Storie di Calcio

13 Dicembre 1931: nasce la mitica Zona Cesarini

GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)

“Quando dai il nome ad un pezzetto di tempo […] qualcosa nella vita lo hai fatto” (Baricco)

Se ne andava in giro per l’aristocratica Torino degli inizi anni ’30 vestito di tutto punto, con i capelli impomatati e con una scimmietta sulle spalle. Veniva da Senigallia, ma aveva un forte accento argentino. Un personaggio differente Renato, talmente diverso da essere stato un circense, in quella sua vita di strada partita dal lontano sud America, patria acquisita dopo appena nove mesi di vita e una traversata lunga e piena di speranze.

La Juventus della famiglia Agnelli lo aveva accolto nel 1929, su segnalazione di un altro oriundo importante, quel Mumo Orsi che diventerà campione del mondo con l’Italia di Pozzo.

Ingaggio consistente per Cesarini: quarantamila Lire più quattromila al mese. Roba da ricchi.

E Renato accetterà di trasferirsi di buon grado alla corte della Vecchia Signora. In fondo era pur sempre un figlio d’Italia, anche se costretto ad emigrare. A Buenos Aires aveva imparato l’arte di arrangiarsi e di giocare a pallone, cresciuto com’era in quel bellissimo e caratteristico quartiere chiamato Palermo. E dopo le scorribande giovanili aveva anche toccato con mano l’emozione dell’esordio nazionale con l’Albiceleste, nel 1926.

Quando arrivò nell’ordinato Bel Paese però, in pieno ventennio, l’amore ed il richiamo delle origini si fecero molto forti. Si stava costruendo una squadra incredibilmente competitiva, tenuta insieme dalla sapienza di un allenatore con un passato da alpino ed una conoscenza calcistica senza precedenti.

L’esordio con gli Azzurri, per Cesarini, avvenne in un giorno di Gennaio del 1931. Italia – Francia 5-0: cugini annientati e primo gol all’esordio. Roba non da tutti.

Il buon Renato era però un caratterino niente male, sprezzante del “pericolo” ed amante della bella vita. E certi “ragazzacci”, forse, al buon Pozzo non andavano proprio giù. Ma di quell’oriundo ci si poteva fidare, specie quando si andava in campo. Esempio lampante l’amichevole iberica contro il fortissimo spagnolo Cirri, tenuto a bada da Cè con una prestazione sontuosa, su esplicita richiesta del c.t.

In quel 1931, il 13 Dicembre, l’Italia affrontava l’incredibile Ungheria di Mariassy. Era il quarto incontro della Coppa Internazionale, torneo tra i più prestigiosi durante il decennio che porterà alla Seconda Guerra Mondiale.

Risultato fermo sul 2-2 e partita quasi terminata, se non fosse per un pallone decisivo capitato sui piedi del barese Costantino, ala della Roma. Il buon Raffaele ci mise troppo nel prendere la decisione se calciare o no. Alle sue spalle c’era l’istrionico Cesarini che prima spinse il compagno, allontanandolo dal pallone, e poi scaraventò un destro preciso e violento che si andò a conficcare alla sinistra del portiere magiaro. 3- 2 finale, al minuto ’90.

La settimana dopo, in un Ambrosiana – Roma del 20 Dicembre, successe che Visentin segnò il definito gol della vittoria nerazzurra al minuto ’89, quasi come Cesarini. Il giorno dopo, il grandissimo e iconico Eugenio Danese si lasciò sfuggire un paragone tra il gol dell’interista e del , coniando il termine caso (o zona) Cesarini.

Il buon Renato ne aveva segnati e ne segnerà altri di gol quasi allo scadere.

Rimarrà un’immagine leggendaria nel calcio italiano, uno dei pochi ad aver lasciato un segno anche dal punto di vista lessicale.

Andrea Gioia

Classe '83, viaggiatore instancabile ed amante del calcio e dello sport tutto. Una Laurea in Comunicazione, una tesi sul linguaggio giornalistico sportivo degli anni '80 ed una passione per il collezionismo, soprattutto quello inerente la nazionale italiana. Alla sua attività turistica, associa collaborazioni con giornali del mondo travel. Testata preferita: GLIEROIDELCALCIO.COM"

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