Storie di Calcio

22 luglio 1923 – Lo Scudetto del Genoa del 1923 e… lo Zio Attilio

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Prati) – Per me, appartenente dal lato paterno ad una famiglia genoana da quattro generazioni è paradossale, e anche amaramente ironico, pensare che in questi giorni, in cui il Grifo lotta per la salvezza, ricorre l’anniversario della conquista dell’ottavo scudetto da parte della mia squadra del cuore. Conquista avvenuta nel luglio del ’23. In realtà credo che lo scudetto vero e proprio, come simbolo indicante il vincitore del campionato, fu concepito solo a partire dal ’24. Ma, penso sia lecito parlare in senso lato di vittoria dello scudetto.

Comunque, per tornare alla vittoria del campionato, in quell’anno, da parte del Genoa, possiamo dire che, vincendo la partita di ritorno della finalissima contro la Lazio, il 22 luglio del 23′, il Genoa si laureava campione d’Italia per l’ottava volta nella sua storia.

Le foto sono tratte da: Fonte: Camillo Arcuri e Edilio Pesce, “Genoa and Genova. 1893-1993. Una Squadra, una Città, Cento Anni Insieme”, Ggallery, Genova, 1992. “Il quadro in technicolor (acquarellato a mano) che dagli anni Venti ha campeggiato nel bar sotto la Tribuna di Marassi. Immortala i protagonisti del primato stabilito nel 22-23: ottavo titolo senza sconfitte.

Io, prima ancora che dalle pagine dei libri sulla storia del calcio, di quegli eventi sportivi sono venuto a conoscenza grazie ai racconti di mio zio Attilio (che in realtà era un prozio, perché era lo zio di mio padre). Zio Attilio era un portuale genoano, allora poco più che ventenne, che aveva vissuto in prima persona quelle vicende e che, per primo, ha trasmesso l’amore per il Vecchio Grifo al resto della famiglia, partendo dal suo amato nipote, cioè da mio padre.

Mio zio Attilio era un marcantonio dall’aria severa, ma ogni volta che apriva bocca, con le sue divertenti battute, mi faceva accasciare dalle risate. Quando era in famiglia, chiedeva a tutti come buttava e poi, senza dar tempo di proferire risposta, incominciava ad esaltare le gesta del suo Vecchio Grifo. Per lui, che storpiava ogni parola in inglese, non esistevano i falli laterali ma gli aut (cioè gli out), i rigori si chiamavano pennarchì o pennarti (al posto di penalty), gli ‘ensi’ (riferendosi a ‘hands’) erano i falli di mano e non risparmiava neanche il termine usato per il fuorigioco, chiamandolo ofssai (off-side), infine c’era uno strana espressione, ‘tirare il meali’ che stava a indicare il rinvio dal fondo, effettuato dal difensore. Ma, di quest’ultimo termine, mio zio non era in grado di dare l’omologo inglese, anche perché l’origine inglese di questo termine, che è usato soltanto a Genova, a differenza degli altri citati non è per niente sicura.

Questa sua passione per il football non deve comunque stupire: il calcio, introdotto nella nostra città dagli inglesi, era ormai diventato uno sport nazionale e l’attaccamento di mio zio Attilio per la squadra della nostra città, era ormai cosa del tutto normale, tanto più che il club di Genova a quei tempi era il più titolato di tutto il paese.

Devo dire però che lo zio, nel ricostruire la vittoria del ’23, amava partire dall’anno prima, anche se si trattava di una stagione in cui perdemmo il titolo contro la Pro Vercelli, e amava anche raccontarmi del nono scudetto del ’24 e della perdita del titolo numero dieci, nel ’25 contro il Bologna. Per lui, quegli eventi (vissuti tra i 20 e i 25 anni di età) erano in qualche modo inseparabili, a prescindere da vittorie e sconfitte. Per questo, come dicevo, rievocando quel ciclo mio zio partiva sempre dal ’22.

Ai suoi tempi il calcio era uno sport già molto seguito, non solo da quelli come lui, lavoratori del porto di Genova, ma anche dai lavoratori di Genova in generale, e la stessa stampa operaia dava ampio spazio alle gesta dei rossoblù.

Non è un caso che, proprio nel 1922, come ricostruito da Paul Dietschy nella sua “Storia del Calcio”, “L’Ordine Nuovo”, giornale comunista fondato da Antonio Gramsci, era uscito con un articolo dal titolo “Genova è in Lutto”. In realtà, in città, non era morto nessuno. Il lutto era invece dovuto proprio alla sconfitta del Genoa contro la Pro Vercelli di cui parlavo. Sconfitta che, come dicevo, era costata a noi genovesi la conquista dell’ottavo titolo di Campioni d’Italia. E, a detta del giornalista, l’evento sportivo aveva gettato nella costernazione l’intera città. Ventimila persone avevano seguito l’incontro e, uscendo dal campo del Genoa, in zona Marassi, avevano fatto iniziare a circolare la voce dello spiacevole evento. In ogni chiosco, in ogni edicola, in qualsiasi bar, sulle banchine, negli uffici, negli empori, nelle calate, nella Stazione Orientale, e in quella di Genova-Principe, non si parlava che dell’esito della partita. Ovunque si diffondeva la triste e temuta novella.

