Storie di Calcio

Quando Baggio non era ancora Divino

GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)

Ne abbiamo scritti tanti di articoli su Roberto e molti li ha scritti il sottoscritto. Gli abbiamo perfino dedicato una puntata della nostra serie podcast “La voce della storia”.

Sarà per quella passione per il calciatore e l’uomo esemplare, sarà per quel lato romantico di giocatore d’altri tempi, sarà per i ricordi legati ad una generazione cresciuta con l’ascolto del calcio, raccontato alle radioline.

Oggi, per i suoi 55 anni, mi sembrava superfluo scrivere l’ennesimo pezzo che esaltasse le sue doti incredibilmente eccelse. Non ce n’è bisogno, sarebbe solo una ripetizione noiosa e non originale.

E allora mi sono andato a guardare i pezzi che la principale rivista sportiva italiana gli dedicava esattamente 30 anni fa, quando Baggio non era ancora il Divin Codino e del mito si intravedevano soltanto le speranze.

In quell’articolo di Salvatore Lo Presti c’era l’attesa, il desiderio, la voglia di costruire una carriera che non si fermasse soltanto ai piazzamenti, alle belle parole, ai secondi posti ma tentasse di raggiungere i trionfi, personali e di squadra.

Roberto, quel 18 Febbraio del 1992, avrebbe compiuto 25 anni, giro di boa di ogni grande campione, punto di svolta che poteva condurre all’immortalità o alla normalità.

A lui non bastavano più i gol in serpentina davanti agli occhi stupefatti dell’Olimpico o il ricordo di una interminabile partita europea contro l’Atletico Madrid. Baggio voleva il massimo:

“Sono stufo di essere un piazzato, voglio vincere qualcosa di importante, finalmente. Ho dei ricordi bellissimi ma questi momenti non mi hanno dato tutto, non mi bastano più”

In quel desiderio di successo era racchiusa la sua consapevolezza che forse quel mondo non gli appartenesse più di tanto e che le sue ginocchia non avrebbero retto ancora molto a lungo:

“Non so se reggerò altri cinque anni in un calcio così stressante ma al momento opportuno, prima di decidere, dovrò sentirmi dentro il desiderio di continuare”

Giovanni Trapattoni, che del Divino cercò di essere il mentore bianconero, ebbe modo di descrivere le caratteristiche di quel ragazzo non ancora leader, lasciando intravedere un futuro senza eguali:

“Ragazzi, io, Trapattoni Giovanni, li ho marcati i grandissimi, i Pelé, i Rivera. Ho avuto i Platini, ho studiato gli Zico, i Maradona: e dico che Baggio ha tutto per diventare come loro: creatività, genialità, classe”

Auguri Roberto!

Andrea Gioia

Classe '83, viaggiatore instancabile ed amante del calcio e dello sport tutto. Una Laurea in Comunicazione, una tesi sul linguaggio giornalistico sportivo degli anni '80 ed una passione per il collezionismo, soprattutto quello inerente la nazionale italiana. Alla sua attività turistica, associa collaborazioni con giornali del mondo travel. Testata preferita: GLIEROIDELCALCIO.COM"

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