Storie di Calcio

Frammenti di Messico ’70 – Seconda parte

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Prati) –

“Io sono nato nel 1963 e ho cominciato a giocare a pallone o a guardare le partite in TV più o meno all’età di sei anni. Per quanto riguarda le grandi competizioni internazionali, i miei primi ricordi risalgono ai campionati del mondo di Messico ’70.

Credo che il primo mondiale diffuso in Italia dalla TV sia stato quello del 1954, di cui la Svizzera fu il paese organizzatore. Ma negli anni Cinquanta, in Italia, non erano molte le famiglie che disponevano di un televisore.

Nel 1970, per contro, la situazione era completamente cambiata e, grazie al boom economico, il televisore era divenuto un apparecchio presente in quasi tutte le case italiane.

Di conseguenza, per ciò che riguarda la storia del nostro paese, il campionato mondiale in Messico è stato, probabilmente, uno dei primi grandi avvenimenti sportivi con una risonanza mondiale a livello mediatico. Evento sportivo che fu seguito, poco dopo, da due mitici incontri di pugilato: Carlos Monzon-Nino Benvenuti (il 7 novembre del 1970) e Cassius Clay-Joe Frazier (l’8 marzo del 1971).

In quella edizione dei Campionati del Mondo diverse squadre già titolate si contendevano la Coppa Rimet, tra queste le prime che mi vengono in mente sono Brasile, Uruguay, Italia (che veniva dalla vittoria nel Campionato d’Europa del 1968) e Inghilterra, la squadra cioè dei campioni in carica. Tra le squadre esordienti troviamo invece Marocco, El Salvador e Israele. Grande assente fu l’Argentina, che era stata eliminata dal Perù nelle fasi eliminatorie (nel girone eliminatorio, l’Argentina aveva perso il match di andata con la Bolivia e aveva lasciato tre punti su quattro al Perù).

I giochi si aprono il 31 maggio, davanti a oltre 100.000 spettatori dello Stadio Azteca, che assistono a Messico-Unione Sovietica, partita terminata con un pareggio per zero a zero.

Alle fasi finali di eliminazione diretta arrivano Unione Sovietica, Uruguay, Brasile, Perù, Italia, Messico, Germania Ovest e Inghilterra e lo scontro tra queste due squadre merita sicuramente una citazione. La Germania, tra l’altro, schierava Gerd Müller, l’attaccante che alla fine del torneo sarebbe arrivato primo nella classifica cannonieri con dieci gol, davanti a Jairzinho che si era fermato a sette reti. E, dopo che la sua squadra si era trovata in svantaggio due a zero,  fu proprio Gerd Müller a realizzare il gol del tre a due,  per il definitivo successo in rimonta nei supplementari; un gol che sancì dunque l’eliminazione dell’Inghilterra, vendicando così la sconfitta che i tedeschi avevano subito dagli inglesi, nei precedenti mondiali, del 1966, anche a causa di un famoso “gol fantasma” convalidato a questi ultimi.

Nella fase successiva rimasero Brasile e Uruguay, con gli uruguagi che furono eliminati dai brasiliani e l’Italia che era destinata ad affrontare i tedeschi della Germania Occidentale.

Ricordo di aver seguito in TV questi grandi eventi sportivi con i miei genitori, i parenti, i vicini e gli amici. Ci si ritrovava in una dozzina, o anche in una quindicina di persone, racchiuse in una sola stanza. Uno a fianco dell’altro, davanti allo schermo, piuttosto stretti; ma l’importante era non perdere gli sviluppi di quegli eventi sportivi.

