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Sven-Göran Eriksson: “Maradona era inarrestabile, Baggio aveva una tecnica incredibile”

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Un allenatore tra i più rappresentativi degli ultimi decenni, condottiero di squadre incredibilmente competitive come la Roma del dopo Liedholm, il Benfica che arrivò in finale di Coppa Campioni nel 1990 e la Lazio invincibile presieduta da Cragnotti.

Una carriera ricca di soddisfazioni, di vittorie e di aneddoti, gli stessi aneddoti raccontati in una intervista esclusiva concessa al The Guardian. Tanti i racconti poco conosciuti, a partire dagli anni ’80: il primo incrocio avvenuto con i giallorossi in Coppa Uefa ed il successivo incarico nel dopo finale dell’Olimpico del 1983:

[…] “Siamo andati a spiarli come preparazione” […] “È stato difficile motivare i giocatori dopo quella finale. Molti di loro avevano vinto tutto con il club e c’è stata una perdita di fame. Nei primi sei mesi mi sono chiesto se avessi fatto la scelta giusta. […] Quella stagione (Falcao) ha giocato solo sette o otto partite. Aveva un problema al ginocchio e il resto della squadra lo considerava il leader. Mi hanno detto: ‘Mister, non possiamo giocare senza Falcao’. E quando ha giocato si vedeva la differenza”.

Poi le parole riguardanti gli incroci con il dio Maradona, un giocatore unico e inarrivabile:

“Potevi marcare a zona ma, se gli davi spazio, ti distruggeva. Potevi marcarlo a uomo e ti distruggeva comunque. Se gli mettevi uno, due, tre uomini in marcatura per lui faceva lo stesso. Il risultato era sempre lo stesso. […] Era inarrestabile”.

I racconti dello svedese si spostano poi sulla Fiorentina e su Baggio, altro fenomeno incrociato e allenato nei tanti anni di carriera:

“Baggio aveva tutto: tecnica incredibile, visione, ritmo. Ricordo una delle nostre prime partite in trasferta contro il Milan di Sacchi. Abbiamo superato la linea di metà campo solo due volte e abbiamo segnato due volte. Baggio ne fece uno e segnò l’altro. E non era solo una difesa. Erano Baresi, Maldini, Costacurta e Tassotti”.

Uno dei presidenti più iconici d’Italia, Mantovani, lo scelse personalmente per il dopo Boskov, in quello squadrone chiamato Sampdoria che andava ricostruito e che cercava di risollevarsi dalla batosta di Wembley, quasi come successe alla Roma di un decennio prima. In quella squadra c’era soprattutto il capitano Mancini, giocatore definito “un talento che poteva fare tutto”, sfortunato per essersi trovato a giocare nella stessa epoca di Baggio e per aver costretto Sacchi, ed il suo calcio collettivo, ad una scelta strana per Usa ’94. Anche Pietro Vierchowod è stato uno dei calciatori più iconici mai allenati dallo scandinavo, talmente forte fisicamente da avere muscoli fino alle sopracciglia”.

Infine, come ultima esperienza italiana, quella alla grande Lazio a cavallo tra i due millenni, compagine piena di talento che, però, fece a meno del suo capitano Signori proprio con l’arrivo di Eriksson:

“Un ottimo attaccante ma aveva un atteggiamento negativo”.

 

Ecco il link per legger l’intervista integrale.

 

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