GLIEROIDELCALCIO.COM (Luca Negro) – 11 Novembre, una data che a Torino, sede Juventus, viene marchiata, cerchiata con un pennarello nero, sul calendario. Una data da narrare e tramandare. Data in cui per la “signora” ci sono streghe ad accoglierla. E quel giorno di 35 anni fa, l’11 novembre 1984, fu realmente profetico. Vuoi la superstizione. Vuoi perché solo 5 anni prima, nel 1979, l’11 novembre, aveva visto i bianconeri, crollare a Milano, nel 142° incontro ufficiale contro l’Internazionale, sotto i colpi di uno scatenato Alessandro Altobelli, autore di una tripletta, nel 4-0 in favore dei nerazzurri, allenati da Eugenio Bersellini, nell’ormai famoso “derby d’Italia”, così come il giornalista Gianni Brera, ribattezzò, nel 1967, l’epico scontro fra le due rivali più titolate d’Italia. Vuoi per il difficile momento in un campionato fra i più competitivi e spettacolari di sempre, in cui l’Hellas Verona, l’allegra compagine allenata da Osvaldo Bagnoli, raccoglieva, giornata dopo giornata, la consapevolezza della propria forza, nel campionato che sarà ricordato come quello del sorteggio integrale degli arbitri. Una consapevolezza gialloblu che nulla sarebbe stato impossibile e che la vittoria finale non poteva e non doveva essere solo una chimera o una semplice utopia. La consapevolezza resa tale e maggiore, giornata dopo giornata, anche per il ritardo in classifica della Juventus campione d’Italia, la corazzata allenata da Trapattoni che poteva contare, oltre a “Le Roi” Michel Platini, allo zoccolo duro della nazionale italiana di calcio. Già, la Juve del Trap, che quell’11 novembre 1984, nel 156° derby d’Italia, si apprestava a rivedere nuovamente le streghe, proprio come 5 anni prima. Non si può nemmeno dire che la vigilia di quell’ottava giornata del campionato di serie A 84-85, fosse facile per i nerazzurri. La sosta aveva solo in minima parte alleviato il trauma della sconfitta patita nel derby col Milan del 28 ottobre. Il volo di Mark Hateley, oltre a scuotere i pilastri del cielo e fatto vibrare i cuori dei tifosi rossoneri, aveva tolto sicurezze all’ambiente interista, che l’esperienza e la classe degli ultimi arrivati, Brady, Causio e soprattutto, Rummenigge, avevano infuso. Pareggiando con la Roma, alla settima giornata, la Juventus, aveva raggiunto in classifica proprio i nerazzurri, sconfitti nel derby e le due squadre, erano appaiate con 8 punti, in netto ritardo in classifica. 4 punti di distacco dal Verona capolista, ma ciò che preoccupava maggiormente, erano le tante squadre avanti. Torino, Milan, Fiorentina e la sorprendente Sampdoria, che, ancora non sapeva, avrebbe iniziato un ciclo. Insomma, la sensazione, alla vigilia di quel derby d’Italia, era che si trattasse di un drammatico spareggio e che, probabilmente, avrebbe prevalso la paura di perdere. Il pubblico era quello delle grandi occasioni e San Siro, “la scala del calcio”, lo stadio intitolato alla memoria di Giuseppe Meazza, ancora una volta, un luogo magico. Subito si ebbe la sensazione che i padroni di casa, allenati da Ilario Castagner, non solo stessero meglio fisicamente, ma che fossero anche meglio disposti tatticamente. Dopo una brevissima fase iniziale di studio, l’Inter accelerò, trovando già dopo 10 minuti la svolta del match in una azione sulla corsia di sinistra. Una iniziativa di Riccardo Ferri venne interrotta dalla difesa bianconera, pallone a Mandorlini, cross perfetto al centro della area di rigore della Juventus, dove svettò in solitudine Rummenigge. Sul pallone intervenne goffamente Stefano Tacconi smanacciando e trasformando la traiettoria della sfera in una palombella che beffardamente si insaccò alle sue spalle. Primo gol nel campionato italiano per il tedesco, fino a quel momento a secco e ferito nell’orgoglio dal post derby di un paio di settimane prima e dal confronto della stampa col ben più prolifico rendimento, fino a quel momento, di Mark “Attila” Hateley, che avrebbe iniziato, invece, proprio quel giorno, una lunga astinenza dal gol. Dopo una decina di minuti, la Juventus, che già doveva rinunciare a Boniek, dovette fare a meno anche di Paolo Rossi a causa di un infortunio muscolare. Entrò in campo il 22enne Giovanni Koetting, prodotto del vivaio bianconero.
Nato nel 1976, ho iniziato ad amare il calcio, dal 1983, da quelle prime figurine attaccate al mio primo album Panini. Un calcio romantico ormai scomparso che aveva il potere di far sognare tutti, proprio tutti. Fotografo artistico, fotoreporter e opinionista sportivo. Racconto la realtà ma amo scrivere di quel passato che mi fa tornar bambino.
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