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Buon compleanno “Don” Andrés Iniesta

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Oggi è il compleanno di “Don” Andrés Iniesta. Ricordiamo il suo esordio

E’ il 29 ottobre 2002. Siamo allo Jan Breydel Stadion. Si gioca la Champions League, si gioca Club Brugge-Barcellona. Tra le file blaugrana esordisce un giovane ragazzo, appena 18enne. Ha capelli mori su una fronte destinata ad essere sempre più ampia. Se si dice che sia sintomo di chi pensa tanto… Beh… Allora, seguendo questo “motto”, abbiamo davanti un calciatore dotato di una mente incredibile. Mente che garantirà le sue fortune, quelle del suo club e della sua Nazionale. Lo chiamano Don, Don Andrés. Don Andrés Iniesta.

Ha qualcosa in più degli altri. Lo si vede. Non si può non vederlo. Crea, distrugge. Nasconde, mostra. Poi quella finta: arriva sulla linea di fine campo. Chiunque direbbe: “Non passa. Non passerà di lì”. Sì, però bisognerebbe spiegarglielo. Destro, sinistro… Difensore battuto. Tunnel… Difensore seduto.

Abbiamo appena accennato del suo “nascondere” e del suo “mostrare”. Arriva il pallone e, alle sue capacità, pare semplicemente che lo protegga. A chi lo osserva, pare, invece, che faccia qualcosa di “oltre”. Sposta il busto a destra, mentre il pallone è tenuto dal suo piede mancino. Se il difensore, che, fra le altre cose, gli è praticamente col fiato sul collo, si accorge dello stratagemma, Don Andrés usa l’esterno dell’altro piede per spostare il pallone e sfruttare la forza di gravità, forza che mantiene il suo corpo già proteso in avanti, per sgusciare via dalle grinfie del cattivo.

La sua calma

Inoltre, la calma, la calma colossale con cui fa tutto questo. Quando si dice “avere gli occhi anche dietro la testa”. Questo calciatore è in grado, durante una ripartenza, di capire che, dietro di lui, l’avversario lo sta rimontando. La normalità vorrebbe un’accelerazione, ma lui è diverso: rallenta e gli cela il pallone. L’altro va fuori equilibrio e Andrés serve un suo compagno, o congela la sfera da gioco, o prende, salta l’uomo e, con una traiettoria (solo gli Dei del Calcio sanno come) che governa lo spazio-tempo, fa l’assist decisivo per andare in gol.

Fuori dal campo è una persona “normale”. Timido e taciturno. Ma in campo: “Il 99% dei palloni passano dai suoi piedi. Il tiki taka è lui”. Queste sono parole di Pep Guardiola. “Non sono ossessionato da Messi, il pericolo è Iniesta. E’ fantastico, fa giocare bene la squadra, il modo in cui trova i passaggi, il suo movimento, la capacità di creare spazi sono incredibili. E’ importantissimo per il Barcellona”, parole di uno come Sir Alex Ferguson.

Il suo stile di gioco. Il nascondere e mostrare. Tutto ciò porterà al suo altro soprannome: El Ilusionista”. Adesso torniamo alla partita.

Torniamo alla partita

Le formazioni:

CLUB BRUGGE: Verlinden; Maertens, Clement, Lesnjak; De cock, Simons, Englebert, Van der Heyden; Stoica; Verheyen, Martens. Allenatore: Trond Sollied.

BARCELLONA: Enke; Navarro, Tortolero, Puyol; Gabri, Rochemback, Gerard, Iniesta; Riquelme; Geovanni, Garcia. Allenatore: Louis Van Gaal.

Nasce l’11 maggio del 1984 a Fuentealbilla nella Comunidad Autonoma de Castilla-La Mancha. A otto anni inizia a giocare a calcio nell’Albacete, ma durante un torneo, 12enne, viene notato dagli osservatori del Barcellona. Lascia la sua famiglia, a cui è molto attaccato, per andare nella Macia. A 15 anni diventa capitano dell’Under-15 della squadra catalana. E dal 2000 al 2003 gioca nel Barcellona B.

Fu Louis Van Gaal che, quel 29 ottobre di quasi 20 anni fa, lo fece esordire con la maglia della prima squadra. L’arbitro Graham Poll fischia l’inizio del match. Il ragazzo tocca il primo pallone, il primo pallone tra i grandi, il primo pallone in Champions League. Trofeo che alzerà al cielo per ben 4 volte.