Tra l’altro lo storico francese del calcio ricorda anche come, in quei giorni, in città, a Palazzo San Giorgio, ed in altri sontuosi palazzi, si stesse tenendo la Conferenza di Genova, un importante consesso internazionale, che vedeva la partecipazione di più di trenta paesi. Quello era il risultato del lungo lavoro del Primo Ministro britannico David Lloyd George che, tempo prima, aveva lanciato l’idea di un incontro tra le potenze mondiali, con lo scopo di ridisegnare gli assetti politici ed economici dell’Europa post-bellica. Ma non c’erano solo i vincitori della Prima Guerra Mondiale: anche la Germania di Weimar e la Russia sovietica facevano parte degli invitati d’onore. Insomma, in quei giorni, a Genova, si stavano decidendo i destini del mondo, ma di fronte alla sconfitta del Genoa, tutto passava in secondo piano.

Le foto sono tratte da: Fonte: Camillo Arcuri e Edilio Pesce, “Genoa and Genova. 1893-1993. Una Squadra, una Città, Cento Anni Insieme”, Ggallery, Genova, 1992. Treno speciale dei tifosi del Genoa per Padova, in occasione della partita giocata domenica 1 luglio 1923.

 

E così, mio zio, pur se con meno competenza degli storici del calcio di quel periodo, rievocando la stagione del ’22 non faceva che imprecare contro la Pro Vercelli, dicendo che ci saremmo rifatti l’anno seguente contro quei “malefici mangiatori di riso” (riporto i termini con cui si esprimeva senza necessariamente volerli condividere; come si suol dire: “ambasciator non porta pena”).

Previsione che, tra l’altro, si sarebbe rivelata completamente azzeccata, perché l’anno dopo il Genoa avrebbe vinto appunto il suo ottavo scudetto, terminando il campionato imbattuto.

Il Genoa, infatti, insieme a Padova e Pro Vercelli uscì vincente da uno dei tre gironi del nord, giocati tra l’ottobre del ’22 e i primi di maggio del ’23.

Poi, tra la prima decade di maggio e i primi di luglio, il Genoa uscì vincente anche dalle finali contro Padova e Pro Vercelli, con il risultato di tre vittorie e un pareggio.

Quella fu dunque una stagione trionfale, con treni speciali dei tifosi genoani, in occasione di partite in trasferta, proprio come quella di Padova, giocata il primo luglio del ’23: partenza domenica, alle sei del mattino, rientro alle tre della notte seguente. E spesso ai tifosi giunti da Genova in treno, si aggiungevano anche i marinai genovesi che erano di stanza nelle varie città di mare, dove al Genoa capitava di giocare in trasferta.

La finalissima, in due partite di andata e ritorno, fu contro la Lazio, uscita vincente dai gironi del centro-sud. All’andata, a Marassi, il Genoa vinse 4 a 1, con gol di Catto, Mariani, Barbieri e Santamaria (questi ultimi due su rigore). Per la Lazio, la marcatura fu di Filippi. Il ritorno fu giocato a Roma, nello stadio della Rondinella, il 22 luglio del 1923. La partita finì 2 a 0 a favore del Genoa con reti di Santamaria e di Catto.

Quella trionfale stagione terminò, tra l’altro, con una leggendaria tournée in Sudamerica, iniziata a sei giorni dalla vittoria del Genoa a Roma contro la Lazio.

Lo stadio della Rondinella, terreno di gioco della Lazio dove , il 22 luglio 1923, si giocò la partita di ritorno della finalissima di campionato. Fonte: Wikipedia.

Tournée durante la quale i rossoblù si sarebbero cimentati contro le temibili nazionali di Argentina e Uruguay, accolti entusiasticamente dalle folte comunità di immigrati italiani in quei due paesi. Una comunità, per esempio, come quella argentina, composta da migliaia di liguri stanziati alla Boca, il popolare ‘barrio’ della zona fluviale di Buenos Aires.

E fu così che, nell’anno successivo alla sconfitta coi vercellesi, il Genoa tornato a essere campione d’Italia, in un giorno d’estate, avrebbe fatto ingresso nella capitale argentina, tra due ali folla, accolto dal calore della sua gente, emigrata da anni in quella città.

Come è noto, il Genoa avrebbe vinto ancora il titolo nel ’24 e perso, alla fine di cinque spareggi contro il Bologna, quello del ’25. Ma queste sono pagine della storia seguente.

Oggi, 22 luglio 2020, pur in un clima di apprensione per la sorte presente del Grifo, per i Genoani è giusto ricordare la vittoria, da imbattuti per tutto il campionato, del mitico titolo numero otto.

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