Un ideale paritario in pittura: i ritratti di calciatrici di Ángel Zárraga - Gli Eroi del Calcio
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Arte & Football di Danilo Comino

Un ideale paritario in pittura: i ritratti di calciatrici di Ángel Zárraga

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Danilo Comino) – Il pittore Ángel Zárraga nacque e morì in Messico (Durango, 16 agosto 1886 – Cuernavaca, 22 settembre 1946), ma visse a Parigi gran parte della sua vita. Nella capitale transalpina dipinse numerosi quadri su calcio e rugby negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale, quando il successo popolare di entrambi gli sport aumentò. Zárraga vanta un paio di primati nel campo dell’arte sul “football”: è stato, infatti, il primo non solo a raffigurare calciatori e rugbisti di colore, ma anche a ritrarre calciatrici. Rimando chi volesse saperne di più su Zárraga a un articolo che pubblicai anni fa nel mio blog; in questa sede, in occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna, mi occupo soltanto dei ritratti di calciatrici del pittore messicano.

La storia del calcio femminile è stata sempre molto tormentata; per averne un’idea, soprattutto per quel che riguarda la situazione italiana, si vedano gli studi di Marco Giani e di Giovanni Di Salvo. Qui mi limito a dire che, in qualsiasi luogo o epoca, le donne che hanno provato a giocare a calcio hanno dovuto – e in alcuni casi devono ancora – affrontare pregiudizi del genere: 1) il calcio richiede uno sforzo fisico eccessivo che può compromettere future maternità; 2) il calcio toglie “grazia” alle donne, le rende meno attraenti per gli uomini; 3) una partita tra donne può anche arrivare ad essere uno spettacolo divertente, ma non sarà mai vero calcio; 4) le calciatrici sono solo esibizioniste in cerca di attenzioni maschili; 5) se, al contrario, non giocano per far colpo su qualche uomo, sono lesbiche. Nell’Europa di qualche decennio fa, la vita di una donna “per bene” consisteva in sposarsi, fare figli ed educarli; giocare a calcio non rientrava in questo progetto di vita deciso dagli altri e poteva addirittura sembrare una minaccia per la sopravvivenza della stessa società. È questo il motivo per cui ebbero vita breve i primi club femminili di calcio che nacquero a fine Ottocento nel Regno Unito, per la precisione a Glasgow nel 1881 e a Londra nel 1895.

Questo rigido controllo sociale sulle donne si allentò durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), quando gran parte degli uomini fu chiamata alle armi. Il loro posto sul lavoro fu occupato dalle donne, che divennero così indispensabili per l’economia del loro paese. Grazie al lavoro, le donne guadagnavano denaro e, con questo, conquistavano anche una certa indipendenza. Fu così che, nel Regno Unito e in Francia, molte ragazze iniziarono a dedicare il loro tempo libero al calcio senza doversi più scontrare con l’ostilità della società come in passato. Anzi, in Gran Bretagna nacquero vari club femminili, spesso legati a fabbriche, che svolgevano un’importante funzione sociale: organizzare partite di calcio per raccogliere fondi per le famiglie delle vittime di guerra. Tali incontri benefici potevano attirare anche un pubblico di 50.000 persone come avvenne, ad esempio, il 26 dicembre 1920 al Goodison Park di Liverpool per la partita tra Dick, Kerr Ladies e St. Helen Ladies. Questa situazione di relativa libertà svanì gradualmente dopo la fine del conflitto: gli uomini riottennero il loro lavoro nelle fabbriche, mentre le donne dovettero tornare alle loro occupazioni tradizionali. La società non aveva ormai più bisogno del calcio femminile, che cadde vittima dei pregiudizi di sempre: se nel Regno Unito fu ufficialmente bandito già nel 1921, in Francia sopravvisse ancora qualche anno.

Nel paese transalpino la sconfitta nella guerra con la Prussia del 1870-71 generò non poche preoccupazioni per una supposta decadenza fisica della popolazione francese. Medici, pedagogisti e giornalisti iniziarono a consigliare l’attività fisica non solo agli uomini, ma anche alle donne nella convinzione che maschi e femmine temprati dalla ginnastica avrebbero generato figli forti e sani, capaci di resistere meglio alle fatiche di un eventuale conflitto bellico. Già prima della Grande Guerra nacquero società ginnastiche femminili che praticavano varie discipline, ma non il calcio che all’epoca era ancora tabù per le donne. Solo durante il conflitto alcune società ginnastiche femminili trovarono le condizioni favorevoli per aprire anche una sezione di calcio, sfruttando anche il crescente successo popolare di questo sport. Molte società ginnastiche si unirono nel 1917 nella Fédération Féminine Sportive de France (FFSF), che nel 1919 organizzò il primo campionato di calcio femminile. L’epoca d’oro di questo sport fu la prima metà degli anni Venti, un periodo di relativa emancipazione femminile. Presto, però, i settori più reazionari della società francese ripresero vigore e cercarono di allontanare le ragazze dal calcio dirigendole verso il basket, sport di squadra considerato più adatto al fisico femminile. L’ostilità versò le calciatrici aumentò con la crisi economica del 1929 e spinse molte società ginnastiche a chiudere la loro sezione di calcio, fino a che, nel 1933, la FFSF smise di organizzare campionati.

