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La Penna degli Altri

Alessandro Birindelli: “Ancora tanta amarezza per la retrocessione con il Pisa”

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SuperNews (Luca Piedepalumbo) ha intervistato Alessandro Birindelli, ex calciatore, terzino destro, di Empoli, Juventus, Pisa e della Nazionale dove conta 6 presenze.

Di seguito l’intervista:

Sei cresciuto calcisticamente nell’Empoli, squadra nella quale disputi ben cinque campionati, maturando grande esperienza tra Serie C e Serie B. Quanto è stata importante per te la gavetta e che ricordi hai di quegli anni?

“Ho avuto la fortuna di crescere nel settore giovanile dell’Empoli, che già all’epoca era tra i più importanti e prestigiosi in Italia. Tanti calciatori importanti sono cresciuti lì calcisticamente, da Montella a Di Natale, passando per Galante e Di Francesco. Ad Empoli mi sono formato soprattutto come persona, attraverso i valori fondamentali dello sport, come la disciplina, il rispetto per i compagni e per le regole. A volte davano maggiore importanza al percorso scolastico rispetto ai risultati raggiunti in campo. Probabilmente bisognerebbe tornare a quei tempi. Dopo il percorso nelle giovanili, ho esordito in prima squadra, con mister Walter Nicoletti, giocando per tre stagioni in Serie C e per una stagione in Serie B”.

Sotto la guida di Luciano Spalletti, alle prime armi in panchina, hai ottenuto con l’Empoli due promozioni consecutive, passando dalla Serie C1 alla Serie A. Che importanza ha avuto l’allenatore toscano nella tua crescita umana e professionale?

“Avevo già avuto Spalletti come compagno di squadra, ritrovarlo da allenatore è stata una vera e propria fortuna. Da calciatore lui era al suo ultimo anno e io ero agli inizi, mi prese subito sotto la sua ala protettrice. Spesso mangiavo anche a casa sua. Mi ha dato una grossa mano nella fase iniziale della carriera: mi ha sempre difeso e mi ha fatto voler bene dal gruppo squadra. Ritrovarlo da allenatore è stato fondamentale, sotto la sua guida sono maturato tantissimo a livello calcistico e umano. All’Empoli con Spalletti in panchina abbiamo vinto il campionato di Serie C e la Coppa Italia di categoria e l’anno successivo abbiamo ottenuto la promozione in Serie A, è stata una cavalcata trionfale che ricordo con grande piacere e gioia”.

Nell’estate del 1997 passi dall’Empoli alla Juventus. Come nasce il tuo trasferimento in bianconero? Quali sono state le emozioni che hai provato nell’indossare una maglia tanto prestigiosa?

“Quell’estate avevo già un accordo di massima con la Fiorentina per cinque anni, poi il mio procuratore mi informò dell’interesse della Juventus. Da tifoso bianconero il cuore andava a mille, l’emozione è stata fortissima. Nonostante fosse, con ogni probabilità, la scelta più azzardata per la mia crescita professionale, decisi comunque di trasferirmi a Torino. Sicuramente ci furono anche discussioni sul mio conto tra Spalletti e Lippi, i due mister si conoscevano benissimo. La Juventus, tuttavia, mi seguiva già da diversi anni e la società pescava tantissimo nelle serie inferiori, basti pensare a Iuliano, Ametrano e Torricelli. Passare dalla Serie B alla Juventus è stato un sogno, integrarsi subito era difficile ma ci sono riuscito”.

Alla Juventus vinci quattro Scudetti e tre Supercoppe italiane, collezionando oltre 300 presenze. La gioia più grande, probabilmente, è stata quella del 5 Maggio 2002, con la vittoria del campionato al fotofinish. Che ricordi hai di quel giorno?

“Quel giorno è stato un susseguirsi di emozioni positive. Tra radioline in campo, passaggi di notizie, gol e quant’altro è stata una gioia indescrivibile. Il pensiero è corso subito a due anni prima, alla partita di Perugia, quando ci è stato tolto uno Scudetto che meritavamo assolutamente di vincere. Per noi fu una vera e propria rivincita. La dimostrazione che nella vita la tenacia di credere in quello che si fa premia sempre”.

Hai vissuto il periodo più buio della storia della Juventus, quello legato a Calciopoli, con la retrocessione del club in Serie B. Sei stato tra i senatori che non hanno lasciato la squadra, riportandola, da protagonista, nel grande calcio. Come hai vissuto quel periodo e cosa ti ha spinto a restare in bianconero?

“Restare alla Juventus è stata una cosa naturale per me. La società mi ha sempre protetto, rispettato e non mi ha fatto mancare mai nulla, volevo in qualche modo contraccambiare il club per quello che aveva fatto per me negli anni precedenti. La rabbia da parte di tutti è stata immensa, sia per gli Scudetti revocati sia per la retrocessione. Riacciuffare la Serie A non era semplice, viste le tante insidie del campionato cadetto. Fortunatamente ci siamo riusciti subito”.

Dopo la Juventus, il trasferimento a Pisa per giocare in Serie B nella squadra della tua città. La stagione calcistica si chiude con la retrocessione in Serie C e il successivo fallimento del club toscano. Un epilogo sicuramente triste e negativo, cosa puoi raccontarci di quell’esperienza?

“La vita ti mette sempre davanti a delle scelte, a volte sono azzeccate altre volte meno. Avevo già ben delineato la mia storia calcistica. Dopo la Juventus, qualora vi fossero stati i presupposti, avrei voluto chiudere la carriera nella squadra della mia città, il Pisa. Probabilmente, mi son fatto prendere dall’entusiasmo della situazione non valutando altre proposte che forse per me potevano essere migliori. È stata un’annata tribolata, siamo partiti benissimo, chiudendo il girone d’andata in zona playoff, poi abbiamo vissuto gli ultimi sei mesi con una società assente, senza direttore sportivo e con l’allenatore cacciato via. Eravamo una nave in mezzo all’oceano con onde alte venti metri. A parte me e qualcun altro c’erano zero giocatori di proprietà, la confusione era totale. È vero in campo scendevamo noi calciatori, ma non c’erano neppure le minime condizioni per fare calcio. Basti pensare che la sede d’allenamento cambiava di giorno in giorno e ci veniva comunicata la mattina per il pomeriggio. A Pisa ci vivo e l’amore per la squadra della città è incondizionato. Il giorno della retrocessione è stato tremendo, ho provato sensazioni bruttissime. Tutt’ora c’è grande amarezza per quella stagione” […]

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