Gli ultimi capitani della Roma
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Storie di Calcio

Gli ultimi capitani della Roma

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I capitani della Roma

La storia calcistica dell’Associazione Sportiva Roma è ricca di grandi capitani che hanno vissuto al capezzale della Lupa. È una lunga tradizione, da una generazione all’altra, di giovani calciatori romani.

Diba l’ultimo capitale umano

Agostino Di Bartolomei detto Diba o Ago per la curva Sud. Nato a Roma, il 1955. Diba costituisce con Ancelotti, Prohaska, e Falcão una diga di centrocampo difficilmente superabile – dotata di piedi buoni e con i migliori cervelli in circolazione – nella quale risulta difficile perdere palloni e molto faticoso per gli avversari recuperarli. Nils Liedholm gli affida le chiavi del centrocampo giallorosso. Diba è il mediano centrale davanti alla difesa; È un faro nella notte che sovrasta la tempesta e non vacilla mai, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio. La stagione 1982/1983 si chiude con la conquista del secondo scudetto della storia giallorossa.

Tancredi, Nela, Vierchowod, Ancelotti, Falcao, Maldera, Conti, Prohaska, Pruzzo, Di Bartolomei e Iorio costituiscono la formazione titolare.

Esistono i tifosi di calcio, e poi esistono i tifosi della Roma”. 

Per sempre, nella storia del calcio

Di Bartolomei resterà, per sempre, nella storia del calcio: “Da centrocampista ebbe una seconda carriera come difensore; Un destino che tocca solo a giocatori di costruzione, con un grande senso del gioco collettivo. Come Beckenbauer, come Scirea che mi viene automatico accostare ad Agostino per i silenzi e per la stessa visione di un calcio semplice, pulito (cit. Gianni Mura)”.

Dopo la Roma (1972-1984), Ago va a giocare altrove con alterne fortune (Milan 1984-1987, Cesena 1987-1988 e Salernitana 1988-1990). Dopo 575 presenze e 115 marcature, Di Bartolomei si ritira dal calcio giocato. Quattro anni più tardi – una maledetta mattina del 30 maggio 1994 – viene trovato, nei pressi della sua abitazione a Castellabate, lontano dalla Capitale, il corpo senza vita dell’ex capitano nonché bandiera, gloriosa, giallorossa.

​​“Mi sento chiuso in un buco”, sono le ultime parole, piene di un amaro significato, lasciate dell’ex capitano della Roma. Il ragazzo andava aiutato, ma soprattutto capito.

Con la Roma ha vinto 3 Coppa Italia (1979-1980, 1980-1981, 1983-1984) e 1 Campionato 1982-1983.

Il Maradona italiano

Bruno Conti detto Marazico per il suo fisico gracilino. Nato a Nettuno nel 1955, pochi chilometri da Roma, ma lo considero, a tutti gli effetti, un romano di Roma.

È uno dei centrocampisti offensivi – ala – più forti della storia del calcio italiano e mondiale. Ala atipica di piede mancino, preferisce giocare sulla destra. Il ragazzo è molto veloce, dotato di un tiro potente, in grado di saltare con facilità disarmante l’uomo e di finalizzare l’azione con un cross o un goal.

Con le sue giocate spettacolari, al retrogusto di Papaya e frutti tropicali, Bruno Conti si guadagna la stima di un certo Diego Armando Maradona – il calciatore più forte di tutti i tempi – che lo vorrebbe, a tutti i costi, a giocare sotto l’ombra del Vesuvio. L’ala giallorossa, bandiera eterna della Roma, è troppo attaccato ai colori della maglietta giallorossa e, alla fine, resiste alla corte serrata di D10S. La Roma, quando vuole, sa essere sexy e irresistibile come una bella donna con i tacchi a spillo, le calze a rete, gli slip di pizzo rosso e una goccia di Chanel sul petto valorizzato da una scollatura vertiginosa.

Bruno Conti è Campione del Mondo in Spagna ’82. Vincitore sotto gli occhi al color di luna di Sandro Pertini, l’ultimo vero Presidente della Repubblica Italiana.

Di lui, Pelè disse: «E’ Bruno Conti il vero brasiliano dei mondiali; è il più forte fra tutti i giocatori che ho visto in Spagna. Credevo che giocatori come lui non ne nascessero più».

Zoff, Bergomi, Cabrini, Gentile, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Oriali, Graziani. CT: Enzo Bearzot.

