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Umberto Meazza: il primo C.T.

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Umberto Meazza: il primo C.T.

Nella caleidoscopica galleria delle figure che gravitano nel mondo del calcio, una ha assunto un’importanza sempre maggiore, crescendo in maniera esponenziale: quella dell’allenatore. Una figura se vogliamo strana, che per quasi mezzo secolo di calcio italiano era stata abbastanza marginale, anche se esponenti importanti ne avevano rivestito il ruolo: basti pensare a William Garbutt, da cui è derivato l’appellativo “mister”, o ad Arpàd Weisz, dal tragico destino ma dalla brillante carriera di tecnico.

È, però, a metà tra gli anni Cinquanta e Sessanta che il ruolo venne sdoganandosi grazie soprattutto a due personaggi che infiammarono con i loro duelli principalmente l’arena milanese: Helenio Herrera con l’Inter e Nereo Rocco con il Milan. È da questo punto della storia che, in pratica, la figura del tecnico di calcio va assumendo sempre più importanza, grazie allo spagnolo – argentino che ottenne lauti guadagni che funsero da apripista per tutti gli altri a venire. 

Oggi quella dell’allenatore è una figura importante, quasi cardine nella formazione e gestione di una squadra, spesso al centro delle discussioni tra tifosi e appassionati per le sue scelte o per il modo di far giocare le sue squadre. C’è una particolare figura in questa categoria, però, che veramente si ritrova al centro delle attenzioni e spesso risulta divisiva per le sue scelte: il selezionatore della Nazionale. 

Tutti vorrebbero vedere giocare i propri beniamini con la maglia azzurra dell’Italia, tutti avrebbero fatto giocare in maniera diversa la squadra, più o meno sessanta milioni di opinioni contro l’unica deputata a queste scelte: in questo senso può essere presa ad esempio la parabola azzurra di Enzo Bearzot o di Arrigo Sacchi per avere un’idea di queste difficoltà. 

Non a caso ho scritto “selezionatore” per indicare questa figura, e questo dovrebbe essere il suo compito, ma il più delle volte è indicato come CT, Commissario Tecnico, perché all’inizio della storia, seguendo quanto già facevano in Inghilterra, per selezionare i giocatori che avrebbero rappresentato la nazione veniva formata, appunto, una commissione. 

Era ormai poco più di un decennio che il campionato in Italia aveva un suo più o meno turbolento svolgimento, nel 1909 La Stampa Sportiva, un periodico torinese, aveva organizzato un quadrangolare internazionale cui partecipò una selezione dei migliori giocatori, anche se tutti piemontesi, mentre il 30 aprile del 1900 una rappresentativa elvetica incontrò una italiana, che però era composta per la maggior parte ai giocatori stranieri che militavano in Italia.

Fu il 17 gennaio del 1910 che la da poco nata, dalla Fif (Federazione Italiana Football), Figc istituì una Commissione Tecnica incaricata di selezionare i giocatori per la Nazionale, formata da cinque arbitri: Umberto Meazza ne era il presidente, gli altri componenti erano Gianni Camperio, Alberto Crivelli, Achille Gama e Agostino Recalcati.

Non meravigli che questi erano tutti arbitri, all’epoca non c’era distinzione tra dirigente, arbitro e giocatore, anzi le giacchette nere erano messe a disposizione tra i dirigenti delle stesse società. Lo stesso Meazza era stato l’arbitro del discusso spareggio tra la Pro Vercelli e l’Inter, il 24 aprile 1910, con i primi che mandarono in campo i ragazzini proprio per discordanze sulla data di debutto della Nazionale, e i secondi vinsero per dieci a tre.

Ci vollero quattro mesi alla Commissione per costruire la squadra, sintesi tra quella dei “Probabili” e quella dei “Possibili”, alla fine, dopo molte discussioni, fu partorito l’undici che, il 15 maggio 1910, all’”Arena Civica” di Milano debuttò contro la Francia con una corposa e beneaugurante vittoria (6 – 2), dando inizio all’epopea azzurra. 

