Donne in Gi(u)oco

ESCLUSIVO – Intervista a Maura Furlotti: “Cominciai in attacco … ma poi Ferruccio Mazzola mi posizionò al centro della difesa …”

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Giovanni Di Salvo) – Maura Furlotti, per oltre vent’anni, ha brillantemente battagliato – sportivamente parlando – contro le attaccanti più forti, divenendo una bandiera della Lazio e della Nazionale. Infatti corsa e senso della posizione, coniugati a due piedi educati tanto da essere un’eccellente rigorista, l’hanno resa uno dei migliori difensori del panorama calcistico femminile. Con la maglia biancoceleste ha vinto quattro scudetti (1979, 1980, 1986/87, 1987/88) e due Coppe Italia (1977 e 1985) mentre con quella azzurra il Torneo Internazionale del 1978, il Portpier ’81 International Ladies Football Festival e nel 1986 il Mundialito e la Coppa Seiyu, solo per citare le competizioni più importanti.

Quando inizia a tirare i primi calci ad un pallone?

“La prima squadra con cui ho disputato un campionato è stata la Roma ’70. Nell’anno successivo, il 1971, sono passata alla Lubiam Lazio. Infatti venni notata da una osservatrice della società di Bruno Valbonesi e venni acquistata in cambio di un kit di magliette da gioco. All’epoca avevo quindici anni e rimarrò in biancoceleste fino alla stagione 1991/92.”

Con la Lubiam Lazio nel 1980

Le soddisfazioni più grandi le coglie proprio con la Lazio. Dei trofei vinti quale ricorda con maggior piacere?

“Sicuramente la Coppa Italia conquistata nel 1977. La finale si disputò il 6 agosto a Rimini davanti a 10.000 spettatori. Non partivamo con i favori del pronostico perché il Milan GBC erano più forte di noi ma disputammo una partita gagliarda che si concluse 1-1 nei tempi regolamentari. Il risultato di parità non si schiodò neppure dopo i tempi supplementari e così si andò ai calci di rigore dove trasformai quello decisivo: fu un’apoteosi perché si trattava del nostro primo trofeo in assoluto.”

Il rigore decisivo calciato da Maura Furlotti nella Finale di Coppa Italia del 1977

Inizia la carriera da attaccante per poi arretrare in difesa. Chi ebbe questa intuizione?

“In effetti quando iniziai a giocare mi schierarono nel reparto avanzato ma passata alla Lazio prima ricoprii il ruolo di terzino, poi stopper e libero. Fu Ferruccio Mazzola a posizionarmi al centro della difesa perché notò che avevo un buon tocco di palla ed in quella posizione avrei potuto dare una mano anche al centrocampo.” 

Nella sua lunga carriera ha affrontato le migliori attaccanti del mondo. Quale è stata la più difficile da marcare?

“Soffrivo le punte piccole e scattanti. In particolare ricordo la centravanti napoletana Mauriello: l’ho incrociata tre quattro volte e mi ha messo sempre in difficoltà.”

In Nazionale

 In che anno decide di appendere le scarpe al chiodo?

“Nel 1992 si era chiusa l’esperienza con la Lazio, infatti ero reduce da un’operazione al ginocchio ed avevo deciso di iscrivermi alla Scuola per infermieri per iniziare a programmare il mio futuro. Mi giunse, però, una chiamata da Levati per vestire la maglia del Fiammamonza e così decisi di provare quest’esperienza, tanto mi sarei potuta allenare autonomamente e avrei raggiunto la squadra solamente il sabato per le partite. Alla fine col club brianzola ho giocato per due stagioni e mezzo. Infatti il campionato 1995/96 non lo conclusi perché non riuscivo più a far conciliare gli impegni personali con quelli sportivi. Inoltre avevo già 38 anni ed il mio fisico ormai era provato dal momento che, durante la mia carriera, avevo subito ben tre interventi, due al ginocchio e uno alla spalla. Quindi era arrivato il momento di fermarmi.”

Con il Fiammamonza 1994/95

Ci racconti l’esperienza della prima Coppa del Mondo organizzata dalla FIFA nel 1991 in Cina.

