalità e la fedeltà del Tigre e del capitano. Intitolare loro gli spogliatoi del Curi è una ottima idea, per loro in quegli anni è stata la loro seconda casa».

Umbria24.it

“Frosio visse quell’epoca bella, sfiorando il titolo portato via infine dal Milan. Fu il tempo delle sorprese belle e della tragedia di Renato Curi, sotto il cielo di nero fumo dello stadio che stava e si chiamava Pian di Massiano. Quando tornava a quel giorno, a quel fotogramma, alla barella che portava via il suo sodale e amico, gli occhi di Piero cambiavano luce, il tono della voce si abbassava nel rispetto e nel dolore tenuto a freno da allenatore provò a portare le idee di campo, senza mai spacciare un calcio radicale e perfetto, andò in giro per l’Italia, trovando fiducia e abbandoni da repertorio in questo mestiere strano. Da opinionista in tivvù mai lo vidi e lo udii alzare la voce, sapeva giocare da libero anche davanti alle telecamere, ogni parola era una riflessione, il fisico austero suggeriva rispetto massimo e insieme l’ascolto attento”

ilGiornale.it

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