Storie di Calcio

6 Aprile 1991: Roberto Baggio e la sciarpa della Fiorentina

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)

Quando le doti umane superano quelle tecniche, il campione diventa assoluto

Attesa, pazienza, stupore, amarezza.

Perché, se si cercano di definire le coordinate esatte di un rapporto durato troppo poco, si finisce per comprendere la grandezza del legame tra la città ed il giocatore.

Lo avevano aspettato, lo avevano voluto e poi lo avevano osannato. Figlio adottivo e predestinato, erede al trono di quel regno magico lasciato vuoto dall’immenso Antognoni. Il futuro calcistico di Firenze nei piedi di un riccioluto vicentino, formidabile con la palla e fragile con le ginocchia.

In quel calcio di tre decadi addietro, i sentimenti contavano ancora qualcosa. I lustrini tatuati appartenevano ad un futuro decadente e, al tempo, inimmaginabile. Finché arrivò il giorno dell’addio, un addio forzato, di quelli in cui il denaro spodesta il volere del singolo.

Roberto Baggio doveva lasciare Firenze e la Fiorentina. Ad attenderlo, una “signora” elegante e ben vestita, poco avvezza a ricevere rifiuti, vincente come pochi e dal fascino irresistibile.

Sono passati 30 anni esatti da quel 6 Aprile del 1991. Non si giocava una partita di cartello, non si lottava per qualcosa di importante come un anno prima. In palio c’era l’onore e la prova di un rapporto ancora integro, spezzato via troppo presto dalle rigide leggi di mercato.

E’ il minuto 19′ della ripresa quando Maifredi decide di mettere via la fantasia del suo numero 10. Sulla strada per la panchina, improvvisamente, dalla tribuna arriva una sciarpa colorata di viola. Un fiore solitario, nel deserto dei fischi. Roberto ringrazia silenziosamente, la raccoglie da terra e la conserva tra le mani. Sarà il suo omaggio a quella gente che lo aveva protetto e reso grandissimo.

Quel giorno non tirerà nemmeno il rigore del possibile pareggio. Troppo forte l’emozione, troppo alto il rischio di sbagliare. E poi in porta c’era Mareggini, uno che lo conosceva benissimo.

Roberto lascerà il suo ex stadio dopo aver salutato la sua curva. Se ne andrà da Firenze così come era arrivato … in punta di piedi. Il suo gesto di rispetto sarà più forte di ogni critica insulsa.

       Da La Gazzetta dello Sport del 7 Aprile 1991

 

 

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