La Penna degli Altri

Marco Negri: “Mi dispiace non sapere come sarebbe andata la stagione senza l’infortunio all’occhio”

(ILPOSTICIPO.IT di Simone Lo Giudice)

Intervista de Il Posticipo a Marco Negri, attaccante di razza capace di segnare la storia dei Rangers di Glasgow. Ecco un estratto.

[…] Lei dove e quando ha cominciato a giocare calcio?

[…] “Ho cominciato a 13 anni in una piccola squadra. Poi ho fatto i provini e sono stato preso sia dall’Udinese che dalla Triestina, la prima ipotesi però era quella più interessante. Ho fatto tutta la trafila e ho esordito a 17 anni in B con l’Udinese di Sonetti: ho fatto poche presenze, ma abbiamo vinto il campionato. È stato il mio inizio”.

[…] Lei ha avuto molti maestri: Zaccheroni è stato il primo?

[…] “Mi ha allenato a Bologna per un brevissimo periodo, poi è stato esonerato. Ho vissuto Zac per davvero a Cosenza. Al mister dico sempre che l’ho lanciato io nel grande calcio coi miei gol. È una persona molto intelligente. Tatticamente era all’avanguardia. Al Cosenza in attacco costruivamo tante occasioni da gol col suo gioco. Quando fai 19 gol gli addetti ai lavori si segnano il tuo nome: così è stato per me”.

[…] Allegri invece?

[…] “Abbiamo fatto insieme una strepitosa cavalcata dalla Serie B alla A che mancava da 25 anni. C’era grande feeling tra Allegri e mister Galeone. Max era il nostro allenatore in campo, dettava i tempi di gioco. Che avrebbe vinto così tanto e che sarebbe diventato uno degli allenatori più ambiti in Europa però ha sbalordito anche me”.

[…] Nel 1997 lei è andato ai Rangers con altri quattro italiani: è stato un aiuto per lei?

[…] “C’erano Porrini e Lorenzo Amoruso, Gattuso ci aspettava là, poi c’era Luigi Riccio che oggi fa il secondo a Rino”.

[…] Gascoigne vi aiutava con l’inglese? Lui conosceva l’italiano…

[…] “In Italia per la cena arrivavamo puntuali in tuta alle 19.30. Chi sgarrava doveva pagare la multa. Una volta in Scozia, il giorno prima di una partita, ho visto l’ascensore aprirsi e uscire Gazza in mutande e con una canottiera, non aveva nemmeno le ciabatte. È entrato in sala, ha salutato tutti. Si è messo due tramezzini nelle mutande, poi ha preso un po’ di frutta e un po’ d’acqua. Ha detto “See you tomorrow” ed è tornato in camera. Il giorno dopo ci ha fatto vincere giocando da solo e facendo cose meravigliose. Gascoigne poteva fare quello che voleva”.

[…] Rimpianti per come è finita la sua avventura coi Rangers?

[…] “È stato come andare sulle montagne russe. Sono partito a 200 all’ora, al mio arrivo andava tutto alla perfezione. Ho scritto un po’ di record: cinque gol in una partita, ho segnato per dieci gare consecutive, ho fatto 23 gol in 10 partite, 30 entro dicembre. Nel ’98 c’erano anche voci di una mia possibile convocazione in Nazionale: indossare una volta la maglia azzurra mi avrebbe fatto piacere, era anche l’anno dei Mondiali”.

[…] E poi che cosa è successo?

[…] “Il 5 gennaio 1998 era un mercoledì e quel giorno in Scozia non ci si allena. Quel giorno sono andato a giocare a squash con Porrini che ha dimostrato di avere le mani peggio dei piedi e mi ha tirato una pallina a più cento all’ora nell’occhio. Ho subito il distacco della retina, ricordo il sangue nell’iride, forte mal di testa e flash. Ho passato due mesi di inattività. Non potevo viaggiare in aereo per la pressurizzazione della cabina, non potevo allenarmi. Andavo in giro a Glasgow con degli occhiali da sole di protezione. […] From hero to zero, dicono in Scozia. Mi dispiace non sapere come sarebbe potuta finire quella stagione senza l’infortunio”.

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Redazione

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