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Sergio Gori …

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Il ricordo di Sergio Gori

In uno sport in cui essere protagonisti, stare sempre al centro dell’attenzione e là dove splendono più luminose le luci della ribalta, fare un ruolo da comprimario può sembrare diminutivo. In realtà, conta la percezione personale di quello che si fa. Era la consapevolezza di Sergio Gori, in arte Bobo, scomparso in questi giorni, attaccante atipico in un calcio tipico, che era talmente cosciente del suo ruolo da poter vantare, uno dei pochi, quattro titoli italiani vinti con tre squadre diverse, e una di queste non il classico squadrone del nord, ma il Cagliari. Quel Cagliari che si identificava in Gigi Riva, ma in cui Gori si ritagliò gli spazi giusti, fino a diventare la spalla ideale e complementare del bomber sardo.

Era cresciuto nelle giovanili dell’Inter, in prima squadra lo aveva voluto il Mago, Helenio Herrera, e pur giocando poco, poté iscrivere il suo nome tra i vincenti degli scudetti nerazzurri del 1964/1965 e del 1965/1966, con la Coppa dei Campioni del 1964/1965 e due Coppe Intercontinentali. Al gtermine di questa fase d’esordio fu mandato a farsi le cosiddette ossa a Vicenza e, dopo un fugace rientro all’Inter, ci fu il fondamentale passaggio al Cagliari. Sull’isola si creò la magia, l’alchimia giusta per cui un manipolo di buoni giocatori e un fuoriclasse si trasforma al punto di surclassare tutte le altre e cucirsi sul petto un memorabile scudetto, che ancora oggi rappresenta l’orgoglio sardo per eccellenza, altro prodotto calcistico del nord venuto a portare gloria ad un popolo che spesso non si è sentito nazione, in questo in compagnia con il suo sodale Riva.

Quel momento magico doveva valere a Gori anche la chiamata in Nazionale da parte di Ferruccio Valcareggi, includendolo nel gruppo che avrebbe partecipato a Mexico ’70. Bobo Gori avrebbe giocato nel quarto di finale contro i padroni di casa, guardando dalla panchina l’epica impresa contro la Germania Ovest e la sconfitta in finale contro il Brasile di ‘O Rey Pelé. Conclusa l’esperienza sarda, la carriera di Gori inizia la fase declinante, ma anche in questo caso sarà vincente e non banale: passato alla Juventus nel 1975, nella stagione 1976/1977, problemi fisici non gli permettono di essere continuo, ma è nella rosa di quella squadra che vinse lo scudetto e, soprattutto, la Coppa Uefa 1977, unico trionfo di una squadra completamente composta da giocatori italiani, cui seguirà la Nazionale, memorabile, del 1982. La grande capacità di sentirsi sempre protagonista, sia da primo attore che da spalla, con l’orgoglio di tante vittorie e quella, indimenticabile, di un Tricolore vinto dove nessuno sarebbe più riuscito. 

GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)

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