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Fiorentina 1957: l’orgoglio della sconfitta

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La sconfitta a testa alta della Fiorentina

La storia è composta da grandi eventi, ma sono quelli piccoli, a volte misconosciuti, a formarne le basi su cui si erge, i pilastri dove si poggiano gli architravi. Nel calcio, quello che resta impresso nella memoria collettiva sono le grandi vittorie, le partite che mettono di fronte i giganti di questo sport, ma quelle stesse vittorie sono composte da un microcosmo di storie, ogni volta diverse, ogni volta importanti. È notorio che oggi la competizione più importante e affascinante, più seguita, quella che ogni calciatore sogna di disputare, e magari vincere, è la Champions League.

Dall’idea che venne al giornalista francese Gabriel Hanot di France Football, di un torneo che mettesse di fronte le migliori squadre di club, che vide la sua prima edizione nel 1955, sono trascorsi tanti anni, ripieni di imprese compiute dalle squadre e dai singoli giocatori. Tanti sono stati eroi, anche per una sola notte, tante le squadre che hanno vinto, anche una sola volta, e per questo sono comunque entrate nel mito. È la competizione del Real Madrid, per il quale fu pensata, che la vinse cinque volte di seguito nelle sue prime cinque edizioni, ed è arrivato a quattordici con lo scorrere degli anni.

Ha poi vissuto dei periodi, secondo come mutava il calcio stesso: c’è stato il periodo olandese e tedesco, quando si è affermato l’atletismo, le squadre britanniche hanno sempre detto la loro, anche l’Italia, con il suo calcio speculativo, ha avuto il suo momento d’oro, e può orgogliosamente vantare il Milan come seconda squadra più vincitrice, con sette trofei. Da subito, però, il nostro calcio fu protagonista, nell’allora Coppa dei Campioni, la prima finale arrivò già alla seconda edizione, ma a sorpresa, ad arrivare a sfidare i campioni iberici non fu una delle storiche vincenti italiane, Inter, Juventus o Milan, ma un’altra squadra: la Fiorentina.

Il decennio che comprende gli anni Cinquanta vedeva il dominio delle solite note, a dividersi le vittorie erano, allora come oggi, la piemontese e le due lombarde. Nel campionato 1955/1956 fu la Fiorentina, che rientrava nel novero del ristretto gruppo delle dirette concorrenti senza mai riuscire a prevalere, a trionfare sulle altre. Abbiamo già raccontato di questa storica prima volta viola in Italia (“Il primo scudetto della Fiorentina”, 20 maggio 2022), qui basti ricordare che tra gli artefici di quella squadra ci fu Fulvio Bernardini, il Dottore, allenatore rivoluzionario quanto in anticipo sui tempi, come lo era stato da giocatore; che la squadra era un gruppo compatto, costruita tassello dopo tassello, con i pezzi pregiati in attacco, Miguel Angel Montuori e Giuseppe Pecos Bill Virgili, sostenuti dal talento dell’estroso brasiliano Julinho. 

Dopo tanti quarti e quinti posti, finalmente in quella stagione 1955/1956 la Viola sbocciò in tutto il suo fulgore e la sua potenza. Il primato fu il frutto di venti vittorie e tredici pareggi, l’unica sconfitta fu rimediata all’ultima giornata sul campo del Genoa, ma intanto lo scudetto era diventato già di Firenze, con il Milan, secondo, staccato di ben dodici punti, un abisso nell’era dei due punti a vittoria. Un dominio incontrastato fondato anche su una solida difesa, ad onta dell’ottimo attacco, come abbiamo scritto, miglior reparto difensivo con soli venti gol subiti.

Era con queste credenziali che la Fiorentina si apprestava a partecipare alla Coppa dei Campioni 1956/1957. A differenza dell’attuale Champions League, denominazione assunta dalla competizione nel 1992, al torneo che mette in palio la Coppa dalle Grandi Orecchie partecipavano solo le squadre vincitrici del campionato della propria nazione. Il trofeo era giunto alla seconda edizione, già nella prima i Blancos del Real Madrid avevano marcato il territorio, sconfiggendo in finale i francesi dello Stade Reims (4-3), all’esordio le squadre furono sedici su invito, quindi non tutte campioni, l’anno successivo erano già diventate ventidue.

