Amedeo Carboni: "Cuper mi chiamò il giorno dopo il 5 Maggio del 2002" - Gli Eroi del Calcio
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Amedeo Carboni: “Cuper mi chiamò il giorno dopo il 5 Maggio del 2002”

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(ILPOSTICIPO.IT di Simone Lo Giudice – Foto ALCHETRON)

Il sito Il Posticipo intervista Amedeo Carboni. Ecco uno stralcio.

[…] La sua storia sportiva è cambiata in positivo quando lei ha lasciato l’Italia per la Spagna…

[…]  Ho avuto la fortuna di ritrovarmi nel pieno del boom economico, sociale e sportivo della Spagna. Sono arrivato qui nel ’97 quando stava esplodendo tutto in positivo. Dopo di me sono arrivati grandissimi giocatori come Figo e Zidane. La Spagna godeva del famoso sgravio fiscale per gli stranieri: questo ha spinto a venire qui altri calciatori come Ronaldo il Fenomeno e Kakà. […] I 9 anni in cui ho indossato la maglia del Valencia sono considerati i più importanti della storia del club.

[…] Bruciano ancora le due finali di Champions perse?

[…] Bruciano eccome, specialmente la seconda perché eravamo convinti di poter fare bene. Alla prima contro il Real eravamo arrivati impreparati: non tirammo mai in porta. Ero squalificato e arrabbiato: avevo già 35-36 anni e mi chiedevo quando mai sarei tornato in finale di Champions col Valencia. Quell’anno eravamo un po’ come l’Atalanta, la Cenerentola del torneo e nessuno ci prendeva sul serio. La stagione successiva contro il Bayern a San Siro invece tutti si aspettavano grandi cose da noi e per questa ragione è stato ancora più bello: quella Champions è stata stratosferica.

[…] Che rapporto aveva con Cuper?

[…] Cuper era il miglior italiano che ci potesse essere in Spagna. Era un finto burbero: uno sempre zitto che si teneva tutto dentro, ma aveva un cuore grande. C’era un rapporto speciale tra noi: io ero un po’ il vecchio della squadra e lui mi vedeva sempre come un punto di riferimento. Poi avevo la sua stessa mentalità: facevamo difesa e contropiede. Cuper era una persona squisita ma un po’ sfortunata: non so nemmeno quante finali abbia perso…

[…] È vero che voleva portarla all’Inter?

[…] Il giorno dopo la sconfitta del 5 maggio 2002 con Gresko titolare a sinistra mi chiamò e mi disse: “Sei contento? Mi hai fatto perdere un campionato perché non sei venuto all’Inter!”. Io gli dissi che non c’entravo niente… Andare a Milano sarebbe stato insensato per me: non volevo tornare in Italia a 36 anni dopo essermene andato via.

 

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