Storie di Calcio

Un coro di lunga durata: “Vegnivan a quattro a quattro…”

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Prati) – Quando dico coro di lunga durata non intendo un coro che dura tanto ma, prendendo a prestito un termine della storiografia di Fernand Braudel, un coro che ha una storia di lunga durata. E quello di cui voglio parlare è un coro da stadio la cui storia si snoda per circa tre secoli, dalla seconda metà del Settecento ai giorni nostri.

Di solito i tifosi ricavano i cori da stadio riadattando i grandi successi discografici del momento. Nel 1972, quando ero un bambino di 9 anni, la Nord utilizzava una canzone dei Delirium, sostituendo  la  parola  “ Genoa ”  a “Jesahel ”. Ne avevamo ben diritto, visto che quella canzone era stata composta dal genovese e genoano Oscar Prudente, che proprio quell’anno aveva portato i Delirium al Festival di Sanremo con il pullman del Genoa.  L’anno dopo, in un altro coro rossoblù, la Fossa dei Grifoni, riadattava il testo di Jesus Christ Superstar , cambiandolo in “ Genoa, superstar, devi restare in serie A ”. Il che dimostra appunto quanto stavo dicendo, sul rapporto tra cori da stadio e successi musicali del tempo ma, purtroppo, dimostra anche che sono ormai passati davvero tanti anni da quando ero bambino.

Ma c’è un altro coro genoano con testo in genovese, “ Vegnivan a quattro a quattro ”, cantato anch’esso negli anni Settanta, e pure in anni precedenti, che ha sicuramente almeno un secolo di vita e, forse, potrebbe avere addirittura origini risalenti ai tempi di Balilla.

La vicenda storica di Balilla è conosciuta. Si tratta di un evento sfruttato prima dalla retorica risorgimentale e poi da quella fascista. Lunedì 5 dicembre 1746, a Genova, un carro trainato da buoi, che portava un mortaio dell’esercito d’occupazione, s’impantanò, in un greto di un rio del quartiere di Portoria, nel centro della città. I soldati obbligarono i passanti, in modo brutale e aggressivo, a rimettere il mezzo in carreggiata. Fu allora che un ragazzino genovese, Giovanni Battista Perasso, detto appunto Balilla, diede inizio alla rivolta incominciando una sassaiola al grido di “Che l’inse”, (che cominci!), nel senso di: “che la rivolta abbia inizio”.

La vicenda, come dicevo, è conosciuta. Ma, forse, è meno nota l’ampiezza sociale della rivolta che vide la partecipazione di tutti gli strati popolari. Nei quadri di un pittore che partecipò alla sommossa, Giuseppe Comotto, e che riprodusse su tela gli avvenimenti, non solo si vedono donne in procinto d’usare armi da fuoco ma si vede addirittura un religioso, un prete o forse un frate, che impugna un fucile per sparare contro il nemico.

Dicembre 1746. Dipinto originale di Giuseppe Comotto raffigurante la rivolta popolare contro gli austriaci nella zona di San Tommaso. In basso a destra si possono notare un frate e una donna che sparano contro gli austriaci.

E, a dimostrazione del fatto che la rivolta dilagò in tutta Genova, non restando circoscritta ad un solo quartiere del centro, c’è proprio quel quadro in cui è ben visibile la Porta di San Tommaso, ubicata sul lato opposto della città, verso ponente ; un varco che era approssimativamente situato in un tratto intermedio tra la Commenda di Pré e l’attuale Stazione Marittima. Da lì, nei giorni successivi, la lotta contro gli austriaci si estese e coinvolse anche buona parte delle periferie : la Valbisagno e, soprattutto, la Valpolcevera, che era il passaggio obbligato per le truppe di occupazione in ritirata.

Comunque quella battaglia e quella vittoria furono forse celebrate anche con una canzone “ Emmo vinto unâ battaggia ” (abbiamo vinto una battaglia) che, a mia conoscenza, non è arrivata ai giorni nostri nella sua forma originale. Questo a causa delle sue costanti trasformazioni e dei suoi frequenti riadattamenti dovuti alle vicende storiche successive : guerre risorgimentali, guerre mondiali, rivolte operaie del dopoguerra, e altro ancora.

