Donne in Gi(u)oco

ESCLUSIVO – Intervista a Maria Grazia Gerwien: “Nel ’68 il calcio femminile era una rivoluzione”

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Giovanni Di Salvo) – A distanza di poco più di sei mesi dall’ultima partita ufficiale la nazionale femminile, fermatasi come tutto il mondo del calcio a causa della pandemia, riprende la corsa verso Euro 2022. La selezione guidata da Milena Bertolini il 22 settembre, contro la Bosnia Erzegovina, va a caccia della settima vittoria consecutiva per fare un ulteriore passo in avanti verso la fase finale che si terrà in Inghilterra. Chi ne sa qualcosa di successi con la maglia azzurra è certamente Maria Grazia Gerwien. Infatti è stata lei a realizzare il gol del 2-1 con cui l’Italia, nella sua gara di debutto, batté la Cecoslovacchia. Nonostante siano passati 52 anni da quella prima storica vittoria l’attaccante genovese ricorda bene le sensazioni vissute quella sera del 23 febbraio a Viareggio: l’emozione nell’ascoltare l’inno, il magone per aver realizzato il sogno di vestire la maglia azzurra, la gioia immensa per aver segnato il gol della vittoria.

Maria Grazia Gerwien, che dopo essersi ritirata dal mondo del calcio ha aperto a Genova un laboratorio odontotecnico che tuttora dirige, ricorda con piacere i primi anni ruggenti del calcio femminile italiano.

Com’era il calcio delle pioniere pre Sessantotto?

“Il calcio femminile era, come tutto in quegli anni, una rivoluzione! Ci scontravamo con le altre squadre nascenti in tutta Italia. La vera artefice di tutto il movimento fu la signora Rocchi di Milano perché fu la prima ad organizzare incontri d’esibizione.”

Come si sviluppa la sua carriera di calciatrice?

“Il ’68 fu l’anno perfetto con la vittoria dello scudetto col Genova. Credo che ogni atleta ha il suo e quello fu il mio. Rimasi in rossoblù, tra alti e bassi, fino 1972. Poi nel 1973 andai al Piacenza dove ritrovai la carica e la gioia di rimettermi in gioco dopo l’infortunio che subii con la Nazionale. Nel 1975 ritorno a Genova nella Sampierdarenese dove ritrovo il mio primo allenatore, Mignone. Disputiamo la serie B arrivando in finale, che giochiamo allo stadio “Ferraris” ma che purtroppo perdiamo per 2-3. Dopo ritorno al Piacenza per altri due anni.”

L’ultima tappa è a Santa Margherita Ligure.

“Si, la parte finale della mia carriera è stata con la Tigullio’72. Poi nel 1984 ho appeso le scarpe al chiodo perché decisi di mettermi a lavorare in proprio e aprii il mio laboratorio odontotecnico.”

Tessera del Tigullio

Quale è la squadra che le è rimasta nel cuore? Quale è stato l’allenatore che l’ha aiutata maggiormente a crescere come giocatrice?

“La Tigullio ’72 mi ha accolta già adulta e mi ha fatto comprendere, più di tutte le altre, il significato di “squadra”. Tamara Gambarelli, fondatrice e capitana, fu in grado d’infondere in noi un grandissimo senso di appartenenza, il collante che fece si che tra la parte ligure e la parte toscana delle giocatrici si creasse un gruppo così unito che a tutt’oggi, nonostante tutti gli anni che sono passati, ci frequentiamo e ci vediamo regolarmente. Per quanto riguarda gli allenatori si dice sempre che tutti ci hanno dato qualcosa e ciò è naturalmente vero. Ma a quei tempi quello che ci diede a tutte un qualcosa in più fu il fatto di poter giocare in strada con i ragazzini e vedere che spesso potevamo superarli. Questo ci diede molta consapevolezza.”

C’è stato qualche aneddoto particolare durante la sua carriera?

“Più che un aneddoto è il raggiungimento impensabile della finale di Coppa Italia nel 1983 con la Tigullio ’72. Si disputò allo Stadio “Flaminio” di Roma e perdemmo ai rigori per 5-4 con il fortissimo Trani.”

Quali sono state le attaccanti più forti, italiane o straniere, che ha incrociato durante la sua carriera?

“In quel periodo ogni anno arrivavano giocatrici straniere sempre più forti così come c’erano sempre più calciatrici italiane altrettanto valide. Erano veramente dei bei campionati. Tra le italiane vi era certamente Betty Vignotto mentre tra le straniere Boll, ai tempi della GommaGomma, Rose Reilly e “Conchi” Sánchez anche se non era una punta pura. In assoluto, però, secondo me la migliore attaccante è stata la danese Susanne Augustesen. Ho incrociato anche Carolina Morace quando era agli inizi della carriera e già si vedeva che sarebbe diventata una grandissima calciatrice.”

La nazionale le ha regalato gioie e dolori.

“I ricordi più belli sono la vittoria con la Cecoslovacchia, la conquista della Coppa Europa e le amichevoli in Iran. Di contro il 4 novembre del 1971, nella partita contro la Danimarca, subisco un brutto infortunio. Qui si conclude la mia avventura in maglia azzurra. E per alcuni mesi pensai di aver chiuso per sempre anche con il calcio.”

Italia-Cecoslovacchia 2-1 nel 1968 – La Gerwien è la terza da sinistra

Cosa ne pensa del calcio femminile di oggi?

“Le differenze seguono il passo dei tempi e non potrebbe essere diversamente. Il calcio femminile oggi è una bellissima realtà. Provo una sanissima invidia per quello che le calciatrici sono riuscite ad ottenere e per il riconoscimento a livello mondiale che il calcio femminile si è conquistato. Poi penso anche che tutti i nostri sacrifici hanno contribuito affinché tutto questo avvenisse e mi sento orgogliosa e felice di aver fatto parte di questa bellissima storia.”

Si ringrazia Maria Grazia Gerwien per la documentazione fotografica messa a disposizione.

Per chi volesse approfondire l’argomento:

“Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista” della Bradipolibri (Prefazione scritta dal CT della nazionale Milena Bertolini)

“Quando le ballerine danzavano col pallone.”  della GEO Edizioni (Prefazione scritta dal Vice Presidente L.N.D. Delegato per il Calcio Femminile Sandro Morgana).

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