Storie di Calcio

Manè Garrincha … l’alegria do povo

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Mario Cantoresi) –

“Un mestiere scelto a caso,
giramondo per passione,
tanti sogni nelle tasche,
l’orizzonte da inseguire…
ci vuole la passione
e anche un grande cuore…”

Se è vero che esiste una canzone per ognuno di noi, quella che meglio meglio si adatta al grande Manè Garrincha è sicuramente quella sopra citata.

È inutile che stia qui a dirvi chi sia stato Garrincha, basta digitare il suo nome su Google per trovare migliaia e migliaia di pagine a lui dedicate.
Io voglio solo raccontarvi una delle ultime pagine della sua autodistruttiva parabola umana, forse quella che meglio inquadra il personaggio.

Nella prima metà degli anni Settanta, durante il periodo più duro della dittatura Brasiliana, tantissimi cantanti originari del grande Paese Sudamericano vennero in Italia.
Venne Caetano Veloso, venne Chico Buarque, tifosissimo del Fluminense, che appena arrivato, scrisse per la nostra Mina il famosissimo brano chiamato “La Banda”.
E venne anche Elsa Soares, una vera star in Brasile, un po’ per merito suo molto perché il suo compagno era Mané Garrincha.

Ma Garrincha era praticamente un uomo finito quando accompagnò la sua donna in Italia.
Gli sopravviveva solo la sua immensa fama, per questo motivo venne scritturato come testimonial di una celebre marca di caffé.
Giocò addirittura delle partite a Torvaianica, (sic transit gloria mundi), epilogo triste di una parabola sportiva che lo vide passare da Pelè ad una formazione di dopolavoristi del litorale romano.

Quando Manè andava sul set per girare gli spot pubblicitari era svagato, completamente assente.
Alla fine di ogni ripresa, forse per farlo socializzare, i componenti della troupe gli chiedevano sempre: “Signor Garrincha, ma è davvero così buono il caffé Brasiliano?”.
E lui, incredibilmente rispondeva:
“Il caffé? Ma non saprei proprio… io in vita mia non è mai bevuto uno… la cachaça invece…”

A questo punto, ogni volta, Elsa Soares, bella e pietosa, lo andava a riprendere e gli diceva: “Mané, Mané… dai andiamo via, è tardi.”

« Mané Garrincha visse i suoi ultimi venti anni totalmente avulso dalla società.
Affondò nell’alcolismo, restò incapace di rapportarsi con ognuno dei quattordici figli che lasciò sparsi per il mondo.
Bistrattato dalle compagne, sveniva per le porte delle osterie, dormiva per i marciapiedi, era accolto da omosessuali e sopravviveva solamente grazie ai favori e alla filantropia del potere pubblico.
La sua tomba oggi versa in uno stato di completo abbandono.
Troppo ingiusto per colui che in Brasile era stato soprannominato “L’allegra del popolo”.

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