Storie di Calcio

Tutto l’Oro di Napoli

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Il Napoli del Pibe, tutto l’Oro di Napoli …

Garella, Ferrario, Renica, Bruscolotti, Ferrara, Romano, De Napoli, Bagni, Maradona, Giordano e Carnevale, una formazione leggendaria, quella del primo storico scudetto del Napoli. Questo racconto parte da qui, da questi undici giocatori che resero possibile una cosa che in anni passati aveva assunto le fattezze di un’enorme montagna da scalare a mani nude.

Il Napoli del Pibe che si aggiudicò lo scudetto della stagione 86-87, era una squadra che riuscì a incarnare, in tutte le sue sfaccettature, il riscatto sociale di tutto il Sud Italia e spezzò lo strapotere delle squadre del Nord Italia. Una metafora perfetta della questione meridionale, di dissapori che si trascinavano fin da dopo l’Unità d’Italia, che nel calcio trovarono la sua massima espressione proprio in questo scudetto. Metafora che trovò il suo artefice nella figura di Diego Armando Maradona.

Nell’immaginario collettivo l’immagine di questa vittoria è legata fortemente al nome di Maradona, perché il Pibe rappresentava in maniera eccellente lo spirito popolare e sanguigno di questa città. Da lì a pochi anni, Maradona, grazie anche al suo personaggio, andò a ricoprire il ruolo di condottiero della rivincita morale e sociale, di tutto il meridione del mondo. La vittoria del Napoli, però, è stata davvero un qualcosa di diverso dalle precedenti affermazioni delle altre squadre italiane per tante piccole sfaccettature. Se è vero che il calcio rimane l’ultima manifestazione di massa, allora guardando alla reazione di questa città per la vittoria di un campionato possiamo tranquillamente dire che questa frase è assolutamente vera.

Il Napoli di Maradona divenne leggenda anche per la forza simbolica che assunse nel popolo partenopeo. Il simbolo è un mezzo di riconoscimento, usato in antica Grecia (non a caso il nome antico della città di Napoli è Partenope), che serve come mezzo di riconoscimento e si otteneva spezzando irregolarmente in due parti un oggetto, in modo che il possessore di una delle due parti potesse farsi conoscere facendole combaciare. Lo scudetto vinto dagli uomini di Ottavio Bianchi assunse proprio questa funzione: i napoletani sentivano proprio questo traguardo tanto quanto la loro squadra che lo aveva vinto sul campo e rivendicarono sempre con orgoglio questo momento.

Una vittoria che venne caricata di svariati significati, che faceva sognare i giovani che erano nati in condizioni di estremo disagio quotidiano. A dar forza verso questa funzione sociale fu la partita che il Napoli campione d’Italia giocò ad Acerra in un campetto pieno di fango in periferia. Una cosa che difficilmente altre squadre più blasonate avrebbero accettato di fare, ma il Napoli aveva un’altra dimensione, una dimensione che doveva fare i conti con la sua spiccata accezione popolare parte integrante del suo DNA.

Altro elemento di rilievo furono i festeggiamenti in città per la conquista del tricolore. Napoli venne invasa da tutti, grandi, piccini, anziani e anche da persone che forse di calcio non ne sapevano quasi niente o addirittura nulla. Ma la forza dirompente di questa vittoria è proprio da ricercare nel valore storico di cui era intrinseca. Oltre all’entusiasmo c’era anche orgoglio e di esser consapevoli che questa vittoria aveva cambiato molte dinamiche sociali nel nostro paese. Un episodio sicuramente da ricordare fu la scritta che apparse fuori dai cimiteri di Napoli, dove era scritto: “Che vi siete persi” e se ci fermiamo un attimo a riflettere questo gesto dà veramente la misura della grandezza emotiva di questo trionfo.

Nella storia del calcio ci sono state tante squadre che hanno dato vita a trionfi sul quale nessuno avrebbe mai scommesso due centesimi, il Napoli calcio però è andato ben oltre tutto questo, riuscendo a costruire un ciclo di vittorie importanti anche in campo internazionale conquistando nel 1989 la coppa UEFA e portando la città nuovamente al trionfo, questa volta però sul tetto d’Europa. La saldatura tra città e squadra solitamente avviene in maniera molto semplice, però solitamente non è totalizzante perché frange della popolazione sono molto indifferenti verso il calcio, in questo caso invece ci fu una saldatura completa e sicuramente gran merito di questa operazione, senza nulla togliere al resto della squadra, fu proprio di Maradona.

Quando nel novembre del 2020, il Pibe lasciò questo mondo, tutta Napoli si fermò, anche le persone che magari seguivano poco il calcio piansero il loro grande eroe. Il ricordo emotivo della sua figura, legata a doppio filo alle vittorie della squadra, portò alla decisione di cambiare nome allo stadio San Paolo in stadio Diego Armando Maradona.

Nel mondo del calcio, tra tifosi, solitamente lo sfottò verso i propri rivali è pratica comune, il più gettonato è “campano di ricordi” sportivi. Delle volte questa cosa è assolutamente vera ma in altri contesti un po’ meno e lo scudetto del Napoli ne è una prova per tutto il significato che aveva acquisito. Una situazione simile possiamo ritrovarla nel Torino di Graziani-Pulici che vinse lo scudetto nel 75-76 e anche in questo caso ci fu una situazione molto simile a quella napoletana; infatti, l’ultimo tricolore vinto dal Toro fu nel 1948-49 vinto dal Grande Torino che pochi giorni prima di celebrare l’ennesimo trionfo avevano perso la vita nella tragedia di Superga. Nella storia del nostro calcio, ma anche dei tifosi italiani, questo Napoli con i suoi trionfi, si è trovato un posto d’onore importante che difficilmente potrà essere scalzato o dimenticato.

Perché chi ama il calcio a 360’ non può non amare una squadra del genere che dal nulla seppe costruire una corazzata invincibile.

Tutto l’Oro di Napoli!!!

GLIEROIDELCALCIO.COM (Marvin Trinca)

 

 

Bibliografia

Giuseppe Pacileo e Pietro Gargano, 80 anni di passione – La storia del Napoli dal 1926 al 2006, Il Mattino, 2006.

Fabrizio Melegari (a cura di). Almanacco illustrato del calcio – La storia 1898-2004, Modena, Panini, 2005.

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