Iniesta: la sua unicità

Di lui si ricorda la rete a Stamford Bridge. La rete che garantì la prima finale dell’era Guardiola. Gol di una bellezza e di una balistica come pochi, anzi, come nessuno. Sì, perché lui è unico. Tu puoi comparare Messi a Maradona, ma Iniesta? Ci si prova, ma uno così… uno così… Nessuno come lui.

Il ritmo è lento? D’un tratto… alza la testa e pesca, con un lancio lungo, che soltanto Don Andrés può immaginare, uno dei suoi compagni davanti alla porta. Oppure fraseggia con Xavi (altro fenomeno unico) e con un filtrante manda in porta il Messi di turno. Quando questo giocatore tocca la palla, hai la sensazione, continua, che stia per accadere qualcosa. Che ogni volta, anche al più insignificante dei tocchi, possa succedere l’impossibile.

Il suo essere decisivo in momenti importanti

La magia, la magia del suo modo di toccare la palla. Del suo modo di stopparla. Di trattarla. El Ilusionista che incanta il mondo intero. Sa far tutto: mediano, mezzala, ala. Ruolo, quest’ultimo, che ricoprì in due occasioni fondamentali: la finale di Champions League 2009 e… il Mondiale 2010.

Quel Mondiale, il primo e unico Mondiale vinto dalla Nazionale Spagnola. E provate a indovinare chi segnò, ancora una volta, il gol che fu decisivo? Sì, lui: Don Andrés Iniesta. Al minuto numero 115’ della finale contro l’Olanda. Dopo quella rete, in ogni stadio della Spagna, compreso il Bernabeu, gli verrà sempre dedicata un’ovazione. Ma torniamo al match.

Chi comanda, almeno sul piano delle occasioni, sarebbe il Brugge. Il Barcellona fatica. Certo, il ragazzo in mezzo al campo fa faville, e con Gerard e Riquelme forma un bel triangolo per intessere trame contusive all’avversario. Eppure il Barça non riesce a far fluire la manovra.

Infatti, le maggiori occasioni sono tutte dei belgi. Assaltano la porta difesa da Enke, trascinati dal loro pubblico che ci crede. La prima frazione termina a reti bianche e si ha la sensazione, che i secondi 45 minuti possano serbare la solita cantilena. Sarà così, finché al 64esimo: Lesnjak ruba il pallone a Garcia, ma sbaglia il rilancio. La palla finisce dove non deve finire, cioè in mezzo al campo. Lì, le maglie blu hanno lasciato spazio. Eccessivo, se si pensa a cosa stia per accadere.

Lo abbiamo detto che “ogni volta, anche al più insignificante dei tocchi, possa succedere l’impossibile”. La traiettoria, disegnata dal pallone, va a concludersi proprio sul petto del ragazzo.  Qui, è bene descrivere nel dettaglio il gesto tecnico: ok la traiettoria. Ma vogliamo parlare della velocità a cui la sfera giunge e alla quale colpisce el pecho (il petto) del giovane? Lesnjak aveva spazzato la palla, badando a pochi fronzoli.

Iniesta: il Calciatore

Eppure Andrés, con una calma aliena, in una zona del campo che, seppur lasciata scoperta dagli avversari, resta ad alto rischio, dà la sensazione di avere il pieno controllo (nel vero senso della parola) motorio (nei muscoli che non tremano durante gestione del pallone) e psicologico (“decidendo” di indirizzarlo proprio sui piedi di Gerard). L’altro mediano passa subito a Riquelme. L’argentino scarta un paio di avversari e, dal limite dell’area, scarica un destro preciso quanto spaventoso. Verlinden ci prova, ma non può far nulla.

La partita termina 0-1.  Andrés non segna. Avrà comunque tutto il tempo per rifarsi. Oggi è il compleanno di uno dei più grandi. Oggi Don Andrés Iniesta compie 38 anni. L’ultimo e unico della sua specie. Centrocampista (anche se limitativo definirlo così) che ha coscienza. Ha sensibilità. Ha conoscenza e amore per questo gioco.

A differenza dei tanti calciatori dei nostri giorni, lui non puoi incasellarlo in una sezione di campo localizzata. In una sezione, nella quale “devi” ripetere a memoria predeterminati movimenti decisi dal tecnico. Lui non è una funzionalità. Lui è il calciatore. Auguri Don. Buon compleanno.

GLIEROIDELCALCIO.COM (Manuel Cordero)

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Vivo a Cerreto Guidi, cittadina della campagna toscana in provincia di Firenze. Sono uno scrittore e un aspirante giornalista sportivo. Cerco di raccontare il calcio alla Foucault. La storia e la tattica sono i miei mezzi. Appassionato del football in tutte le sue forme.

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