Storie di Calcio

Massimo Maestrelli: “Babbo sapeva prendere quel gruppo”

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Massimo Maestrelli e gli aneddoti dei rapporti del papà con i suoi calciatori

Tra le pagine de La Repubblica sezione di Roma, di giovedì 6 ottobre, c’è un’interessantissima intervista fatta a Massimo Maestrelli il figlio di Tommaso. In questo racconto vengono descritti i rapporti che l’allenatore aveva con i suoi calciatori. Ecco alcuni estratti:

[…]Arriva il turno del capitano Wilson: “Pino era l’uomo più rappresentativo, l’unico ad avere un certo potere anche su Giorgio (Chinaglia, ndr). Una volta Walter Novellino, ai tempi giocatore avversario, si ri­volse a Babbo in modo poco edu­cato mentre stava dando le ulti­me indicazioni tattiche prima di una partita. Pino, dopo dieci mi­nuti, gli fece un’entrata durissi­ma. “Se la prossima volta ti per­metti di offendere il mister non ti faccio più giocare a calcio”, gli dis­se. Alla fine Novellino si scusò, ma Wilson rispose che non scherzava affatto”

Il ricordo emozionato di Luciano Re Cecconi: “Lo conosce­vamo dai tempi di Foggia. Babbo in genere non voleva che noi fre­quentassimo i giocatori, però Cec­co lo vedeva in maniera diversa. Spesso veniva a casa nostra e una volta alla settimana, la sera, passa­va a prendere me e Maurizio e ci portava al cinema” È la volta di Giorgio Chinaglia, come un figlio per Maestrelli: «Babbo lo portò a dormire da noi perché il clima in città era pesante, centinaia di tifo­si romanisti lo avevano aspettato sotto casa sua. Giorgio li aveva sfi­dati». E ancora: «Quando io e Mau­rizio decidemmo di andarlo a tro­vare a New York, negli anni ’80, fummo suoi ospiti in discoteca, il mitico Studio 54. Vedevi una fila di quattrocento persone in attesa di poter entrare. Invece a noi bastò essere insieme a Giorgio e, in un attimo, porte spalancate. Era una celebrità». […]

Maestrelli e il gruppo

Ma come riuscì Maestrelli a uni­re un gruppo di ragazzi apparen­temente ribelli e inconciliabili? “Una volta, prima di una partita, a notte fonda i soliti quattro erano ancora tutti chiusi in una stanza a fumare, bere whisky e giocare a carte. Papà li sentì, aprì la porta ed entrò, chiedendo di potersi uni­re al tavolo. Aveva capito che do­vevano sfogarsi così. Sapeva pren­derli. Il ritiro della domenica sera all’Hotel Americana ad esempio era la loro “pizzata” dopo ogni ga­ra. All’inizio i giocatori non erano molto entusiasti, ma poi hanno ca­pito lo spirito della cosa: Babbo co­munque conoscendoli qualche so­spetto ce l’aveva, infatti chiedeva al team manager Gigi Bezzi o al dottor Ziaco di controllare che nessuno uscisse di nascosto. Cosa che qualche volta accadde”

Una squadra che attirava curiosità

Quella Lazio era una squadra che attirava attenzioni e curiosità. An­che insospettabili: “Una sera ci chiamò a casa Eduardo De Filip­po, voleva conoscere Babbo a tut­ti i costi e lo invitammo a cena. Un’altra volta arrivò la telefonata del Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Come se oggi Mattarella telefonasse a casa di Sarri. Chiese a papà la cortesia di ospitare il figlio, tifoso laziale, du­rante un allenamento”

[…]La delu­sione più forte fu lo Scudetto per­so all’ultima giornata nel maggio del 1973. Maestrelli, tornando a ca­sa, non proferì parola. Massimo, tuttavia, ricorda benissimo quelle che Tommaso pronunciò qualche tempo dopo: «Quando venne stila­to il calendario della stagione suc­cessiva, Babbo era sicuro che avremmo vinto. Gli chiesi il moti­vo. Lui mi disse di guardare le da­te d’inizio e fine campionato. Si partiva il 7 ottobre, il giorno del suo compleanno. L’ultima giorna­ta invece era in programma il 19 maggio, quando siamo nati io e Maurizio. Se lo sentiva”

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