Prima di entrare nel merito delle fasi finali, però, un breve riavvolgimento del nastro al fine di poter fare una precisazione: per un italiano è comunque impossibile pensare ai Campionati Mondiali del Messico senza pensare al Cagliari. La squadra sarda, come ho già avuto modo di dire, costituiva, in buona parte, l’ossatura della nazionale italiana: a Messico ’70 aveva sei giocatori in rosa, di cui ben quattro titolari fissi: Albertosi, Cera, Domenghini e Riva. Ma, nella partita degli azzurri contro la Svezia, i titolari cagliaritani furono addirittura cinque perché, ai quattro citati, si aggiunse Niccolai, il quale però uscì per infortunio prima della fine del primo tempo. In quella partita, tra l’altro, il cagliaritano Domenghini fece anche gol con un tiro da fuori area. Mentre il sesto cagliaritano della rosa azzurra, Sergio Gori, mi sembra che giocò una buona parte della partita con il Messico (prendendo anche una traversa) e poi fece una breve apparizione solo negli ultimi minuti della finale contro il Brasile. Inoltre, un altro titolare azzurro, Roberto Boninsegna, nel Cagliari ci aveva giocato fino all’anno prima. E poi, tra i probabili convocati avrebbe potuto esserci forse anche il difensore del Cagliari Giuseppe Tommasini, ma si infortunò nella parte finale del campionato.

Per quanto riguarda Gigi Riva, i mondiali oltre a dargli la soddisfazione di un più che onorevole secondo posto, gli permisero anche di mostrare al mondo le sue doti di bomber, realizzando per esempio una doppietta nella partita contro i padroni di casa del Messico. In occasione della prima rete, il nostro raccolse un traversone di Picchio De Sisti, al limite dell’area, spalle alla porta, riuscì a girarsi seppur marcato da tre messicani e a superare il portiere Ignacio Calderón con un tiro teso, basso e angolato. Mentre in occasione della seconda rete Riva concluse un’azione iniziata splendidamente a centrocampo da Gianni Rivera. Poi, nel prosieguo della competizione, Riva ebbe anche modo di realizzare il suo terzo gol, nella “partita del secolo”: la semifinale contro i tedeschi vinta dagli azzurri per quattro a tre. Nella storica semifinale, il nostro bomber realizza infatti la rete del momentaneo tre a due, con una splendida esecuzione: assist dalla sinistra di Domenghini, controllo in due tempi di Riva che coglie di sorpresa Schnellinger senza dargli tempo di intervenire e tiro potente che supera il portiere tedesco Sepp Maier.

Ma, per tornare agli altri cagliaritani della nazionale italiana, pare che in quelle giornate, Manlio Scopigno, con la simpatia e l’ironia che lo contraddistinguevano, a proposito della convocazione di uno dei suoi difensori tra gli azzurri di Messico ’70, disse: “Tutto mi sarei aspettato dalla vita, tranne vedere Niccolai in mondovisione”.

Fatte queste precisazioni, possiamo tornare alle fasi finali di Messico ’70. Avendo avuto a quei tempi solo sette anni, ero troppo giovane per potermi ricordare di ogni dettaglio. Ma la semifinale Italia-Germania (finita 4 a 3) e la finale Brasile-Italia (terminata col risultato di 4 a 1) rimarranno per sempre impresse nella mia memoria”. E poi, con i social e i motori di ricerca odierni, i ricordi possono essere “rinfrescati”.

