Giovanni Trapattoni domenica compirà ottant’anni e voltandosi a guardare indietro “… vedo la bellezza di un quadro nel suo complesso” afferma nell’intervista rilasciata a Repubblica e pubblicata oggi, “…Nessun rimpianto o rammarico. Ogni particolare ha contribuito al risultato finale sulla tela. Non potevo sperare di meglio e mi considero molto fortunato per il mio percorso di calciatore, allenatore, uomo, marito, padre e nonno. Sono credente, ringrazio Dio per questa vita che mi ha donato. Per la partita che mi resta da giocare io non me la sento di chiedere proprio niente. Ho già avuto tantissimo. Diciamo che è come se i due tempi regolamentari si fossero conclusi. Ora inizia il golden goal e sicuramente non sono uno che si arrende”.

Che fosse un personaggio che non si arrende lo sapevamo… tanti i successi in carriera a conferma di ciò. Un Palmares da fare invidia anche a tanti idolatrati giocatori: due scudetti, una Coppa Italia, due Coppe dei Campioni, una coppa delle Coppe e una Coppa Intercontinentale. E da allenatore? … sette scudetti, due Coppe Italia e una Supercoppa in Italia. Ma ha vinto il campionato anche in Germania, oltre a due coppe nazionali, uno in Portogallo e ancora uno in Austria. Sempre da allenatore poi ha conquistato tre Coppe Uefa, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa, una Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale. Insomma stiamo parlando dell’allenatore italiano più vittorioso a livello di club nonché uno dei più titolati al mondo.

“Come allenatore”, ribadisce nell’intervista a Repubblica, “ho sempre cercato l’equilibrio con la E maiuscola e il gioco che si adattasse meglio agli uomini che avevo a disposizione. Juve, Inter, Bayern, Salisburgo, sono squadre in cui sono riuscito a concludere il campionato con il miglior attacco e la miglior difesa. Ho prediletto un gioco concreto, orientato al risultato, privo di fronzoli non necessari».

Definisce il Milan come la prima famiglia, la Juve come una lunga storia d’amore e l’Inter una inarrestabile emozione, “Facendo un paragone con la vita, il Milan è stato l’adolescenza, la Juve il matrimonio, l’Inter il cambiamento della mezza età». Torna anche su Byron Moreno e la partita contro la Corea del Sud… “Dall’arbitro ci si aspetta un comportamento super partes. Lui ha commesso una grande ingiustizia e ha colpito tutta l’Italia […] se proprio dovesse esserci una partita che rigiocherei, sarebbe Italia-Corea”.

Riferendosi poi a una delle migliori nazionali azzurre di sempre, da Argentina ’78 a Spagna ’82, che presentavano il suo “blocco” Juve dice: “Non era solo una squadra, ma un gruppo eccezionale, affiatato, che aveva trovato il suo equilibrio strutturale dentro e fuori dal campo. Ognuno era complementare ai suoi compagni. Ma il merito non lo reputo assolutamente come mio, è di Enzo Bearzot, l’uomo che è riuscito ad unire alla perfezione quel gruppo, come fosse una famiglia, infischiandosene delle critiche”.

Redazione

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