Con la Roma, Bruno Conti ha vinto 5 Coppa Italia (1979-1980, 1980-1981, 1983-1984, 1985-1986, 1990-1991) e 1 Campionato (1982-1983).

L’étoile dell’Olimpico

Giuseppe Giannini soprannominato il Principe per la sua grande eleganza nel gioco del pallone. Nato a Roma il 1964. Il Principe è un calciatore fantastico. È il mio amato capitano, uno dei calciatori italiani più forti degli anni ‘80-’90.

Azeglio Vicini, il C.T. dell’Italia – un vero signore di eleganza e uomo d’altri tempi – stravede per il Principe tanto da consegnargli le chiavi del centrocampo di una delle Nazionali più forti di tutti i tempi: Zenga, Bergomi, Maldini, Ferri, Franco Baresi, De Napoli, Berti, Giannini, Donadoni, Schillaci e Vialli. In panchina siede un certo Roberto Baggio che, pochi anni dopo, sarebbe diventato il calciatore più forte al mondo, premiato col Pallone d’oro.

Giuseppe Giannini ha un corpo perfetto. È bello, bellissimo, a vedersi sul rettangolo verde di gioco che appare musicale come in una scuola di danza. La struttura fisica del Principe sembra fatta di cera e pongo, modellato direttamente dalle mani esperte del pifferaio magico.

Grande tecnica individuale, un cross a lunga gittata, stop della palla sensazionale e dotato di un’eccellente visione di gioco. Giannini ha una vista periferica che gli consente giocate al limite del paranormale; discreto finalizzatore e un’eccellente assist man.

Un’opera d’arte visiva bidimensionale…

Il Principe è un’opera d’arte visiva bidimensionale, un affresco di Raffaello che si colloca nel periodo storico compreso tra i primi anni ‘80 e la metà di quelli ‘90. Per oltre un decennio, Giuseppe Giannini, è il primo ballerino dell’Olimpico: l’Étoile di Roma. Il Presidente Franco Sensi – anima scudettata – ci ha messo la coda, ahimè, ponendo fine, in anticipo rispetto alla tabella di marcia, alla carriera di Giuseppe Giannini alla Roma. Purtroppo, l’amore è capace “anche” di uccidere quello che si è amato troppo. Il giorno dell’addio alla Roma, al fianco di Giuseppe Giannini, ci sono il passato e il futuro della Roma: Bruno Conti e un giovanissimo Francesco Totti.

A distanza di anni, ancora oggi, quando penso a quel sofferto distacco sportivo, mi passa tutta la vita davanti agli occhi. Questo è il famoso tunnel di luce? Non c’è banda del Paese a ricordarmi che sono morto dentro a causa dell’addio di Giuseppe Giannini alla Roma. Il giorno del commiato alla Roma, il Principe appare alla stregua di un salice piangente tra le braccia forti di un giovane Totti e, il vecchio, Bruno Conti.

Capitani amati, venerati, ma talvolta odiati o mal sopportati dalla propria tifoseria o dagli stessi addetti ai lavori. L’esempio più lapalissiano – durante la gloriosa storia giallorossa – è quello di Giuseppe Giannini. Il Principe Povero della Capitale d’Italia. Alla Roma ha vinto, solamente, 3 Coppe Italia (1983-1984, 1985-1986, 1990-1991).

Il Capitano

Francesco Totti, il capitano, soprannominato “Er Pupone” in modo affettuoso dal popolo giallorosso. Un nomignolo poco gradito dallo stesso calciatore, ma tanto grande è l’affetto dei tifosi romanisti da vedere Er Pupone alla stregua di un moderno Peter Pan. Alla frase shock: “Totti si è ritirato dal calcio giocato”. C’è un tifoso della Roma che, da qualche parte del mondo, spera de’ morì prima.

Francesco Totti – grazie all’immenso talento nel gioco del calcio – è capace di portarmi fino alla seconda stella a destra e poi dritto al mattino che si veste – da una vita – dei colori giallo e rossi del sole. Per manifesta superiorità tecnica, Francesco Totti è uno dei calciatori italiani più forti di tutti i tempi. Nella mia playlist ci sono Rivera, Riva, Baggio, Mazzola e, appunto, Totti. Dotato di grande tecnica individuale e di un fisico bestiale che gli consente di fare fuoco e fiamme con la maglia della “Magica”. Nonostante non abbia vinto tanto in carriera, Totti è di un’altra categoria calcistica rispetto alla media dei calciatori contemporanei e di quelli della sua era calcistica. Un fenomeno mondiale al pari di campioni del calibro assoluto di Zidane, Ronaldo, Ronaldinho, Shevchenko, Figo e Batistuta. Oggi sarebbe sullo stesso livello di Haaland e Kylian Mbappé.