“Il Mondiale fu preparato davvero in maniera impeccabile. Ricordo che la gente era molto accogliente e quando arrivammo nella struttura che ci avrebbe ospitato, l’East Lake Hotel, ci fecero trovare un grande dragone rosso, che per loro è un simbolo beneaugurante. E poi ho ancora negli occhi la bellissima coreografia preparata per l’inaugurazione al Tianhe Stadium e raffigurante un’enorme Fenice. Il pubblico rispose bene perché gli stadi erano sempre pieni. Peccato che la nostra avventura si fermò ai quarti contro la Norvegia: fu una partita tiratissima e perdemmo solo ai tempi supplementari per un rigore trasformato da Svensson quando mancavano pochi minuti alla fine del match. L’incontro disputato contro la Nigeria nella prima fase è stata la mia ultima gara in nazionale perché mi sono infortunata e l’anno successivo ho dovuto subire un intervento. Quando ripresi a giocare col Fiammamonza ricevetti una convocazione ma vi rinunciai perché pensavo che ormai era finito il mio ciclo con la maglia azzurra. Ritornando al Mondiale chiaramente la Cina di trent’anni fa era totalmente diversa da quella di oggi: molte strade non erano asfaltate, usavano impalcature in bambù e tutti giravano in bicicletta. Inoltre mi colpì che all’epoca per gli stranieri si usava una moneta diversa rispetto a quella che circolava tra la popolazione.”

Momento di relax durante il Mondiale del 1991

Dai dolci ricordi del Mondiale a quelli meno felici: quale è stata la delusione più cocente?

“Direi la semifinale del Campionato Europeo del 1991, persa con un sonoro 3-0 contro la Germania. La fase finale di quell’edizione si giocò a luglio in Danimarca. Noi eravamo convinte di poter fare bene ed invece contro le tedesche subimmo una pesante sconfitta.”

Con la nazionale ha girato il mondo. Di quale paese estero è rimasta più colpita?

“Senza ombra di dubbio il Giappone è stato quello che mi ha impressionato maggiormente. Era il 1981 e partecipammo all’International Ladies Football Festival, con Giappone, Danimarca e Inghilterra, e lo vincemmo per differenza reti grazie alla larga vittoria sulle padrone di casa. Anche in questo caso tutto venne organizzato benissimo e nei minimi dettagli. Inoltre fu molto interessante conoscere luoghi e tradizioni di un paese così lontano dal nostro. Qualche anno dopo, nel 1986, siamo ritornate nel Sol Levante in occasione della Coppa Seiyu. Poi sono rimasta colpita dai paesi del Nord Europa per gli impianti sportivi di cui disponevano, segno che lo sport lì è molto considerato. Quei paesi stavano non un passo ma venti passi avanti rispetto a noi nella cultura sportiva. D’altronde Germania, Svezia e Norvegia sono le nazioni che hanno vinto di più nel calcio femminile.”

Al mercatino giapponese durante la Coppa Seiyu 1986

Oltre ai trofei vinti con la Lazio e l’Italia ha ottenuto diversi riconoscimenti personali. A quale è più legata?

“Sono orgogliosa di tutti i premi che ho ricevuto ma tengo in modo particolare a quello assegnatomi come miglior giocatrice dell’amichevole contro la Svezia del 13 maggio 1982 a Helsinborg. Perdemmo per 2-0 ma la squadra scandinava era molto forte ed il fatto di essere stata scelta come la migliore in campo proprio dai giornalisti svedesi è stata una grandissima soddisfazione.”

Cosa ne pensa del calcio femminile di oggi?

“Intanto sono contenta che Carolina Morace, mia compagna sia in biancoceleste che in maglia azzurra, abbia appena riportato la Lazio in serie A. In generale ho notato che oggi ci sono meno individualità che spiccano ma nel complesso il livello medio è molto cresciuto rispetto ai miei tempi. Ho visto gli ultimi mondiali in Francia: stadi pieni e spettacolo bellissimo perché le squadre giocavano veramente bene. E noto che la gente si sta appassionando al calcio femminile. Sicuramente incide il fatto che adesso le giocatrici si allenano di più, hanno ottime strutture a disposizione e tecnici preparati e competenti.”

La maglia della Nazionale

 

Si ringrazia Maura Furlotti per la documentazione fotografica messa a disposizione.

Per chi volesse approfondire l’argomento:

Giovanni Di Salvo “Quando le ballerine danzavano col pallone. La storia del calcio femminile con particolare riferimento a quello siciliano” della GEO Edizioni.

Giovanni Di Salvo “Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista” della Bradipolibri (Prefazione scritta dal CT della nazionale Milena Bertolini)

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