I ritratti di calciatrici di Zàrraga sono tre, tutti dipinti tra il 1922 e il 1927. Partiamo da quello più recente, databile al 1926-27, e noto col titolo di La futbolista rubia, ossia La calciatrice bionda. Non conosciamo il nome di questa ragazza che sfoggia un taglio di capelli che sfidava le convenzioni sociali del suo tempo: uno dei principali segni di emancipazione femminile nella Parigi degli anni Venti era, infatti, proprio la chioma corta. Non meno audace, per la società dell’epoca, era l’abbigliamento da calciatrice (calzoncini marroni, calzettoni e maglietta gialli con le iniziali della società ginnastica parigina Académia): con il suo sguardo sicuro, ma dolce, e tenendo elegantemente un pallone in mano, la ragazza dichiara inequivocabilmente che la sua grande passione è il calcio. Simile nell’impostazione è il successivo ritratto che esaminiamo, che fu dipinto poco tempo prima: è conosciuto col titolo di La futbolista morena (La calciatrice bruna). Anche in questo caso Zárraga rappresenta una sportiva, di cui ignoriamo il nome, in piedi e in tenuta calcistica (indossa calzettoni e calzoncini rosso neri e una maglietta rossa con le lettere NF della società ginnastica Nova Femina). La ragazza condivide con la sua collega bionda il coraggioso taglio di capelli, ma presenta un trucco più marcato ed esibisce vistosi orecchini rossi. La calciatrice bruna ci osserva, quasi con aria di sfida, poggiando le mani alla cintura e controllando con sicurezza un pallone da calcio col suo piede destro: è una donna forte, sicura di sé, che fa ciò che le piace e non cerca approvazione.

L’ultimo dipinto della serie è il più antico e più importante dei tre: è esposto al Museo del Arte Moderno di Città del Messico col titolo Las futbolistas e la data 1922. Raffigura ben tre calciatrici che la scritta in basso a sinistra identifica così: “da sinistra a destra Jeanne Zárraga, Henriette Comte, Thérèse Renaut del club Sportives de Paris campione di Francia di football femminile nel 1922”. Per la cronaca, nel 1922 le Sportives de Paris, già vincitrici del campionato parigino, sconfissero 3 a 0 nella finale nazionale le Sportives de Reims. Le tre atlete, con la divisa nera e arancione delle Sportives de Paris, stanno in piedi in prossimità di un pallone da calcio e davanti a una staccionata bianca; sono impegnate in un dialogo che coinvolge anche gli spettatori grazie allo sguardo di quella sulla destra, Thérèse Renaut. Sullo sfondo vediamo altre calciatrici che si allenano di fronte a un piccolo pubblico e, più in là, delle case e la ciminiera di una fabbrica. Colpisce, nelle tre donne, la poderosa muscolatura delle gambe, dettaglio con cui Zárraga smentisce il terzo dei pregiudizi su elencati assicurandoci che le ragazze giocano un calcio “vero”. Per smontare il secondo pregiudizio, quello relativo alla “grazia”, Zárraga esalta i lineamenti delicati delle donne e le loro acconciature curate; inoltre, fa esplicito riferimento all’iconografia tradizionale delle Tre Grazie che, nella mitologia greco-romana, erano dee che donavano agli uomini allegria e gioia di vivere. Con un semplice sguardo Thérèse Renaut, la calciatrice sulla destra con orologio da polso, ci comunica che gioca a calcio perché le piace, non certo per far colpo su qualcuno. Per quel che riguarda, invece, i pregiudizi relativi alla maternità e alla presunta omosessualità delle calciatrici, Zárraga raffigura a sinistra niente meno che sua moglie Jeanne Ivanoff Zárraga, che ritorna in diversi dei suoi quadri.

Ángel Zárraga, Portrait de Madame Zárraga, 1920. Parigi, Centre Pompidou

Ángel Zárraga, Portrait de Madame Zárraga, 1920. Parigi, Centre Pompidou

Non dimentichiamo che tutte le atlete di questi tre quadri erano iscritte a società polisportive e praticavano anche altri sport oltre al calcio. Ciononostante, Zárraga scelse di raffigurarle come calciatrici per realizzare, almeno sul piano dell’arte, ciò che non era ancora possibile nella società del suo tempo, ossia la parità tra il calcio femminile e quello maschile. Raffigurando ragazze forti, atletiche, sicure di sé, dedite a uno sport simbolo di modernità come gli uomini, Zárraga diede un’immagine nuova della donna, quasi rivoluzionaria per la sua epoca.

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Storico dell’arte con la passione per il calcio e lo sport. Ha all’attivo diverse pubblicazioni sulla storia dell’arte. Nel suo blog www.artefootball.com si occupa di opere d’arte dedicate al calcio, al rugby e al football americano. È sempre disponibile per giocare a calcetto o a calcio con gli amici.

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