Gli è mancato soltanto il Pallone d’Oro…

Gli è mancato soltanto il Pallone d’Oro a certificare la grande bellezza di questo magnifico esemplare di calciatore. Entrato di diritto nel club esclusivo degli Eroi del Calcio per la scelta di indossare una sola maglia in carriera. Ovviamente, quella “magica” della Roma. Francesco ha deciso di sedersi al sole, abdicare ed essere il re di sé stesso. Penalizzato dalla lesione parziale del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Il cucchiaio come marchio di fabbrica e filosofia di vita. Dopo l’addio di Zidane al Real Madrid, Arrigo Sacchi – ex Direttore Sportivo del club spagnolo – gli propone un contratto milionario nel club più titolato del mondo. Solo il nome, Real Madrid, mette paura a qualsiasi calciatore.  Proposta rigettata, prontamente, al mittente con una cartolina di saluti raffigurante il Colosseo e i più belli monumenti della città eterna;

Con il senno di poi – la qualità principale dei perdenti – una domanda appare lecita e scontata: cosa avrebbe vinto Francesco Totti con la maglia del Real Madrid? Nello sport non è dato saperlo con precisione certosina, ma certamente di più dell’attuale palmares; poco importa perché un grande campione resta tale, indipendentemente dai titoli messi in bacheca. L’addio di Francesco Totti al calcio giocato ha chiuso un’era calcistica.

Con la Roma ha vinto 2 Supercoppe italiane, 2 Coppe Italia e un campionato italiano nella stagione 2000-2001. Ho il calcio in vena. La vogliamo ricordare la formazione titolare della Roma scudettata?

Allenatore: Fabio Capello.

Formazione titolare: Antonioli, Samuel, Zago, Zebina, Cafu, Candela, Zanetti (Emerson), Tommasi (Nakata), Totti, Del Vecchio e Batistuta (Montella).

Con la Nazionale di Marcello Lippi ha vinto un mondiale in Germania 2006.

Capitan futuro

Daniele De Rossi soprannominato “Capitan Futuro” in quanto eterno e incompiuto capitano della squadra giallorossa. Nato a Roma, il 1983. Calciatore di fama mondiale per oltre un decennio, alla Roma ha giocato dal 2001 al 2019. Centrocampista di grande personalità – mediano o regista – buona tecnica di base, nel suo ruolo finalizzatore sopra la media, appena al di sotto del livello tecnico e tattico di due mostri sacri come Steven George Gerrard e Frank Lampard. Daniele De Rossi è un feroce animale carnivoro – ghiotto di polpacci avversari – sulla mediana di un prato verde di forma rettangolare. De Rossi è la manifestazione vivente della romanità. Egli appartiene alla storia.

De Rossi merita lo stesso rispetto dei campioni inglesi sopracitati, perché stiamo parlando, sempre, di un Campione del Mondo con la Nazionale di Marcello Lippi. Con 21 goal si posiziona tra i primi centrocampisti italiani più prolifici della Nazionale Italiana di tutti i tempi. Nella lunga militanza in giallorosso, De Rossi è più un capitano morale che formale. Il classico uomo spogliatoio. L’unica colpa di Daniele è quella di aver vissuto sotto l’ombra di colui – Francesco Totti – che i tifosi hanno eletto, per anni, come l’unico ed effettivo leader indiscusso della squadra capitolina: “Un Capitano. Un Capitano. Francesco Totti, un capitano”.

Daniele terminerà la sua onorata carriera lontano da Roma e lontano dal cuore per non saper né leggere né scrivere. Forse, in futuro, la sua figura calcistica sarà rivalutata, come merita, un po’ come è accaduto per l’aria iniziale dell’opera Serse di Georg Friedrich Hӓndel, intitolata “Ombra mai fu”.

Nella città del Colosseo, ha vinto 2 Coppa Italia (2006-2007, 2007-2008) e una Supercoppa Italiana (2007). Anch’egli – come Francesco Totti – ha trionfato nella Nazionale di Lippi, mettendo in bacheca il Mondiale di Germania 2006

Spizzi

Alessandro Florenzi detto Spizzi, forse, perché “spazza” via alla stessa velocità di Speedy Gonzales dal club di appartenenza dopo, appena, una stagione.