Non c’è niente di strano in tutto questo. Anzi, si tratta di cosa piuttosto normale nella storia della canzone popolare italiana. Per anni, per esempio, si è pensato che la canzone partigiana “ Bella Ciao ” derivasse da una precedente canzone delle mondine. Alla fine gli specialisti in materia hanno escluso questa possibilità. Ma hanno comunque scoperto che il canto partigiano derivava da precedenti canzoni come “ Il Fiore della Tomba ” e “ Il Fiore della Teresina ”. I riadattamenti e le rivisitazioni di testi e canzoni sono dunque fenomeni piuttosto frequenti nella tradizione della musica popolare italiana.

Questa canzone di lotta genovese ci è giunta, credo, nella sua forma più antica come canto militare degli alpini genovesi della Prima Guerra Mondiale. Trattandosi di una canzone che parla della lotta di un esercito contro un altro esercito, nel suo testo le schiere di nemici sono più numerose. Non solo “ a quattro a quattro ”, come nel canto da stadio, ma anche a otto a otto, a dodici a dodici ed a sedici a sedici. Riporto qui di seguito poche strofe, giusto a mo’ di esempio, scusandomi in anticipo per eventuali errori. Ho una buona capacità di comprensione del genovese. Mi sfuggono solo alcuni termini più arcaici. Ma purtroppo non sono abituato a parlarlo e ancor meno a scriverlo.

“ Emmo vinto unâ battaggia, l’emmo vinta in scia giaea, i nemixi co-a bandea, l’emmo missi a prionnae…   ….sciortì a êutto a êutto, sciortì a duzze a duzze che ôa sei da unze, ciappae di scoppassoin”. Abbiamo vinto la battaglia, l’abbiamo vinta sulla riva del fiume, i nemici con la bandiera li abbiamo presi a pietrate. Uscite a otto a otto, uscite a dodici a dodici che adesso vi ungiamo come si deve, prendete dei ceffoni.

Tra l’altro, ho citato questi versi in particolare perché rinforzano l’idea che il testo originale possa essere stato in qualche modo riconducibile alla vicenda di Balilla, come giustamente segnalato, da un membro del coro alpino, in una presentazione di questa canzone al Teatro Gilberto Govi di Genova-Bolzaneto qualche anno fa. Difficile pensare che si ci limiti a tirare della pietre, o a dare delle sberle, quando si dispone di fucili, come l’Esercito Italiano nella Prima Guerra Mondiale. Insomma, queste strofe non rendono completamente l’idea di un contesto bellico. Mentre un nemico straniero che ha quindi una sua bandiera, la rissa, la conseguente sassaiola ed il greto di un rio sono esattamente lo scenario iniziale della rivolta di Balilla del 1746.

Nella versione dei portuali del giugno Sessanta, quella che celebra la lotta contro il Governo Tambroni, le schiere di nemici arrivano ad un massimo di otto. Fatto comprensibile perché non si parla di un vero e proprio esercito, come nel caso della Prima Guerra Mondiale, ma dei reparti della Celere o al limite di Carabinieri, che sono comunque armati di mitra, di manganello, cioè “ o bacco”, e di fucile, “o ssciêuppo”.

Come abbiamo appena visto, è interessante notare che nella versione degli alpini, pur essendoci una serie di riferimenti per così dire “scenografici” che richiamano la vicenda di Portoria, non si fa esplicitamente cenno a Balilla, mentre nella versione operaia della canzone il ragazzino ribelle viene chiaramente e ripetutamente citato. Viene quasi da pensare che, col mutare degli eventi, cambia il testo e cambia il copione, ma qualcosa rievoca sempre il personaggio o il luogo che sono all’origine di questa canzone.