Con la Germania Ovest passiamo in vantaggio a pochi minuti dall’inizio con un bel tiro di sinistro, da fuori dall’area, di Boninsegna. Poi, per il resto di quasi tutto l’incontro manteniamo il vantaggio. Il pareggio tedesco arriva al minuto 92. Ricordando quel gol, Gianni Rivera disse una volta che il suo compagno di squadra nel Milan, Karl Schnellinger stava ormai dirigendosi verso gli spogliatoi quando si ritrovò sui piedi la palla dell’uno a uno. Si passa quindi ai supplementari e la Germania si porta sul due a uno con gol di Gerd Müller, che sfrutta un’incertezza di Cera. Ma, poco dopo in un’azione offensiva, nata da un calcio di punizione, Burgnich si ritrova nell’area piccola tedesca col pallone tra i piedi e fa partire un tiro di sinistro che batte Sepp Maier. Il tre a due italiano, come già detto, nasce da un gol di Riva su un’azione iniziata da Rivera e continuata da Domenghini sulla fascia sinistra: “Domingo” fa partire un passaggio trasversale verso il centro dell’area tedesca, lì Riva si libera disinvoltamente di Schnellinger e con un tiro forte, rasoterra e angolato realizza il tre a due. Ma, le emozioni non sono finite, perché poco dopo Müller, con un colpo di testa, segna il gol del tre a tre (siamo al quinto minuto del secondo tempo supplementare). Infine, c’è l’ultima grande emozione del match, il definitivo vantaggio italiano: Facchetti fa un lancio da centrocampo sulla sinistra, Boninsegna riceva palla, avanza per una mezza dozzina di metri e poi crossa verso il centro dell’area tedesca. A quel punto, con un tempismo perfetto arriva Rivera che segna con un gol di piatto destro rasoterra, preciso e angolato. Finisce la partita e inizia la leggenda: la leggenda della “partita del secolo”. Ma, prima di consegnarsi alla leggenda, c’era ancora una finale da giocare: Brasile-Italia.

A proposito di quel Brasile, Eduardo Galeano, nel suo ‘Splendori e Miserie del Gioco del Calcio’, ha giustamente sottolineato che la squadra brasiliana del 1970 giocava con quattro attaccanti formidabili: Jairzinho, Tostão, Pelé e Rivelino e, per di più, nei loro attacchi erano spesso sostenuti da Gerson e Carlos Alberto. Per dirla in poche parole: erano letteralmente incontenibili.

La star del torneo era, ovviamente, Edson Arantes do Nascimiento, popolarmente conosciuto sotto il nome di Pelé, ma ricordo come, sul terreno di gioco davanti a casa, con i miei amichetti di allora, si cercava di imitare anche i gesti da fuoriclasse di Rivelino, soprannominato “La patada atomica”, il tiro atomico.

Qualche anno fa, un giornalista di una TV sudamericana domandò a Diego Maradona un suo giudizio su Rivelino. L’argentino rispose senza la minima esitazione che per lui il brasiliano era un idolo, un giocatore indimenticabile per la sua maniera elegante di giocare. Non ricordo nel dettaglio ogni singola parola ma, grosso modo, Maradona diceva di aver sempre stimato Rivelino perché, ai suoi occhi, il brasiliano rappresentava tutto quello che lui aveva sognato di essere in qualità di giocatore: attaccante mancino, duro e cattivo quando bisognava essere duri e cattivi, realizzatore implacabile quando bisognava segnare dei gol, ma, al tempo stesso, capace di fare assist e aperture geniali.

In “Splendori e Miserie del Gioco del Calcio”, Eduardo Galeano amava anche ricordare un gol di Jairzinho fatto dal Brasile all’Inghilterra, proprio nei Mondiali di Mexico ’70: “Tostao ricevette il pallone da Paulo Cesar e fece un’incursione fino a dove gli era possibile. Tutta la squadra inglese si era richiusa nella propria area. Tostao scartò tre giocatori e poi passò la palla a Pelé. Pelé, con una finta, spiazzò tre avversari e lasciò la palla a Jairzinho che stava sopravvenendo.

Jairzinho riuscì ad evitare l’intervento di un inglese e con un tiro superò il portiere Banks. Fu il gol della vittoria: a passo di danza, l’attacco brasilero aveva fatto fuori sette avversari più il portiere inglese”.