Quale primo Commissario Tecnico possiamo perciò ritenere Umberto Meazza, il primo di una lunga serie ad occupare la posizione più invidiata e contestata d’Italia. Come tutti gli sportivi dell’epoca, Meazza non nacque come calciatore, ma come ginnasta, e in seno alla sua società, la “Ginnastica Mediolanum”, conobbe il calcio di cui si innamorò, ma per poterlo praticare dovette lasciare il sodalizio ginnico e confluire nell’Unione Sportiva Milanese.

Qui fu prima giocatore, capitano per l’esattezza, ma pare senza lasciare tracce memorabili delle sue esibizioni sui fangosi campi dell’epoca, poi dirigente e soprattutto arbitro, tanto da risultare tra i fondatori dell’Aia, Associazione Italiana Arbitri, avvenuta il 27 agosto 1911. Nel pionieristico calcio dell’epoca era quindi normale una tale trafila, così come deve sembrare normale che la prima Commissione Tecnica fosse affidata ad un gruppo di arbitri: nello scenario litigioso che si viveva a quel tempo, chi meglio di loro poteva dirimere le questioni delle convocazioni?

E non sembri cosa da poco, perché a differenza di oggi, allora le società premevano per avere i loro giocatori convocati, chiaro il prestigio e l’onore che, nel tempo, sono diventati almeno appannati.

Come detto il debutto fu vincente e convincente, ma anche effimero: ancora troppo imberbe il nostro calcio per avere già una solida impronta internazionale, i successivi due anni furono un alternarsi di pareggi e sconfitte che però servirono a costruire lo spirito azzurro.

La vittoria sarebbe ritornata ai Giochi Olimpici di Stoccolma l’1 luglio 1912 vincendo contro la Svezia padrona di casa nel torneo di consolazione (1 – 0), ma già c’era Vittorio Pozzo in panchina, la Commissione Tecnica ritornò nel dicembre dello stesso anno ancora con Meazza in sella, sconfitta per tre a uno dall’Austria, mentre la gioia della vittoria il nostro l’avrebbe riassaporata l’1 maggio 1913 quando a Bologna gli azzurri superarono il Belgio (1 – 0).

Un’altra curiosità riguarda il colore delle maglie: la prima fu bianca, forse per risparmiare, forse per onorare le “Bianche Casacche” della Pro Vercelli, che all’epoca furoreggiava, Meazza era in panchina alla terza partita, il 6 gennaio 1911 quando, ancora all’”Arena Civica” di Milano, si perse onorevolmente uno a zero contro l’Ungheria, allora tra le massime espressioni del calcio europeo, ma i nostri calciatori sfoggiarono per la prima volta la maglia azzurro cielo.

Quella di Umberto Meazza fu, quindi, una vita dedicata interamente allo sport e al calcio. In un calcio pionieristico in cui gli impegni iniziavano a diventare numerosi e importanti, innumerevoli si susseguivano i rimpasti delle Commissioni Tecniche, convinti forse che le tante sconfitte dovessero essere attribuite ai selezionatori più che ai selezionati, ma Meazza resisteva e persisteva in esse, frutto di un’autorevolezza indiscutibile.

Anche se non continuativamente, Umberto Meazza avrebbe fatto parte delle Commissioni Tecniche fino al 20 gennaio 1924 quando a Genova, al campo “Marassi”, l’Italia fu sconfitta dall’Austria per quattro a zero. Trentadue le sue presenze, in tre match figurando anche come “allenatore”, di dieci vittorie, dieci pareggi e dodici sconfitte il suo onorevole bilancio, il merito di aver varato una nazionale che ha fatto sognare, e fa ancora sognare, tutto il popolo italiano. Nato nel 1880, Umberto Meazza sarebbe morto giovane, all’età di quarantacinque anni, il 21 gennaio 1926.

GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)

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