“L’emmo vinta a battaggia, l’emmo vinta a De Ferrari, i fascisti co-i compari l’emmo missi a prionnae. Vegnivan a quattro a quattro co-o mitra e co-o bacco, vegnivan a êutto a êutto co-o mitra e co-o ssciêuppo. Ma poi l’arria o Balilla e l’è sätou a scintilla … …Valanghe de prionnae che l’emmo assotterae ”. Abbiamo vinto la battaglia, l’abbiamo vinta a De Ferrari, i fascisti con i compari li abbiamo presi a pietrate. Venivano a quattro a quattro, con il mitra e col bastone, venivano a otto a otto, con il mitra e col fucile. Ma poi è arrivato Balilla ed è scattata la scintilla … …Valanghe di pietrate, che li abbiamo sotterrati.

Nell’era di internet e dei network sociali, queste due versioni, quella degli alpini e quella dei portuali, sono facilmente reperibili, come del resto la versione da stadio[1].

Nella versione da stadio, però, trattandosi non di un esercito o di un reparto nemico, ma di una squadra rivale, le schiere di avversari si sono ridotte di numero : non più sedici o dodici come nella canzone degli alpini, e neppure otto come nella canzone dei portuali ma, appunto, quattro. Tanto più che la canzone non è nata nel periodo attuale del calcio totale di movimento, in cui a volte si ci difende in undici e si attacca in undici (in qualche caso estremo, attacca anche il portiere). Si tratta invece di una canzone che risale ad un periodo più tradizionale del calcio, con un attacco composto da due ali, un centravanti ed eventualmente una mezza punta, sostenuta alle spalle da un paio di centrocampisti e di mediani. Per cui le linee nemiche al massimo avanzano a quattro a quattro.

“ Vegnivan a quattro a quattro, vegnivan a l’attacco. Vegnivan comme matti che squaddra de ravatti. Ma o l’è arrivou o Griffon co-e balle in scio cannon. Con quattro cannonae te l’ha disintegrae. O serie A, o serie B, o Griffon l’è sempre chi. A l’è a squaddra do mae chêu, viva Zena Rossa e Bleu”.

Venivano a quattro a quattro, venivano all’attacco. Venivano come dei matti che squadra di scartine. Ma è arrivato il Grifone con le palle nel cannone e con quattro cannonate te li ha disintegrati. O serie A o serie B, il Grifone è sempre qui. È la squadra del mio cuore. Viva Genova Rossa e Blu.

Ed è emozionante pensare che quasi sicuramente la maggior parte dei genoani, ovviamente, non conosce tutti le implicazioni ed i risvolti storici di questo coro. Ma tutti sentono e sanno che quando si canta quella canzone allo stadio, si canta qualcosa dal sapore antico; un canto passato di generazione in generazione, e che continuerà ad essere tramandato ai genoani che verranno, fino a quando Genova ed il Genoa esisteranno.

 

[1] Su youtube dovrebbero essere facilmente reperibili tutti i video citati in queste pagine. La versione degli alpini si trova sotto il titolo : “ Emmu vintu ‘na battaggia (Teatro Govi Bolzaneto Ge) ”. La versione risalente alla lotta contro il governo Tambroni si trova nel video dal titolo “ 30 giugno ” ; in questo caso la canzone è preceduta da un’introduzione in genovese, della durata di due minuti circa, in cui si ricostruiscono gli avvenimenti di quelle giornate. Della versione da stadio, si possono facilmente trovare numerosi filmati, basta scrivere : “ venivan 4 a 4 ”.

 

N.B: l’articolo è un capitolo del libro “I RACCONTI DEL GRIFO – Quando parlare del Genoa è come parlare di Genova” di Massimo Prati. Ringraziamo l’autore che ci ha dato la possibilità di pubblicare alcuni capitoli del libro e questo è il quarto appuntamento. Per acquistare il libro, potete rivolgervi all’Associazione Un Cuore Grande Cosi – Onlus (www.uncuoregrandecosi.it – mail: info@uncuoregrandecosi.it)

Qui puoi trovare il primo articolo tratto dal libro “I racconti del Grifo” di Massimo Prati , qui il secondo e qui il terzo.

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