A quanto riassunto splendidamente da Eduardo Galeano, voglio solo aggiungere che, in quella partita, ci fu anche una parata miracolosa di Banks passata alla storia come “la parata del secolo”. Quello del numero uno inglese fu intervento decisivo su un pericolosissimo colpo di testa di Pelé, con quest’ultimo che già aveva gridato al gol quando, poco dopo, si rese conto che così non era stato. Di quel fatto sportivo, il fuoriclasse brasiliano una volta ha detto, “Nella mia vita, ho fatto più mille gol, ma la gente mi chiede sempre dell’unico che non ho segnato”.

Invece, nella finale di Messico ’70 Pelé andò a segno. Ad essere precisi, fu lui ad aprire le danze con una rete al 19’. Al 18′ Facchetti sventa un pericolo in area azzurra con una deviazione di testa in fallo laterale. Sulla rimessa in gioco, di Tostao, sulla fascia sinistra, Rivelino riceve palla di controbalzo e fa nuovamente partire un cross a campanile nell’area italiana. Lì, Pelé si fa trovare appunto pronto e con una schiacciata di testa segna la rete dell’uno a zero.

Poi, al 38′ un brasiliano perde stupidamente palla, sulla propria tre quarti, a causa di un imprudente passaggio di tacco. Boninsegna ne approfitta, ruba palla, punta la porta brasilera e tira a rete da fuori area: è il gol del momentaneo pareggio italiano.

Ma, si tratta solo di un momentaneo pareggio perché, nella ripresa, il Brasile va nuovamente in vantaggio con Gerson. Al 71′, il terzo gol, invece, inizia con uno splendido lancio di una trentina di metri di Everaldo, che calcia da centrocampo e pesca in area Pelé. Poi, O Rey fa da sponda per Jairzinho che mette a rete.

Everaldo, Jairzinho e Pelé partecipano anche alla manovra che sfocia nel quarto gol. Ma, in questo caso, è Carlos Alberto che, all’86’, lascia il sigillo del gol con un tiro di destro, forte, rasoterra e angolato riesce a battere Albertosi. Al Brasile andava la Coppa Rimet, l’Italia doveva accontentarsi di un onorevole secondo posto, dietro ad una squadra di fuoriclasse.

 

TABELLINO DI ITALIA-GERMANIA.

Mercoledì 17-6-1970, ore 16.00, Città del Messico, Stadio Azteca (spettatori 102.444).

Italia-Germania Ovest 4-3

Reti: 8’ Boninsegna, 90’ Schnellinger, 94’ G. Müller, 98’ Burgnich, 104’ Riva, 110’ G. Müller, 111’ Rivera.

Italia: Albertosi, Burgnich, Facchetti, M. Bertini, Rosato (91’ Poletti), Cera, Domenghini, A. Mazzola (46’ Rivera), Boninsegna, De Sisti, Riva. Commissario tecnico: Ferruccio Valcareggi.

Germania Ovest: Maier, Vogts, Patzke (65’ Held), Beckenbauer, Schnellinger, Schulz, Grabowski, Seeler, G. Müller, Overath, Löhr (51’ Libuda). Commissario tecnico: Helmut Schön.

Arbitro: Arturo Yamasaki (doppia nazionalità Perù/Messico e di origine giapponese).

TABELLINO DI BRASILE-ITALIA

Domenica, 21-6-1970, Città del Messico, Stadio Azteca (107,412 spettatori).

Brasile-Italia 4-1

Reti: 18’ Pelé, 37’ Boninsegna, 66’ Gerson, 71’ Jairzinho, 86’ Carlos Alberto

Brasile: Felix, Carlos Alberto, Everaldo, Clodoaldo, Piazza, Brito, Jairzinho, Gerson, Tostão, Pelé, Rivelino. Ct: M. Zagallo.

Italia: Albertosi, Burgnich, Facchetti, M. Bertini (74’ Juliano), Rosato, Cera, Domenghini, A. Mazzola, Boninsegna (84’ Rivera), De Sisti, Riva. Ct: F. Valcareggi.

Arbitro: Rudi Glöckner (Germania Est).

Frammenti di Messico ’70 – Prima parte

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