Gli Eroi del Collezionismo

Le incredibili collezioni di Claudio Di Blas

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Uno dei più grandi collezionisti in Italia, custode di cimeli che raccontano più di un secolo di storia del calcio. Claudio Di Blas ci porta alla scoperta delle sue incredibili collezioni tra figurine, scarpe, palloni e maglie

Lo raggiungo al telefono con lo spirito e la contentezza del collezionista che ha ancora tanto da imparare. Claudio Di Blas, in collegamento video dalla sua casa museo, in quel del Friuli, mi accoglie con tanta disponibilità e partecipazione. Dietro di lui, attraenti e pieni di fascino, cimeli appartenuti a icone di un calcio ormai passato, quasi mitico e mistico. Li contemplo, assaporo il momento e inizio a farmi raccontare l’incredibile storia collezionistica di Claudio …

 

Claudio, raccontaci un pò di te?

“Sono un magazziniere in pensione, con un passato sui campi di calcio. Ho giocato in 22 società, tra Friuli, Sardegna, Sicilia e Veneto. Mi definisco un ex giocatore dilettante, che però ha sempre avuto la grande passione di un professionista. Ho smesso quando avevo 42 anni, in prima categoria, ma in carriera sono riuscito a raggiungere anche la quarta serie”.

Come nasce l’amore per il collezionismo?

“Sono partito nel 1959 con le figurine cartonate della Sidam. Poi le ho lasciate ferme per sei, sette anni (ne avevo circa 4000) e ho iniziato a giocare a calcio. Nel 1980 giocavo nel Palmanova e, un giorno, un mio compagno di squadra mi disse che aveva trovato a casa vari almanacchi, figurine, album etc. Il giorno dopo gli portai io un po’ di roba e da quel momento ho ripreso di nuovo a collezionare le figurine. Per quanto riguarda le maglie, bisogna dire che mi sono sempre tenuto le maglie delle squadre in cui ho giocato; la vera passione è cominciata nel 1989, 1990”.

Che cosa collezioni?

“Colleziono tutto. Ho palloni che partono dal 1907, scarpe che vanno dal 1915 al 2000. Collezionavo album (ne avevo circa 700) e, un giorno, mi sono detto che se avessi deciso di continuare a collezionare album sarebbe stato all’infinito … non poteva essere. Allora mi sono tenuto gli album che mi interessavano a me, ne ho venduti molti altri e ho cominciato con le maglie”.

Come hai cominciato a collezionare le maglie?

“Io e mio fratello (che collezionava con me) prendevamo circa 15 scatole di figurine a testa, all’anno. Completavamo l’album e facevamo lo stesso con i friulani, gli stranieri, i singoli giocatori, i portieri: immagina, dal 1961 al 2006, quanta roba avevamo. Rimanevano, però, le doppie, che servivano per il sabato sera. Noi andavamo ai ritiri delle squadre, ci facevamo autografare le figurine e ne regalavamo una a loro, in cambio della maglia. Per averla materialmente, loro ci lasciavano il numero di telefono, li chiamavamo alla fine della partita e venivano fino al portone a darcele. Con Bergomi eravamo amici, mi ha anche regalato la maglia dell’ultima partita dei Mondiali 1998″.

Mi racconti qualche aneddoto vissuto con i calciatori?

“Un sabato mattina siamo andati da Zoff, a casa sua a Mariano del Friuli, vicino Gorizia. Arrivati lì abbiamo suonato al campanello e lui, in friulano, ci ha detto di aspettare; dopo dieci minuti è venuto giù, ha iniziato a fare colazione, ha preso le figurine che gli avevamo portato e ha iniziato ad autografare. Mi ha regalato maglie, borse, guanti etc. Altro aneddoto su Zoff: nel 1987, quando giocavo con la Cormonese, c’era un ragazzo che mi disse che suo padre aveva tanta roba del numero 1 azzurro. Una volta a casa sua, mi regalò tre paia di guanti autografati: erano gli stessi guanti che il papà di Dino usava per tagliare la legna. Io, in cambio, gli diedi una quindicina di figurine di Zoff, autografate. A Baggio, ai tempi del Brescia, portai 140 figurine da autografare, una diversa dall’altra. Mazzone non voleva che si fermasse troppo con i tifosi. Così gliele diedi e, dopo mezz’ora, venne fuori, con tutte le figurine firmate”.

Qual è il pezzo più raro che hai in collezione e quale vorresti avere?

“Come pezzi rari che ho ti direi le maglie di Pelè, Garrincha del 1958, Altafini, Eusebio del 1966 etc etc. Ho anche Rivera, Mazzola, Boniperti, Riva, Corso etc. Quella che non darei mai via è quella di Dino Zoff della Juve, una maglia che mi è quasi ‘attaccata’ alla pelle, nonostante quella bianconera torinese non sia la mia fede calcistica. Come obiettivo ti dire Yashin”.

 

Come sei arrivato ad avere alcune maglie della tua collezione?

“Lo scambio con le figurine è stata la chiave. Molte volte eravamo come dei bambini, perché io chiedevo la maglia e loro volevano le figurine. Con Cannavaro, al Parma, lo aspettavo quando arrivava la corriera. Scendeva, lasciava la borsa e cominciava ad autografare. Una a me e una a lui. Vedendo Cannavaro, anche gli altri volevano le loro figurine e così iniziava uno scambio”.

Capitolo scarpini e palloni: come li hai avuti?

“Qualche pezzo l’ho trovato nelle cantine, qui dalle mie parti. Altri pezzi in Inghilterra, su Ebay … ma ti parlo di quindici anni fa. Di scarpini ne ho una ottantina di paia tra il 1910 fino agli anni ’60; di palloni più di centocinquanta, credo. Ho tanta roba molto vecchia. Per me il più bello è un pallone del 1907, che ho trovato per caso in Olanda. Era il 1996, l’anno degli Europei. Sono finito in un magazzino pieno di pezzi da collezione, a spendere quasi mezzo milione lire e con i soldi contati per il viaggio di ritorno (visto che all’epoca non erano molto diffusi i bancomat o le carte)”.

Come vive la tua famiglia questa passione?

“Una volta sono tornato a casa con dieci maglie, appena ‘giocate’, della Reggina. Mia moglie mi disse di non farle passare dalla cucina, visto che erano usate. Un’altra volta ho lasciato una maglia importante, usata, nel mio studio; quando mia moglie passava, sentiva un odore strano: il giorno dopo l’ho dovuta lavare”.

Quante maglie hai?

“Più di 500. Le friulane, una ottantina dell’Akragas di Agrigento (perché ci ho giocato), un centinaio del campionato siciliano, serie superiori etc. Ho anche la raccolta del Pordenone”.

Cosa rappresentano per te il calcio ed il collezionismo?

“Il calcio di oggi non mi piace per niente. La passione di tirare quattro calci al pallone, socializzare, sfidarsi … era il massimo. Il collezionismo, adesso, lo vedo un po’ troppo aggressivo, competitivo. Per questo motivo, da un po’ di tempo, ho aperto un sito internet dedicato alle mie maglie e organizzo delle mostre in cui devolvo il ricavato ad un mio amico colpito dalla Sla. Adesso è tutto diverso rispetto a quindici anni fa; trovare una maglia originale è difficile. Tante società fanno le maglie da campo uguali a quelle da store”.

 

Grazie Claudio

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