“Spizzi, se ha marchado para no volver el tren de la mañana llega ya sin él es solo un corazón con alma de metal en esa niebla gris que envuelve la ciudad”.

Nato a Roma nel 1991, Florenzi non ha lasciato il segno con la maglia della “Magica”. Eccezion fatta per una voce di bilancio, quella degli ingaggi. È il classico costo fisso sulla punta della lingua di un imprenditore, quando c’è da lamentarsi del costo esoso del personale. Alessandro non è mai entrato nel cuore dei tifosi giallorossi. Un amore mai sbocciato tra la tifoseria più appassionata d’Italia e il cocco di nonna più affettuoso d’Italia. Troppo quadrato e limitato tecnicamente, il modestissimo terzino sinistro.

Non basta per essere il capitano della Roma

Un buon carattere – uomo spogliatoio per il Milan – ma lo hanno anche alcuni cavalli; questo non basta per essere il capitano della Roma. Spizzi nasce come esterno d’attacco per poi cambiare ruolo. Un potenziale Gianluca Zambrotta, ma la sua carriera non è paragonabile a quella dell’ex esterno di Juventus e Barcellona. Molto probabilmente, Florenzi passerà alla storia come un calciatore incompiuto e in cerca di un ruolo; alla ricerca perduta di un club nel quale essere apprezzato come uomo e atleta. Una carriera sprecata a capire in quale ruolo giocare: Terzino, centrocampista, esterno o ala? Questo è il dilemma di Florenzi.

Meglio sedersi in panchina – ricoperto di soldi – perché la vita non può essere vissuta sempre da titolare. Oggi è ben voluto soltanto dai broker finanziari e i direttori di banca grazie a un conto in banca milionario. Spizzi se n’è andato via dalla Roma e non ritornerà mai più a vestire i colori della sua città natale. È “spizzato” via per sempre. Pace alla maglietta giallorossa sua. Dal 2010 a Gennaio 2020 con la Roma non ha vinto nulla.

Montellino

Lorenzo Pellegrini detto Montellino perché nelle giovanili della Roma, ad ogni marcatura siglata, esulta come l’ex attaccante giallorosso e della Nazionale Italiana. Classe 1996, anche lui nato all’ombra del Colosseo.

Da adolescente ha avuto seri problemi di salute, ha sofferto di un’aritmia cardiaca che poteva compromettere il suo futuro calcistico. Per fortuna della Roma e del calcio italiano, così non è stato.

Lorenzo Pellegrini in carriera – Sassuolo e Roma – ha dimostrato di poter giocare in diversi ruoli del centrocampo (mediano, mezzala o trequartista). È un talento cristallino, fortissimo sulle punizioni, abile sia nella fase difensiva che in quella di attacco. Lorenzo Pellegrini ha ottimi tempi di inserimento, eccelle dal tiro dalla distanza, ma è un talento incompiuto con potenzialità inespresse. Lorenzo Pellegrini ricorda la vibrazione di una corda di chitarra che spesso va accordata durante i novanti minuti di gioco.

Un capitano atipico …

Rispetto agli illustri predecessori – Diba, Conti, Totti e De Rossi – egli è un capitano atipico. È un capitano silenzioso, informale, poco appariscente che sembrerebbe non rappresentare i tratti somatici, caratteriali e culturali del popolo romano. Per certi versi Lorenzo Pellegrini mi ricorda un dipinto di Jan Vermeer che chiameremo all’occorrenza: Lorenzo, la vibrazione di una corda di chitarra scordata.

Agostino, Bruno, Giuseppe, Francesco, Alessandro e Lorenzo sei uomini eccezionali, in epoche calcistiche diverse, uniti dallo stesso destino: quello da capitano della squadra più “magica” del campionato italiano. Di Bartolomei, Conti, Giannini, Totti, Florenzi e Pellegrini la storia di sei grandi capitani romani che hanno fatto parte della mia vita; dall’età dell’incoscienza a quella dell’imperfezione, in cui si sorrideva senza una ragione, fino all’età del perdono dove la vita stessa, talvolta, si presenta come la vibrazione di una chitarra scordata,

Lorenzo Pellegrini, oggi, è il mio Capitano e ce ne saranno tanti altri in futuro, statene certi. Roma è eterna.

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