Per sorteggio i campioni in carica iniziarono dagli ottavi di finale e furono messi in grandi difficoltà dal Rapid Vienna: gli spagnoli prevalsero in casa quattro a due, gli austriaci tre a uno da loro, per il regolamento dell’epoca si andò allo spareggio, in cui gli spagnoli si imposero, stavolta agevolmente, due a zero. Ai quarti superarono senza problemi i francesi del Nizza vincendo entrambe le gare (tre a zero e tre a due), in semifinale gli inglesi del Manchester United, vincendo a Madrid (tre a uno) a pareggiando a Manchester (due a due), inglesi che iniziavano a scrivere la loro storia nel torneo, anche tragica, e il Real Madrid conquistò la seconda finale consecutiva.

Ad attenderlo, a sorpresa, proprio la Fiorentina di Fuffo Bernardini. Inizialmente la Viola sembrò partecipare quasi per caso e senza voglia al torneo, ma il girare l’Europa e affrontare avversari prestigiosi ne fece capire ben presto l’importanza. Esentata anch’essa dal turno preliminare, la Fiorentina eliminò negli ottavi gli svedesi del Norrköping, vincendo l’andata a Firenze (uno a zero), pareggiando il ritorno a … Roma (uno a uno), lì giocato per le abbondanti nevicate che ricoprivano la Svezia. Nei quarti ebbero di fronte i campioni svizzeri del Grasshopers, superati dopo due vivacissime e combattute partite (tre a uno in Italia, due a due in Svizzera), molto più difficile fu la semifinale.

Avversari erano gli jugoslavi della Stella Rossa, molto quotati, superati solo nel finale del match di andata a Belgrado grazie a una rete di Maurilio Prini, definitivamente eliminati al ritorno dopo un sofferto zero a zero salvaguardato dall’ottima prova difensiva e dalle parate di Giuliano Sarti. La finale era conquistata, il regolamento dell’epoca prevedeva che fosse disputata in casa dei campioni in carica, perciò i viola scesero in campo, il 30 maggio 1957, al Nuevo Estadio Chamartin, fresco ribattezzato Santiago Bernabeu, in onore del grande presidente dei Blancos. 

È, forse, proprio da questa partita che inizia a nascere la leggenda del miedo escenico, che negli anni ha fatto diventare il Bernabeu quasi inviolabile grazie al “peso” del pubblico, presente nell’incredibile numero di 125.000 anime quell’assolato pomeriggio spagnolo. La Fiorentina, però, non si lasciò intimidire, mise anzi soggezione alle Merengues, che pure schieravano campioni come Raymond Kopa, Alfredo Di Stefano, Francisco Gento, ma fu il funambolico Julinho a imperversare per tutto il primo tempo, che terminò a reti inviolate.

La ripresa sembrava viaggiare sugli stessi binari, poi diventò protagonista, negativo e suo malgrado, l’arbitro olandese Leo Horn: a venti minuti dalla fine Enrique Mateos si involò verso Sarti, Ardico Magnini lo affrontò e atterrò appena fuori area. L’arbitro, ingannato e forse condizionato, assegnò il rigore, tra le inutili proteste viola, che Di Stefano trasformò. La reazione della squadra di Bernardini fu veemente, ma si espose al contropiede avversario, uno di questi finalizzato da Gento.

Fu il gol che segnò il tripudio del Real Madrid, che succedeva a sé stesso come sarebbe capitato altre tre volte in seguito, alla Fiorentina restò l’onore delle armi e l’orgoglio di essere stata la prima finalista italiana in Coppa dei Campioni. L’orgoglio della sconfitta.

Madrid Estadio Santiago Bernabeu Real Madrid – Fiorentina 30/05/1957

Real Madrid: Juan Alonso; Manuel Torres, Marquitos, Rafael Lesmes; Muñoz, Zarraga; Kopa, Mateos, Di Stefano, Rial, Gento. All.: José Villalonga

Fiorentina: Sarti; Magnini, Orzan, Cervato; Scaramucci, Segato; Julinho, Gratton, Virgili, Montuori, Bizzarri. All.: Fulvio Bernardini

Arbitro: Leo Horn (Olanda)

Marcatori: 69’ Di Stefano (RM) rig.; 76’ Gento (RM) 

GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)

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