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Guy Roux: la storia dell’Auxerre

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Guy Roux: la storia dell’Auxerre

Il calcio di una volta, quello che spesso si trovano a rievocare attempati amanti di questo sport, il cosiddetto “calcio romantico”, è fondato, oltre che su partite epiche, eroiche, su personaggi veri eroi del calcio, sulle bandiere che hanno caratterizzato questa o quella squadra, ne hanno vissuto i colori come una seconda pelle, l’incarnato rosso, nero o azzurro, o mescolati tra loro, da portare orgogliosi a sempiterno simbolo. A chi si accosta il nero e azzurro dell’Inter, se non a Javier Zanetti ora e prima ancora a Giacinto Facchetti? Come non identificare il rosso e il nero del Milan con i Maldini, Cesare e Paolo, vera dinastia, o con Gianni Rivera?

Se dici Roma, poi, inevitabilmente dici Francesco Totti, o se dici Juventus la memoria non può non correre a Giampiero Boniperti o ad Alessandro Del Piero. Tralasciando quei due o tre che simboleggiano il calcio stesso, senza colori, senza confini anche se identificati comunque con una maglia: Pelè, Brasile e Santos, Johann Cruijff, Ajax e Olanda, Diego Armando Maradona, Argentina e Napoli. 

Tutti grandissimi campioni che hanno rappresentato la storia dei loro club. Uno, in particolare, però, è stato il suo club, vivendolo pochissimo come giocatore, ma una intera vita come allenatore: Guy Roux. Difficilmente è capitato, nel corso della Storia, che un allenatore abbia potuto essere identificato totalmente con un club. Tra i pochi Herbert Chapman con l’Arsenal, Rinus Michels con l’Ajax e l’Olanda, Arrigo Sacchi con il Milan, sir Alex Ferguson con il Manchester United, più che altro per questi i club sono stati naturali punti di passaggio, quasi uno strumento, per affermare la loro ideologia calcistica o la loro abilità vincente, come sta facendo oggi Pep Guardiola con il suo calcio multiforme, adattato alle diverse realtà che allena o ha allenato.  

Egli è stato l’Auxerre

Roux no: egli è stato l’Auxerre per tutta la sua parabola calcistica, che è durata più di quarant’anni. Una enormità e un’eccezione, figlia di un calcio che non c’è più, che era a misura d’uomo e non a misura di denaro come oggi. Roux aveva giocato tre stagioni con l’Auxerre, che era un piccolo club quasi paesano, in subordine al calcio della stessa Borgogna, centro rurale caratterizzato per l’ameno paesaggio e il suo vino Chardonnay, conosciuto in tutto il mondo e fiero rivale delle enoteche nostrane, che ha in Digione la sua città più importante. Un club piccolo, che navigava ai margini del calcio francese, punto sportivo dei suoi tifosi, circoscritto nell’ambito cittadino. Poi arrivò lui a prendere le redini della società, identificandosi in essa fino a diventare immanente, dominus assoluto della squadra, dal punto di vista tecnico, soprattutto, ma anche amministrativo.

Del resto, una società calcistica quasi oratoriale, voluta e presieduta dall’abate Ernest-Theodore Valentin Deschamps, cui poi sarà dedicato lo stadio, Abbé Deschamps, non poteva che avere un solo padre naturale e spirituale, Guy Roux, appunto.  Tre anni, abbiamo scritto, durò la sua avventura sul campo, ma aveva solo ventidue anni quando accettò di guidare il club proponendo argomenti, soprattutto economici, irresistibili. In poco tempo divenne factotum, padre-padrone, dittatore, se vogliamo, della squadra e dell’intera società.

Da uomo estremamente pratico e organizzato, retaggio forse delle varie annessioni tedesche della sua terra d’origine, Colmar in Alsazia, capì che se voleva salire i gradini della gerarchia del calcio francese, doveva puntare sui giovani e soprattutto su quelli cresciuti in casa. Fu così che in maniera certosina iniziò quel viaggio nel 1961, che nel 1980 conobbe il suo primo traguardo di tappa, la promozione nella Division 1, antesignana dell’odierna Ligue 1, massima serie calcistica d’Oltralpe.  

Guy Roux dette all’Aja una connotazione stabile tra le grandi…

Raggiunto il paradiso, occorreva restarci, e anche qui, sempre con la stessa filosofia sparagnina e puntando sui giovani, Roux dette all’AJA una connotazione stabile tra le grandi, in un’epoca dove dominava l’Olympique Marsiglia, ma erano nel novero delle vincenti anche Bordeaux, Monaco, Nantes e iniziava a vincere anche il Paris St. Germain. Tutti giganti che pareva difficile scalzare dal podio, ma ci sarebbe riuscito proprio il piccolo Auxerre. Cominciarono ad arrivare i primi piazzamenti importanti, le prime apparizioni internazionali in Coppa Uefa, le prove del trionfo ci furono nella stagione 1993/1994, quando gli Auxerroise vinsero la loro prima Coppa di Francia, dando concretezza alla realizzazione di un sogno. Nella stagione 1995/1996, i pronostici vincenti vertevano su Metz e Paris St. Germain. Dopo un alterno dominio iniziale di queste due squadre, nella bagarre si inserirono anche Auxerre, Lens e Monaco.

La lotta fu serrata, punto su punto, e alla fine fu proprio la squadra di Roux a spuntarla. Questi aveva saputo costruire il giusto mix tra giovani cresciuti nel vivaio e giocatori più esperti, schierando campioni, o futuri campioni, come Stephan Guivarc’h e Laurent Blanc, poi campioni del mondo con la Francia nel 1998, o come Sabri Lamouchi, Taribo West, nomi che avremo conosciuto bene anche da noi per la militanza nei nostri club. A quella vittoria si aggiunse anche la seconda Coppa di Francia, la stagione successiva brillante fu il cammino in Champions League, in cui i borgognoni furono eliminati ai quarti di finale dal Borussia Dortmund, che poi sarebbe andato a vincere il trofeo in finale contro la Juventus. 

Guy Roux head coach and Eric Cantona of Auxerre during a photoshoot in Auxerre, France on 10th September 1982 ( Photo by Alain de Martignac / Onze / Icon Sport )

La storia dell’Auxerre

La storia dell’Auxerre continua sempre sotto l’occhio vigile di Guy Roux, diventato ora un santone del calcio francese, continuando a crescere giovani e consolidando la propria posizione nel gotha del calcio transalpino.  Ormai i biancazzurri erano una realtà riconosciuta, campionati non sarebbero stati più vinti, ma sarebbero arrivate altre due Coppe di Francia, con l’ultima, nel 2004/2005, che fu anche il regalo di addio di Roux all’Auxerre dopo quarantaquattro anni di regno assoluto. Analizzando questo lungo periodo alla guida dell’AJA, molti si sono chiesti il segreto del suo successo: la verità è che non ci sono segreti, ma solo un uomo, Guy Roux, che ha avuto il calcio e il club, l’Auxerre, come unica ragione di vita. 

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