La Penna degli Altri

Morte di Re Cecconi, i dubbi di Maestrelli jr

Published

on

CORRIERE DELLA SERA (Fabrizio Peronaci) – Massimo Maestrelli, figlio del Mister dello scudetto laziale del 1974, racconta al Corriere della Sera i tristi momenti dell’uccisione di Re Cecconi e i suoi dubbi sulla dinamica. Di seguito alcuni passi:

“Io c’ero, fuori da quella 1 gioielleria. Era buio, faceva freddo. Babbo ci aveva lasciato da poco più di un mese e in quegli istanti, steso su un marciapiede vicino casa, in attesa dell’ambulanza, se ne stava andando anche Cecco”

[…] “… Avevo 14 anni. Quella sera io e Maurizio (ndr il fratello gemello) tornavamo dalle ripetizioni di latino da casa di nostra cugina Bina. Man mano che ci avvicinavamo, il brusio cresceva. Arrivati davanti al negozio, infilandoci nella folla, capimmo: Cecco era stato portato fuori. Facemmo in tempo a guardarlo in viso e a chiedergli cosa fosse successo. Lui ricambiò con lo sguardo dolce. Ma non parlò, era stordito…Ci legava un affetto fortissimo. Babbo non voleva che i suoi calciatori avessero contatti con noi figli, soprattutto per evitare storie con le mie due sorelle, ma con lui aveva fatto eccezione”.

[…]”L’ambulanza non arrivava e Cecco fu caricato su un’auto. Tornammo di corsa a casa, tra le braccia di mamma, a raccontarle cos’era successo, ma l’aveva già saputo da un’edizione speciale del tg. Poi tutti noi Maestrelli andammo al San Giacomo, ma Cecco era volato via».

[…] “se fossimo arrivati 5 minuti prima, Cecco si sarebbe fermato a parlare con noi e sarebbe vivo”.

[…] “Ci fece male la superficialità di chi volle liquidare il tutto parlando del solito gesto stupido di un calciatore. L’opinione pubblica era innocentista, l’orefice fu assolto. Noi non eravamo nella gioielleria, ma sono sicuro che Cecco non disse nulla, né tantomeno “questa è una rapina!” Non era nelle sue corde. Entrò con le mani in tasca e il bavero alzato per il freddo. Ghedin fece a tempo ad alzare le mani, vedendo la pistola, Cecco no: il suo tentativo di scansare il colpo fu fatale, perché espose il petto al proiettile. Se fosse stato fermo…”

[…] “Quanto accaduto a Luciano ha influito sulla vita della città. Oggi chiunque sa chi è stato Cecco: un uomo sano, pulito, di grandi valori. L’unico di quella Lazio che dopo gli allenamenti faceva qualche giro di campo in più per assaporare l’odore dell’erba, sentire il tono dei muscoli, il respiro dei propri polmoni” […]   

Articolo pubblicato dal Corriere della Sera del 28 10 2019

più letti

Exit mobile version